Amministrative del 14 e 15 maggio – prendiamocene la responsabilità!

Dopo le elezioni politiche del 25 settembre, alla luce del fatto che non siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo di far eleggere in parlamento un largo numero di esponenti anti Larghe Intese, abbiamo avviato una fase di dibattito che ha coinvolto soprattutto il gruppo dirigente, a partire dalla Direzione Nazionale.
In termini molto sintetici, sono emerse due posizioni: una secondo quale la linea adottata era giusta, ma idealista e non realizzabile (per motivi di tempo, per i limiti e lo spirito di concorrenza dei promotori delle cinque liste anti Larghe Intese, ecc.) e una secondo la quale la linea era giusta, ma le nostre resistenze ad attuarla fino in fondo hanno influito in modo determinante sui risultati, decretandone il fallimento. Ad arricchire la discussione hanno contribuito le elezioni regionali del 12 febbraio in Lombardia e Lazio.
Considerando che la linea specifica deve essere definita sulla base delle condizioni concrete e particolari – non si trattava di ripetere pari pari quanto avevamo promosso a livello nazionale per il 25 settembre – la discussione si è approfondita a partire dal fatto che il nostro intervento, benché “esterno” (non avevano nostri candidati), non aveva inciso e, anzi, esisteva anche al nostro interno un immotivato entusiasmo per il 60% di astensione elettorale. Immotivato perché, nonostante l’astensione sia una manifestazione dello scollamento fra le larghe masse popolari e il sistema politico della classe dominante, noi non siamo riusciti a incanalarne almeno una parte nell’allargamento e nel rafforzamento del fronte anti Larghe Intese, né nell’organizzazione delle masse popolari.
Sono emerse nuovamente le “classiche” oscillazioni fra astensionismo di principio ed elettoralismo che hanno rafforzato le resistenze ad attuare la linea definita per le elezioni politiche del 25 settembre. Ma soprattutto è emersa più chiaramente la difficoltà a mettere a fuoco il ruolo dei comunisti di fronte alle elezioni e a comprendere come usarle.
Proseguiamo la discussione nel solco nei lavori congressuali (è un argomento della Dichiarazione Generale) e delle elezioni amministrative del 14 e 15 maggio che saranno un ottimo terreno di verifica e sperimentazione.

Il 14 e 15 maggio si svolgeranno le elezioni in 594 Comuni di regioni a statuto ordinario e in alcuni di essi operano le Sezioni del P.CARC, come a Brescia, Massa, Pisa, Siena, Quarto e Castellammare di Stabia.
Sarebbe sbagliato definire dall’alto una precisa linea di intervento per ogni situazione (bisogna fare l’analisi concreta), tuttavia, una serie di principi e criteri che definiscono un orientamento generale è possibile indicarli e, anzi, bisogna farlo.

Anzitutto, sfatiamo un mito. Certamente la campagna elettorale è un momento particolare in cui le ampie masse si attivano o, per lo meno, mostrano un livello d’attenzione maggiore verso “la politica”. Dobbiamo approfittarne per allargare la rete della propaganda, per farci conoscere, per sviluppare relazioni. Questo è un lavoro che può essere svolto sia partecipando attivamente alle elezioni con nostre liste o con nostri candidati in liste e coalizioni differenti, ma anche partecipando alla campagna elettorale pur senza candidati.
Certamente è un lavoro che dobbiamo curare. Ma stante la situazione generale e il salto che i comunisti devono compiere per diventare punto di riferimento autorevole – vedi l’Editoriale – il nostro lavoro NON può limitarsi a questo.
Partecipare alla campagna elettorale solo per “farsi conoscere” è un obiettivo minimalista. Dobbiamo usare la campagna elettorale e le elezioni per conquistare posizioni. In due sensi: nel processo di assunzione di ruolo e responsabilità dei comunisti rispetto alle masse popolari e nell’allargare la rete degli organismi operai e popolari, rafforzando quelli esistenti e facendone nascere di nuovi.
C’è un altro aspetto. La classe dominante è allo sbando. Ogni consultazione elettorale è una spina nel suo fianco (l’alta astensione è il risultato migliore in cui può sperare, perché se le masse popolari votano in massa, in genere, bastonano i partiti delle Larghe Intese). Conquistare posizioni significa anche usare le elezioni per indebolire il sistema di potere – in questo caso locale – della classe dominante, alimentare l’ingovernabilità del territorio.

Seconda considerazione. Dobbiamo dare per scontato che, anche fra i promotori e i partecipanti alle liste che si pongono in alternativa e in antagonismo alle Larghe Intese, l’approccio che va per la maggiore è remissivo, conciliatorio. Rispettano le regole e le prassi del teatrino, sono legalitari, cadono nel vortice delle promesse di fare questo e quello una volta che saranno eletti anziché organizzare le masse popolari per fare subito quello che è possibile fare con la mobilitazione dal basso, indipendentemente dal fatto che le azioni necessarie siano legali o meno.
Diamo tutto questo per scontato, ma non facciamoci frenare. Sicuramente non dobbiamo cadere nell’errore di cercare di convincerli a fare cose che non vogliono e non pensano di fare. Dobbiamo creare noi le condizioni! Quelle per mettere insieme ciò che lo spirito di concorrenza divide, quelle per rompere gli equilibri e il conciliatorismo, quelle che contrastano il legalitarismo.

Terza considerazione. Non dobbiamo aver paura delle conseguenze del dibattito franco e aperto di cui dobbiamo essere, invece, i promotori. Nel caso delle elezioni amministrative, in particolare, le relazioni personali e parentali e le “voci di paese” possono portare alcuni compagni a censurarsi, a nascondersi per non sviluppare un dibattito (apparentemente) “divisivo”.
Noi facciamo una politica di principio, abbiamo una linea e degli obiettivi: non esiste scorciatoia che sia più efficace del dispiegare per intero e fino in fondo la linea definita. Quello che eventualmente “si perde oggi” in termini di relazioni, se la rottura avviene su basi politiche, si recupererà e si rafforzerà domani.
In definitiva siamo noi, quale che siano le condizioni particolari, a dover promuovere e farci carico – prenderci la responsabilità – di alzare il tono della campagna elettorale per farne un ambito che, travalicando le liturgie “comizio, aperitivi, presenza mediatica”, si trasforma in una campagna di rottura.
Si tratta di togliere di mano “il giocattolo” alla classe dominante. Si tratta di imporre nuove regole del gioco. Si tratta di giocare non più solo per partecipare, ma per vincere.

I candidati, le liste, le forze politiche che intendono perseguire con determinazione l’obiettivo di fare delle elezioni amministrative un’occasione per dare una legnata alle Larghe Intese troveranno nel P.CARC il sostegno e, se occorre la spinta, di cui hanno bisogno.

Leggi il comunicato della Sezione di Massa del P.CARC: [Massa] Elezioni: sosteniamo “Massa Insorge”

Leggi il comunicato della Sezione di Pisa del P.CARC: Per una campagna elettorale di lotta e organizzazione

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