Dopo tre anni di governo Meloni tutte le (supposte) ragioni del femminismo padronale sono crollate: non c’è alcun legame positivo fra l’installazione, prima volta nella storia della Repubblica Pontificia, di un governo presieduto da una donna con la lotta per l’emancipazione delle donne delle masse popolari.
Il governo Meloni non solo si è distinto per l’attacco ai diritti e alle condizioni delle donne delle masse popolari – dallo smantellamento della sanità alla demolizione di quanto rimane dello Stato sociale, che non a caso colpiscono duramente le donne – ma si è anche distinto per i tentativi di strumentalizzare la lotta contro la violenza di genere per alimentare il razzismo di Stato e riportare in auge il fulcro della società patriarcale, la “famiglia tradizionale”, tanto attraverso la propaganda che attraverso la formazione nelle scuole e nei posti di lavoro.
La crisi del femminismo padronale – e della sua stampella, il femminismo piccolo borghese – è una plateale manifestazione di debolezza della classe dominante. Da una parte, i modelli di “emancipazione” che propone alle donne delle masse popolari – da Giorgia Meloni in Italia a Ursula Von del Leyen in Europa – sono irricevibili e, dall’altra, deve trovare il modo di evitare che la lotta per l’emancipazione delle donne confluisca nella più generale mobilitazione delle masse popolari, nella lotta di classe, perché la diversione di cui è promotore convince sempre meno.
Fateci caso, ad eccezione di ristretti settori della sinistra borghese, nessuno parla più di “quote rosa”, un orpello dei tempi che furono, dei tempi in cui la classe dominante spacciava per possibile l’emancipazione delle donne delle masse popolari nella società del suprematismo razziale e di genere e, soprattutto, della dittatura della borghesia sulle masse popolari. Questa menzogna ha avuto tempi, spazio e modi per espandersi solo a causa della debolezza del movimento comunista.
Oggi non è ancora la rinascita del movimento comunista a toglierle spazio, ma soprattutto gli effetti della crisi generale, lo sviluppo della Terza guerra mondiale (guerra esterna e guerra interna, quella che la classe dominante conduce contro le masse popolari paese per paese).
In tempi come quelli cui siamo costretti oggi, le quote rosa – frutto del compromesso al ribasso fra il movimento delle donne delle masse popolari e la classe dominante – non hanno più alcuna aderenza con la realtà. Servono le quote rosse, le conquiste che le donne delle masse popolari impongono alla classe dominante come risultato della loro organizzazione e della loro mobilitazione, come risultato della lotta di classe.
Non è un caso che anche l’8 Marzo sia sempre meno caratterizzato dalle questioni poste nei salotti televisivi e nelle colonne dei giornalacci di regime, mentre è sempre più caratterizzato dai tentativi e dalle spinte all’organizzazione nelle aziende pubbliche e private e ambito per organizzare lo sciopero generale per sostenere la lotta per l’emancipazione delle donne.
Dalla lotta per le condizioni di lavoro e per il salario nelle aziende a quella per la difesa e l’ampliamento dei diritti sociali e civili, dalla lotta contro la speculazione dei territori a quella contro le violenze di genere e il patriarcato le donne delle masse popolari sono già protagoniste della lotta di classe.
Questo ruolo, niente affatto “accessorio” o “marginale” è il presupposto su cui si basa il Governo di Blocco Popolare di cui le organizzazioni delle donne delle masse popolari – quote rosse – sono parte essenziale.
Da promotrici delle inascoltate e strumentalizzate rivendicazioni ai governi delle Larghe Intese a forza di governo del paese: è questa la prospettiva che rivoluziona il movimento delle donne, rivoluzionando il paese e la società.
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Il 23 febbraio, a Firenze, si è svolta la prima assemblea nazionale dei giovani del P.Carc a cui hanno partecipato una cinquantina di compagni e compagne in presenza, provenienti da varie zone d’Italia. Altri hanno partecipato tramite collegamento. Riprenderemo in futuro il contenuto politico dell’assemblea, ci limitiamo qui a citare l’intervento della compagna Laura Baiano della Sezione flegrea del P.Carc.
“C’è un filo rosso che lega tutte le battaglie alla doppia oppressione e che fa di queste ambiti vivi della lotta per l’emancipazione della donna. La guerra, ad esempio. Non a caso nella guerra di liberazione del popolo palestinese sono state proprio le donne a mettersi in prima linea nell’organizzare la resistenza affermando e confermando il principio che le donne palestinesi saranno libere quando sarà libera tutta la Palestina, dal fiume al mare.
Pensiamo anche alla storia del nostro paese. Durante la Resistenza le donne ebbero un ruolo fondamentale nel vincere la guerra contro il nazifascismo e nel liberare il nostro paese. Pensiamo a compagne come Teresa Noce, Marina Sereni, Rita Montagnana e tante altre grandi dirigenti comuniste che hanno guidato il Pci fino alla vittoria: la loro storia ci dimostra e ci insegna che la lotta per la costruzione del socialismo apre alle conquiste delle donne delle masse popolari.
(…) Uniamoci sui posti di lavoro per costruire il prossimo sciopero dell’8 Marzo combattendo i vili attacchi al diritto di sciopero del governo Meloni. Costruiamo questo sciopero come arma di difesa e di attacco delle donne sui posti di lavoro. Uniamoci per boicottare la guerra e la retorica patriarcale, guerrafondaia e militarista partendo dal cacciare i principali fautori e nemici dello sterminio di donne e bambini in tutto il mondo: la Nato, il governo Meloni, la Leonardo, il Vaticano. Uniamoci per combattere la repressione a partire dalle scuole. Lo scorso anno una marea di giovani donne ha travolto il paese al grido di “bruciare tutto”, ebbene non aspettiamo la prossima tragedia e passiamo dalla difesa all’attacco. (…)
Questa è l’eredità storica che portiamo avanti da compagne come Teresa Noce, la Zetkin, la Kollontaj, Mara Cagol, Louise Michel e molte altre che hanno fatto della propria vita e della propria lotta scuola ed educazione per tutte le donne di oggi e domani. Questa è la più alta forma di solidarietà che possiamo oggi esprimere. Questa, in sintesi, è la strada per la nostra emancipazione! Insomma non siamo una questione, siamo rivoluzione!”