Rilanciamo a seguire l’intervento tenuto dalla compagna Laura Baiano, della Sezione flegrea del P.Carc, durante l’assemblea nazionale Giovani del P.Carc. Nell’intervento la compagna lancia la partecipazione alle mobilitazioni dell’8 marzo. “Non siamo una questione, siamo rivoluzione!”
Compagne e compagni,
nel mio intervento mi concentrerò su un tema cruciale e spesso sottovalutato la doppia oppressione che noi donne subiamo nel sistema capitalista e sulla via da percorrere per la nostra emancipazione.
Nella società capitalista noi giovani proletarie viviamo una doppia oppressione: di classe, in quanto proletarie, lavoratrici, precarie, ecc. oppressione che ci accomuna e ci unisce al resto della nostra classe. E di genere in quanto donne oppressione secolare che ha radici molto lontane e ben piantate nella divisione in classi della società; per secoli, infatti, noi donne siamo state sfruttate e umiliate, vessate e represse, escluse non solo dalla gestione della società da parte delle classi dominanti, ma anche oppresse dalla stessa cultura patriarcale e oscurantista che porta la parte più abbrutita e arretrata anche degli uomini delle masse popolari a umiliare, maltrattare, opprimere ed esercitare violenza (nelle sue tante e troppe forme) contro le “loro” donne, le nostre sorelle e compagne.
Nel corso degli anni, la classe dominante ha fatto un meticoloso lavoro per dividere la mobilitazione per i diritti civili da quella per i diritti sociali e contrapporle. Cercando di relegare le battaglie delle donne solo alla sfera dei diritti civili, finendo per inquadrarle alla stregua di una “minoranza discriminata”. Una minoranza piuttosto grande dato che conta la maggioranza dell’umanità! È per questo che la borghesia impiega ingenti mezzi e risorse per intossicare le coscienze, per formare nell’opinione pubblica l’idea che esista una separazione, ad esempio, fra la lotta delle donne per la loro emancipazione e la lotta delle masse popolari tutte – uomini e donne – contro lo sfruttamento e il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
La verità è che nel nostro paese le donne subiscono un’oppressione più soffocante anche nel mondo del lavoro (nella classe) e attacchi più duri ai loro diritti (es. su tutti l’inapplicabilità della L.194). Questo perchè esiste una cultura patriarcale e retrograda più radicata dovuta al ruolo e all’influenza del Vaticano. Un buco nero della civiltà e del progresso che influenza tutti, comprese noi compagne che aspiriamo a cambiare questa società.
Come ci influenza? Ad esempio nella tendenza a metterci in concorrenza, a coltivare la doppia morale o a rinunciare ad esercitare il nostro ruolo nella lotta di classe in nome della famiglia o per preservare la gentile concessione di avere un lavoro. Ci influenza anche nel sottovalutare esperienze di autorganizzazione e mobilitazione di altre donne perché per prime non riconosciamo la doppia oppressione o perché quelle esperienze non rispettano pienamente i nostri criteri e principi della “brava femminista”. Ci influenza nell’essere sottomesse e rinunciatarie rispetto alla nostra forza e alle nostre capacità di cambiare il mondo. Eppure siamo noi l’altra metà del cielo e senza di noi non c’è rivoluzione!
Prima in alcuni interventi si è trattato del ruolo dei giovani contro la guerra. Prendo questo esempio per mostrare il filo rosso che lega tutte le battaglie alla doppia oppressione e che fa di queste, ambiti vivi e veri della lotta per l’emancipazione della donna. La guerra, ad esempio, è uno degli sbocchi più violenti della società capitalista e patriarcale e trasuda ingredienti fondamentali della retorica guerrafondaia e militarista. Non a caso nella guerra di liberazione del popolo palestinese sono state proprio le donne a mettersi in prima linea nell’organizzare la resistenza affermando e confermando il principio che le donne palestinesi saranno libere quando sarà libera tutta la Palestina, dal fiume al mare.
