La Golar Tundra, la nave rigassificatrice – una vera e propria bomba pronta a esplodere – ha attraccato nel porto di Piombino.
Contro il suo arrivo e messa in funzione la popolazione si è mobilitata dallo scorso agosto.
Sessantaquattro manifestazioni in pochi mesi, molte delle quali partecipate da migliaia di persone, promosse da una fitta rete di comitati, associazioni, forze sindacali e politiche. Un movimento di massa e “trasversale”: oltre alle bandiere del P.CARC, dell’Usb, del Prc in quelle piazze c’erano anche le bandiere di Fratelli d’Italia (Fdi).
Sì perché nella Piombino “rossa” nel 2019 è stato eletto sindaco Francesco Ferrari, di Fdi. La sua elezione fu uno schiaffo delle masse popolari, tutt’altro che simbolico, al Pd e al suo decennale sistema di potere che ha portato al decadimento industriale, economico e ambientale della città.
Ferrari è nella scomoda posizione di dover (e voler) rendere conto del suo operato ai vertici del suo partito che oggi è al governo, ma di non voler attirare su di sé la protesta delle masse popolari.
Su spinta della mobilitazione è stato costretto a mettersi di traverso rispetto all’installazione del rigassificatore, ad esempio ostacolando l’iter burocratico.
Questo, inevitabilmente, ha fatto di lui un punto di riferimento e “una speranza” per una parte delle masse popolari di Piombino.
“Ma come? Un sindaco di Fdi, il partito della guerra (come il Pd), dell’agenda Draghi (come il Pd), del razzismo di Stato (come il Pd) può diventare un punto di riferimento e una speranza per le masse popolari?”.
Lasciamo momentaneamente in sospeso la risposta.
Quando il 15 ottobre 2021 il Green Pass è diventato obbligatorio sui posti di lavoro – si trattò di un grave attacco ai diritti dei lavoratori – i sindacati di regime e quasi tutti i sindacati di base erano d’accordo con il governo Draghi sulla sospensione senza stipendio dei lavoratori non vaccinati. Anzi, hanno condannato i lavoratori che protestavano, hanno criminalizzato e denigrato i portuali di Trieste, che erano diventati il simbolo di quella mobilitazione, contribuendo al loro isolamento.
Quasi tutti i partiti, le organizzazioni e i movimenti della sinistra borghese (ma anche molti fra quelli che si definiscono comunisti) si sono accodati, hanno assunto per intero la propaganda di regime (“il Green Pass è una misura sanitaria”), dimostrando tutta la loro sottomissione ideologica alla classe dominante. Questo ha lasciato campo libero a una pletora di opinionisti, giornalisti e “influencer” che si sono improvvisati capi “della lotta per la libertà” e improbabili “rappresentati del popolo”.
Per quanto la situazione di Piombino sia diversa da quello che è stato il movimento No Green Pass, entrambe le mobilitazioni pongono una questione: politicanti e personaggi in cerca d’autore sono diventati in qualche modo “punti di riferimento” per le masse popolari. Perché?
La risposta non va cercata nella presunta arretratezza delle masse popolari pronte ad affidarsi a personaggi per lo meno discutibili. La questione riguarda direttamente e praticamente i comunisti del nostro paese, il modo in cui concepiscono il loro ruolo e i compiti che hanno di fronte. Ai comunisti, infatti, è richiesto non solo di dare una risposta alle esigenze delle masse popolari, ma di essere la risposta.
Il discorso riguarda l’attuale debolezza del movimento comunista cosciente e organizzato e la strada da percorrere per la sua rinascita.
In particolare riguarda due aspetti.
Il primo è la comprensione della realtà, delcorso delle cose, delle condizioni e delle forme della lotta di classe in corso, cioè il rendersi conto o meno che la fase in cui la borghesia imperialista riusciva a mantenere la coesione sociale attorno al suo sistema economico e politico è definitivamente tramontata.
La classe dominante non riesce più a controllare, disciplinare e tenere sottomesse le grandi masse popolari con gli strumenti del passato. Il crescente distacco tra le ampie masse popolari e il sistema politico della borghesia ne è manifestazione evidente.
In questo contesto le elezioni e la partecipazione alla lotta politica borghese sono diventate un boomerang. L’astensione cresce e i risultati elettorali penalizzano le Larghe Intese: il sindaco di Piombino – ma gli esempi sono moltissimi – ha vinto le elezioni perché si è presentato come alternativo e antagonista alle Larghe Intese!
La rete di vincoli economici, il cui ossequioso rispetto era condizionato dalla speranza di “sistemarsi e costruire un’esistenza dignitosa per sé e per la famiglia”, è progressivamente decaduta a causa della precarietà e della disoccupazione.
