A inizio marzo la Procura di Modena ha richiesto l’archiviazione dell’inchiesta relativa alla strage avvenuta l’8 marzo 2020 nel carcere di S. Anna di Modena. Il divieto dei colloqui in presenza per i detenuti fu all’origine delle rivolte al termine delle quali si contarono 9 carcerati morti. A tutt’oggi le circostanze e le cause di quelle morti non sono state chiarite e la strage rimane senza colpevoli.
Per questo, il 7 marzo, si è svolto fuori dal carcere un presidio indetto dal Comitato Verità e Giustizia per la strage del S. Anna. Erano presenti circa 80 persone, tra cui anche i compagni del P.CARC della Federazione Emilia Romagna che dall’inizio seguono la vicenda. Tanti sono stati gli interventi al microfono che hanno ribadito che le famiglie dei detenuti e delle vittime, così come i comitati e le varie forze politiche presenti non si accontenteranno delle risposte evasive della Magistratura e continueranno a lottare finché la verità non verrà a galla e si avrà piena giustizia.

Nel corso della manifestazione è stato anche presentato un dossier di inchiesta e contro-informazione sulla strage, prodotto dal Comitato che da mesi lavora per smascherare le menzogne e gli insabbiamenti orditi dalle istituzioni che deliberatamente coprono gli omicidi e le violenze commessi dalle Forze dell’Ordine. La fretta con cui Magistratura, il Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria e la stampa di regime hanno sentenziato che i detenuti sono tutti morti di overdose da metadone e benzodiazepine è già di per sé un elemento che induce a dubitare fortemente: le botte, gli spari, l’uso dei lacrimogeni in spazi senza ricircolo d’aria, l’impedimento alle cure mediche sono stati la realtà dei fatti. In questo vanno ricercate le cause di quelle morti.

L’esperienza del Comitato, già di per sé un esempio di solidarietà di classe e di opposizione alla falsa giustizia delle istituzioni, è frutto della mobilitazione del Consiglio Popolare di Modena, organismo sorto dalla battaglia dei lavoratori Italpizza.
Il Consiglio è nato lo scorso luglio come alternativa popolare al Consiglio Comunale di Modena (che, noncurante dei bisogni delle masse popolari, non gode ormai più della loro fiducia) e da mesi è diventato l’ambito di raccordo e coordinamento delle vertenze dei lavoratori del territorio, ma anche della lotta per il diritto alla salute.

Spesso, nella nostra propaganda, scriviamo della forza dirompente che hanno le masse popolari se si mobilitano e coordinano per mettere mano direttamente ai problemi che le riguardano: il Consiglio Popolare e il Comitato per la strage del S. Anna sono due esempi, collegati tra loro, di quanto questa strada sia effettivamente praticabile e di prospettiva. Questo perché chi ha veramente interesse a che le cose funzionino, chi ha necessità di riprendere in mano la gestione dei servizi pubblici e dei territori, chi intende  opporsi ai soprusi delle Forze dell’Ordine non è la classe dominante, ma sono le masse popolari. L’unica strada per eliminare questo sistema marcio fino alle fondamenta è quello della mobilitazione dal basso.

L’emergenza Covid ha palesato bene come tutti i problemi della società sono collegati perché hanno la stessa causa e il Consiglio Popolare di Modena sta adottando l’ottica giusta di guardare alla città nel suo complesso, non contrapponendo i problemi tra loro, ma trattandoli concretamente come un tutt’uno. L’esempio di questi comitati va fatto conoscere, esteso e messo in relazione con le tante altre realtà più o meno organizzate che esistono nel nostro paese. Gli omicidi e i soprusi nelle carceri, la distruzione del sistema sanitario e scolastico, i licenziamenti dei lavoratori, ecc. hanno una causa comune: il sistema capitalista. A fronte di ciò è sempre più urgente costruire un’alternativa. Il Consiglio Popolare di Modena indica, praticandola, una strada per realizzarla.

Print Friendly, PDF & Email