La mobilitazione in solidarietà al popolo palestinese

Fino alla vittoria

Nell’articolo pubblicato sullo scorso numero di ResistenzaProspettive del movimento di solidarietà con il popolo palestinese” abbiamo indicato come, con la firma del cessate il fuoco a Gaza, si aprisse una nuova fase per la mobilitazione. Una fase caratterizzata dal riflusso della partecipazione di piazza, almeno parziale – e quindi anche dalla necessità di puntare a raccogliere quanto seminato nei mesi scorsi – e da una lotta tra due linee con un contenuto specifico. La linea avanzata sarebbe stata quella le cui iniziative avessero sviluppato il ruolo politico contro l’entità sionista e i suoi servi in Italia, il governo Meloni e la Nato; la linea arretrata quella di confondere la tregua con la pace e limitare la mobilitazione a iniziative “umanitarie”.
In parte ci hanno pensato Trump e i sionisti a sgomberare il campo dalle illusioni: le loro dichiarazioni incendiarie e le manovre per sabotare la tregua mostrano, al di là di ogni dubbio, che aspettano solo l’occasione giusta per riprendere il massacro. Gli sviluppi della situazione hanno lasciato poco spazio alla linea arretrata.
Certo, le questioni che abbiamo posto restano comunque sul tavolo. Resta la spontanea tendenza al riflusso (al di là di nuove fiammate che gli avvenimenti possono causare) e la necessità di raccogliere quanto seminato in oltre un anno di una mobilitazione che ha coinvolto migliaia di persone e che ha portato vecchi e nuovi organismi popolari ad acquisire un ruolo superiore. E resta la tendenza arretrata, che si esprime in forme e modi differenti a seconda della fase, ma che in generale ha origine in una concezione che guarda con sfiducia alla Resistenza palestinese e alla forza delle masse popolari e, in definitiva, non crede che possano vincere.
Ma come dicevamo è la stessa evoluzione della situazione in Palestina che ha favorito lo sviluppo della linea avanzata, con diverse iniziative che hanno spinto la mobilitazione in avanti.
In primis con l’organizzazione in tutto il paese di manifestazioni che prendono di mira le basi Nato, l’ambasciata e i consolati degli Stati Uniti e altri centri di potere degli imperialisti Usa, che costituiscono il principale pilastro tanto del sistema di potere dei sionisti in Palestina e nel mondo, quanto di quello delle Larghe Intese in Italia. In particolare, il 21 febbraio i Giovani palestinesi d’Italia, l’Unione democratica arabo palestinese e l’Associazione dei palestinesi in Italia hanno lanciato una mobilitazione nazionale che ha visto presidi davanti all’ambasciata Usa a Roma, davanti al consolato Usa a Milano e Firenze, davanti alla fabbrica della Leonardo a Napoli e l’occupazione del politecnico a Torino. Poi con la giornata nazionale di boicottaggio del Carrefour del 22 febbraio, organizzata all’interno della campagna Bds (Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni). Da una parte, questa campagna attiva dal 2005 (ma che dal 7 ottobre ha visto un enorme sviluppo) rappresenta un importante elemento di continuità storica nella mobilitazione per la liberazione della Palestina, dall’altra, la sua crescita, la capacità di fare rete a livello nazionale e i risultati che sta ottenendo (varie aziende, istituzioni e fondi sovrani come quello di Norvegia hanno sospeso ogni legame con Israele) alimentano la mobilitazione e mostrano che le campagne di boicottaggio, quando legate a un movimento popolare, possono incidere non solo a livello di opinione, ma su di un piano politico, e diventare un fattore che promuove l’organizzazione e il coordinamento.
Ci sono state poi le iniziative relative alla campagna in solidarietà a Anan Yaeesh, palestinese, tenuto da oltre un anno sotto sequestro dal governo Meloni in ossequio agli ordini dello Stato illegittimo d’Israele. Il 9 febbraio si è svolto un nuovo presidio sotto il carcere di Terni, organizzato dal Coordinamento ternano per la Palestina. Ma, soprattutto, il 16 febbraio si è tenuta un’assemblea nazionale con l’obiettivo di mettere in rete e unificare le lotte per la liberazione di Anan. L’iniziativa va nella direzione di sviluppare un coordinamento più strutturato tra le realtà che si mobilitano per la Palestina e di fare, in maniera più compiuta, anche di questa campagna uno strumento di lotta contro i sionisti e il governo Meloni, loro complice, in tutto il paese.
In particolare, su questo versante la campagna per Anan esprime un enorme potenziale, perché combina la mobilitazione per una Palestina libera, la solidarietà contro la repressione e la lotta contro la sottomissione del nostro paese ai sionisti, attaccando il governo Meloni in un punto in cui si incrociano parecchie delle sue contraddizioni, contraddizioni che la mobilitazione può fare esplodere.
Infine, la tendenza allo sviluppo di un coordinamento nazionale è avanzata anche con le iniziative della Rete antisionista italiana che, dopo l’assemblea di costituzione tenuta a dicembre, si riunirà nuovamente il 16 marzo a Bologna.

Sono tutti passi che vanno nella direzione di alimentare ed elevare il ruolo politico della mobilitazione, di strutturarla e articolarla a livello nazionale, di portarla a un livello superiore. Dobbiamo avanzare su questa strada con decisione, fino a far confluire la mobilitazione in solidarietà al popolo palestinese in quella per cacciare il governo Meloni e ogni governo delle Larghe Intese. Solo un governo di emergenza popolare può porre fine alla sottomissione dell’Italia ai sionisti e sostenere senza riserve la Resistenza palestinese.

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