Il 22 febbraio migliaia di persone sono scese in piazza contro il decreto 1660 in corso di approvazione in parlamento, partecipando alle manifestazioni promosse in tutta Italia dalla Rete No ddl sicurezza – A pieno regime. Cortei regionali si sono svolti a Milano, Napoli e Bologna. A Roma la manifestazione contro il decreto si è intrecciata a quella in ricordo di Valerio Verbano. Presidi e cortei si sono svolti anche in altre città tra cui Brescia e Genova, Treviso, Vicenza, Cagliari e Lecce.
Alcune migliaia di persone hanno sfilato a Milano, dove alla protesta contro il decreto si è legata quella contro le zone rosse istituite dal Viminale e la richiesta di verità e giustizia per Ramy, il ragazzo ammazzato dalla polizia nel quartiere Corvetto di Milano dopo un lungo inseguimento.
L’omicidio di Ramy ha trovato spazio anche nel corteo di Roma, dove dal camion di testa sono state lette le parole scritte dalla sua compagna.
A Bologna alla protesta contro il decreto sicurezza si sono intrecciate altre tematiche: il diritto alla casa e allo studio, la gestione carceri e immigrazione e le tante crisi aziendali aperte in Emilia-Romagna.
A Napoli il corteo è passato sotto la sede locale di Fratelli d’Italia, dove è stato esposto uno striscione per denunciare le responsabilità del governo nel caso Almastri.
Se pure la partecipazione non è stata “oceanica” come in occasione della prima manifestazione svolta a dicembre a Roma, che aveva visto sfilare 50 mila persone, la mobilitazione ha comunque avuto numeri importanti, è stata capillare, articolata e soprattutto capace di unire tantissime realtà, dalla Cgil ai collettivi studenteschi, dall’Anpi ai centri sociali. Al corteo di Bologna ha partecipato addirittura il vicesindaco.
Questo è in generale un fattore positivo, perché riuscire a mobilitare tutte le forze che oggi, per un motivo o per l’altro, sono contro il governo Meloni è condizione essenziale per riuscire nell’obiettivo di far saltare l’approvazione del ddl sicurezza e cacciare questa banda di nostalgici del fascismo asserviti agli Usa e alla Nato.
Il contraltare è però il ruolo che rivestono alcune forze, come i vertici di Avs e della Cgil, nella direzione di questa campagna, che conducono con il freno a mano tirato, cavalcando la mobilitazione a fini elettorali e di consenso. La passeggiata che si è fatta la vicesindaca di Bologna, città in cui sono applicate le zone rosse volute da Piantedosi, è esemplare in questo senso.
La soluzione non è però disertare manifestazioni come queste e creare ambiti separati, ma partecipare e dare battaglia affinché la direzione della mobilitazione sia presa in mano dagli organismi operai e popolari, dalla parte più decisa a violare i divieti, a legarsi al resto delle mobilitazioni che attraversano il paese e ad andare fino in fondo nella lotta contro il governo Meloni. Sono questi organismi che possono cacciarlo e imporre un proprio governo di emergenza in grado di prendere fin da subito le misure urgenti che servono a garantire veramente la sicurezza delle masse popolari. Chi vuole cavalcare la protesta per i suoi fini sarà costretto o a ritirarsi o a mettersi realmente al sevizio della mobilitazione popolare.
L’esempio di Brescia
A Brescia, per la particolare situazione che esiste nella città, di cui abbiamo parlato nell’articolo “Fascisti, polizia e mobilitazione popolare. Cosa succede a Brescia?” su Resistenza 2/2025, la manifestazione contro il ddl 1660 ha avuto un ruolo e un esito particolari. La sindaca del Pd ha infatti da tempo vietato Piazza della Loggia alle manifestazioni. Ma la piazza è storicamente il luogo dove terminano i cortei della città, simbolo importante anche perché teatro, nel 1974, della strage di matrice fascista ordita nell’ambito della strategia della tensione.
L’assemblea no ddl sicurezza di Brescia ha quindi chiamato la manifestazione contro il ddl sicurezza proprio in Piazza della Loggia, allo scopo di riprendersela. Quale modo migliore per contrastare un decreto che vuole negare il diritto a manifestare che riprendersi gli spazi di agibilità politica che ci vengono negati?
Questa mossa ha creato due schieramenti. Una parte, con Anpi e Cgil, ha scelto di tenere la manifestazione il giorno prima in un’altra piazza e di non sfidare il divieto. L’altra, quella maggioritaria, ha invece aderito all’appello di Piazza della Loggia, e da qui è partito senza tensioni il corteo che ha visto sfilare per le vie della città un migliaio di persone.
Insomma, un ottimo esempio di come gli organismi popolari e la parte più decisa a spingere in avanti la mobilitazione devono prendere in mano la direzione, costringendo chi vuole solo cavalcarla a mostrare chiaramente da che parte sta.