Pensiamo anche alla storia del nostro paese. Durante la Resistenza le donne ebbero un ruolo fondamentale nel vincere la guerra contro il nazifascismo e nel liberare il nostro paese. Se pensiamo a compagne come Teresa Noce, Marina Sereni, Rita Montagnana e tante altre grandi dirigenti comuniste che hanno guidato il Partito Comunista Italiano fino alla vittoria, la loro storia ci dimostra e ci insegna che la lotta per la costruzione del socialismo apre alle conquiste delle donne delle masse popolari.
Ma torniamo ai giorni nostri. Il Governo Meloni è il primo governo capitanato da una donna, ma questo non lo rende migliore anzi è un governo che è un nemico delle donne! I vari attacchi che la Meloni sta promuovendo alla L.194 e al diritto di sciopero, i tagli al SSN e prevenzione della salute delle donne, la guerra, lo sgombero dei consultori e incentivi a fondazioni pro life, operazioni come la schifosa strumentalizzazione della morte di Giulia Cecchettin per promuovere un operazione di unità nazionale tra sfruttati e sfruttatori, tra le donne che opprimono le masse popolari (come Meloni e Shlein) con quelle che ogni mattina si alzano per andare a lavorare con il rischio di morire sul posto di lavoro (come successo a Luana D’Orazio e a tante altre), sono solo alcune misure ed operazioni che dimostrano che l’emancipazione delle donne è una questione di classe! L’unica via e l’unica strada per l’emancipazione delle donne è costruire la rivoluzione socialista. Quindi compagne, senza asterischi, senza quote rosa e senza retoricaosiamo fino alla vittoria e fino all’eliminazione della società divisa in classi!
E allora, il nostro appello, iniziando proprio dal prossimo 8 marzo, a tutte noi, alle studentesse, alle giovani donne, alle lavoratrici, alle compagne… uniamoci!
Uniamoci sui posti di lavoro per costruire il prossimo sciopero del 8 marzo combattendo i vili attacchi e tentativi che il governo Meloni sta facendo contro il diritto allo sciopero a suon di precettazioni e intimidazioni. Costruiamo questo sciopero come arma di difesa e di attacco delle donne sui posti di lavoro. Uniamoci per boicottare la guerra e la retorica patriarcale, guerrafondaia e militarista partendo dalla cacciata dei principali fautori e demici dello sterminio di donne e bambini in tutto il mondo: la Nato, il Governo, la Leonardo, il Vaticano. Uniamoci per combattere la repressione a partire dalle scuole. Lo scorso anno una marea di giovani donne a travolto il paese al grido di “bruciare tutto”, ebbene non aspettiamo la prossima tragedia ma passiamo dalla difesa all’attacco. Mobilitiamoci contro le misure e le linee guida reazionarie promosse dal governo per il “contrasto alla violenza di genere” a suon di bibbia e galateo, l’unica sicurezza ed educazione che serve nelle scuole è quella imposta dalle studentesse e gli studenti organizzati. Uniamoci contro chi delega la nostra sicurezza agli stessi carnefici che ci ammazzano e reprimono. Le strade e le città sicure non le fanno le zone rosse o la presenza delle Forze dell’Ordine ma le donne che in quelle città e in quei quartieri si organizzano. Uniamoci nel movimento comunista cosciente e organizzato che rinasce. Uniamoci nel Partito. Uniamoci nelle organizzazioni operaie e popolari e lottiamo per imporre l’unico governo che serve, un governo che sia espressione immediata e reale dell’esigenze di tutte le donne e gli uomini delle masse popolari, un governo che tuteli la salute delle donne, che tuteli le donne stesse in quanto protagoniste della costruzione del processo, un governo che rompa con gli accordi internazionali con tutti quei paesi che ammazzano donne e bambini da un capo all’altro del mondo, un governo che tuteli le lavoratrici e il diritto di maternità per tutte le donne e non solo per chi se lo può permettere. Un nostro governo, il governo di emergenza popolare!
Questa è l’eredità storica che portiamo avanti da compagne come Teresa Noce, la Zetkin, la Kollontaj, Mara Cagol, Louise Michel e molte altre compagne che hanno fatto della propria vita e della propria lotta scuola ed educazione per tutte le donne di oggi e del domani. Questa è la più alta forma di solidarietà e rabbia che possiamo oggi esprimere. Questa, in sintesi, è la strada per la nostra emancipazione! Insomma non siamo una questione, siamo rivoluzione!