Parlaci della storia della vostra azienda.
L’azienda nasce dalle ceneri della Ideal Standard di Roccasecca che produceva materiali ceramici occupando circa trecentoventi operai. Una sera del febbraio 2018 venne annunciata la chiusura dello stabilimento per delocalizzare nell’Europa dell’Est. Per noi fu un fulmine a ciel sereno, fummo presi dalla disperazione, non sapevamo più cosa sarebbe stato delle nostre vite.
Partimmo con l’assemblea permanente, dopo vennero le manifestazioni al Mise e in Prefettura, a Frosinone. Il periodo coincise con le votazioni (le elezioni politiche del 2018, ndr) e quindi abbiamo avuto il consueto supporto di facciata, fatto di passerelle con foto annesse, dei diversi politici, da Salvini a Zingaretti fino all’allora Ministro del Lavoro Calenda.
Alla fine fu lo Stato a trovare un nuovo acquirente e qui entrò in scena Francesco Borgomeo (oggi noto per la disastrosa gestione del caso Qf, ex Gkn, di Campi Bisenzio) che rappresentava la Saxa Gres. Propose un ambizioso progetto di “circular economy”. Nel piano industriale presentato al Ministero c’era l’impegno al totale assorbimento dei duecentonovantuno dipendenti nell’arco di due anni e la conversione del sito produttivo dalla fabbricazione di articoli sanitari a quella di sampietrini ceramizzati prodotti con materiali di scarto, fra i quali anche le ceneri dei termovalorizzatori.
Quanti anni sono passati dall’arrivo di Borgomeo?
Sono cinque anni e tutte le promesse sono state disattese. Buona parte dei nostri colleghi, circa una settantina, è stata dislocata ad Anagni (dove c’è un altro stabilimento dello stesso gruppo, ndr), senza diritto ai buoni pasto e senza prendere in considerazione il contributo per la trasferta. Mentre noi, che siamo rimasti qui a Roccasecca, siamo fermi da cinque anni.
La maggior parte di noi ha lavorato qualche mese, ma dopo i lavori di installazione dei macchinari si è bloccato tutto. Possiamo dire che da cinque anni non si produce nulla. Per circa due anni, con un solo forno acceso, si è lavorato a rotazione e i criteri per decidere chi lavorava erano discrezionali. Oggi alcune decine di operai si occupano della manutenzione dei macchinari, che ormai si stanno arrugginendo, mentre la stragrande maggioranza di noi è in cassa integrazione.
Di fronte a questa situazione cosa ha fatto il sindacato?
Cgil, Cisl e Uil sono stati assenti. Mi dispiace dirlo, ma noi operai ci trovammo a firmare un contratto che non ho problemi a definire capestro, senza avere nemmeno un attimo di tempo per leggerlo. In pratica abbiamo dovuto firmare con la minaccia del licenziamento che pendeva sulle nostre teste. Da allora non si è visto più nessuno.
Al momento della firma la prima cosa assurda fu quella di farci spegnere il cellulare. C’erano i vari rappresentanti di Confindustria e del sindacato, oltre ai legali. Ci dissero che non potevamo chiedere nulla su quello che stavamo firmando e che era una firma tombale, un “nulla a pretendere” (queste parole me le disse proprio il responsabile della Filctem Cgil di Frosinone, Sandro Chiarlitti).
In che modo avvenne la firma del contratto?
Lo firmammo tutti insieme, di corsa. Addirittura andarono a prendere a casa dei colleghi che erano in malattia, fecero firmare tutti quel giorno con la minaccia che altrimenti sarebbe saltato tutto.
Certamente si trattava di una strategia studiata a tavolino per non darci il tempo di confrontarci o anche solo capire cosa comportava mettere quella firma. E ne paghiamo ancora le conseguenze. Molti di noi hanno visto la propria vita precipitare. Molte famiglie non hanno retto la pressione di questa situazione e ci sono state separazioni, oltre alla difficoltà di arrivare a fine mese.
Quanti soldi ha preso Borgomeo dallo Stato? Di fatto mantiene formalmente aperta una fabbrica che non produce nulla e vive di aiuti statali.
Quando è subentrato ebbe un finanziamento di novanta milioni da parte di Invitalia. Poi sono stati stanziati altri quattordici milioni di euro dall’ex Ideal Standard per la bonifica. In più altri soldi dovevano essere assegnati a chi aveva raggiunto quasi la pensione, ma non è stato fatto neanche questo. Per la bonifica i soldi sono stati spesi, però c’è ancora l’eternit sui tetti.
Siamo abbandonati a noi stessi. La produzione è ferma. E pensare che Borgomeo aveva anche prospettato la realizzazione di un casello autostradale poiché si prevedevano duecentocinquanta autotreni al giorno tra carico e scarico.
Oggi la misura è colma e abbiamo deciso, parlando tra di noi, di creare un collettivo che ci dia voce affinché la verità esca fuori. Ormai persino i sindacati sono dalla parte del padrone e sono loro a decidere chi lavora e chi no. Personalmente mi sono sentito dire da un sindacalista: “Se ti fai la tessera con me vieni a lavorare, se no resti fuori!”