L’intruppamento della parte socialmente attiva della popolazione nelle grandi associazioni collaborazioniste e nei sindacati di regime è sempre più debole in ragione dei risultati ottenuti (e ottenibili); i grandi partiti di massa non ci sono più.
Per tenere le masse popolari sottomesse, alla classe dominante rimangono l’intossicazione delle coscienze, la fuga dalla realtà e la diversione dalla lotta di classe, da una parte, e la repressione, dall’altra.
La borghesia imperialista fa un uso talmente massiccio e dispiegato dell’intossicazione delle coscienze che le conseguenze sono sfuggite al suo controllo. Un esempio? Proliferano – alimentate ad arte – teorie antiscientifiche, strampalate, metafisiche, accomunate dal rifiuto dei valori della classe dominante e dal rifiuto del presente e del futuro a cui la classe dominante obbliga le masse popolari. Pur non contribuendo affatto alla mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari anche queste teorie alimentano un sentimento di ribellione contro l’attuale, catastrofica, gestione della società.
Se la repressione permette temporaneamente alla classe dominante di fare fronte alla mobilitazione delle masse popolari, alla lunga questa le si ritorce contro: ogni atto repressivo contribuisce a far cadere la maschera dei diritti democratici dietro cui la classe dominante nasconde il suo operato e alimenta la solidarietà con chi ne è colpito.
In definitiva il disordine, il caos, le contraddizioni sempre più evidenti e insanabili sono la condizione per la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari. Per i comunisti non si tratta di invocare un ordine superiore e più giusto: per instaurare un ordine superiore e più giusto bisogna prima passare dal disordine, affrontarlo e risolverlo.
Il secondo aspetto è l’assunzione di nuove e superiori responsabilità. Se è sbagliato limitarsi a contemplare la situazione – “i filosofi hanno dato molte interpretazioni della realtà, ma il problema è trasformarla”, diceva Marx – è irresponsabile prendere le distanze dalla mobilitazione delle masse popolari anche quando è contraddittoria, interclassista e chi la conduce la sta evidentemente portando in un vicolo cieco. Ed è gravemente irresponsabile sottrarsi dal compito di contendere alla classe dominante – e agli improvvisati e improbabili rappresentanti del popolo – l’orientamento e la direzione della mobilitazione delle masse popolari.
Per i comunisti è il momento di assumersi nuove e superiori responsabilità su tutti i fronti.
Non basta fischiare il sindaco di Piombino mentre fa il suo comizio al termine della manifestazione, ma bisogna costringerlo a interdire il porto alla Golar Tundra con ogni mezzo. Lui non vuole farlo, ma costringerlo a farlo – anziché limitarsi a contestarlo – vuol dire far valere tutta la pressione che le masse popolari esercitano su di lui, vuol dire dare a quella pressione uno sbocco positivo ed efficace.
Non basta prendere le distanze e manifestare sdegno verso i vertici della Cgil che invitano Giorgia Meloni al Congresso, bisogna spingere i vertici della Cgil ad affrontare i problemi veri. Il miglior antidoto alle comparsate della Meloni (e alla deriva di chi gliele permette) è occuparsi di sostenere la lotta di classe!
Non basta bearsi dell’astensione al 60% alle elezioni, bisogna trasformare almeno una parte di quella astensione in organizzazione, protagonismo e mobilitazione.
Non basta chiedere al governo servo dei parassiti, dei criminali e dei guerrafondai di cambiare politica: bisogna rovesciare il sistema politico dei parassiti, dei criminali e dei guerrafondai e imporre un governo delle masse popolari organizzate. Un governo che attui fin da subito le misure di emergenza necessarie a far fronte agli effetti più gravi della crisi.
C’è un altro aspetto che attiene alla responsabilità dei comunisti in questa fase.
Nel nostro paese ci sono decine di organismi, reti e movimenti che si trovano a dover compiere un salto di qualità per sviluppare il loro ruolo rispetto alla più generale mobilitazione delle masse popolari.
Il salto consiste nel diventare più compiutamente il punto di riferimento autorevole per le ampie masse, in modo da coinvolgerle e renderle partecipi del sommovimento politico e sociale che questi organismi suscitano con la loro azione: Collettivo di Fabbrica della Gkn, Calp di Genova, movimento No Tav, Movimenti disoccupati di Napoli, Ultima Generazione.
Parte del salto che devono compiere consiste nel passare ad agire in modo coordinato, su obiettivi comuni, per diventare insieme il centro autorevole della resistenza e della mobilitazione delle masse popolari.
Forse a qualcuno suona strano perché l’idea che ha in testa è diversa, ma oggi sono queste le forze rivoluzionarie nel nostro paese.
I comunisti devono curarle, sostenerle, aiutarle a coordinarsi e a svilupparsi, indipendentemente dalle loro caratteristiche e superando le difficoltà del caso.