Il giorno 8 febbraio sono salito sull’Intercity 501 direzione Napoli. Il treno andava a singhiozzo già fino a Civitavecchia, poi sempre di più continui rallentamenti e dopo Roma inizia l’odissea di circa 342 viaggiatori.
Ad ogni stazione (dove non era prevista la fermata) il treno fermava per poi entrare a 20 all’ora, rifermarsi per poi ripartire. Poi fermate in linea fino a ricevere annuncio sonoro per ritardo accumulato (che veniva aggiornato in peggio ogni 10 minuti) motivato per interventi di potenziamento della linea.
Nella vettura i viaggiatori iniziavano a sbottare. Un ex ferroviere della manutenzione presente a bordo prova a fare chiarezza su quanto accadeva. Dopo le ultime stragi di ferrovieri assassinati sui binari, RFI, invece di potenziare la sicurezza (che significa assumere personale e rafforzare le squadre), con l’accordo di gennaio 2024 ha smantellato il settore manutenzione riducendo gli interventi e creando disservizi.
La situazione peggiorava e il ferroviere, a sostegno di quanto sosteneva, faceva osservare che durante i rallentamenti continui nessun operaio della manutenzione ferroviaria era presente in linea. Questo “accendeva” l’attenzione di molti e il malumore cresceva…
Superiamo Gaeta e ci dicono che c’è stato un investimento. L’ennesimo disperato senza lavoro aveva deciso di terminare la sua vita. Ma è sull’altro tratto di binario. L’Intercity può procedere.
Arriviamo a Sessa Aurunca, in provincia di Caserta. Pioviggina. Il treno esce appena dalla stazione e, dopo la solita fermata non in programma, si ferma. Resta fermo tre ore e trenta minuti durante le quali, dopo lunghi silenzi, ci appioppano mille motivazioni.
Il clima è esasperante. Una donna scoppia in lacrime e vuole scendere. Il personale di bordo in difficoltà tenta di frenare gli animi. Passano le ore, si agitano le acque, la donna urla e gli altri chiedono assistenza, acqua e cibo. Qualcuno grida di aprire le distributrici di bevande e biscotti presenti sul treno. Ci riesce.
A un certo punto arriva la notizia sonora a cura Trenitalia: “a causa delle forti perturbazioni la galleria che dobbiamo attraversare è allagata e non sono garantite le norme di sicurezza, stiamo attendendo l’intervento degli specialisti che devono garantire il passaggio o meno del convoglio”. Alle distributrici tre pendolari, che di lavoro fanno gli operai e che fanno questa linea ogni giorno, affermano che a loro non risultano piogge corpose tanto da causare l’allagamento comunicato.
Allo scocco della terza la donna si sente male. Arrivano sul convoglio Polizia e Polfer. Il treno indietreggia alla fermata di Sessa Aurunca e arriva l’ambulanza. Il ferroviere in pensione si affaccia dal treno e inizia a gridare: “vogliamo mangiare e bere!”. Il capotreno avverte che porteranno quanto chiesto ma gli animi si esasperano.
Solo arrivati alle tre ore e mezza un maresciallo della Polfer (o della Polizia) ci dice la verità. Ci fa vedere delle foto dal suo cellulare. Il tratto di binario fuori dalla galleria che avremmo dovuto attraversare era disconnesso. In quel tratto RFI sarebbe dovuta intervenire con una squadra della manutenzione per “rincalzare” il binario ma non lo ha fatto per mancanza di personale o perché impiegato in altra mansione. Aggiunge che non è vero che la galleria è allagata.
Qualcuno incalza e il maresciallo dice di lasciarlo andare perché non può perdere tempo. Gli rispondono che lui è pagato “per perdere tempo” mentre noi avevamo pagato un biglietto per essere sequestrati dalla menzogne di Salvini e del suo governo e per essere tenuti in ostaggio per ore su un treno fermo!
Qualcuno ha registrato la “involontaria confessione” del poliziotto ingenuo o onesto. La fa ascoltare a molti viaggiatori dopo che se n’è andato via. Chi dubitava abbassa la testa. Altri vogliono la registrazione. Chiamano la stampa (il Matttino di Napoli, il Manifesto e il Fatto Quotidiano). Il Manifesto vuole una mail ma non ci sono modi di inviargli quanto richiesto. Le altre testate aprono lunedì e quindi rispondono solo le segreterie telefoniche.
Dopo 3 ore e 45 minuti il treno riprende la “corsa”. Alla stazione di Napoli centrale ad accoglierci con affanno, in corsa, alcuni ragazzi del servizio assistenza con scatole di biscotti, acqua, salviettine e tarallucci. Si, per chiudere a tarallucci e vino un sequestro di persona. Un sabotaggio figlio della mancata manutenzione.
Questi i fatti. Nei giorni successivi ho deciso di andarci più a fondo. Per capire bisogna trattare la cosa a partire dai dati e dalla politica. Dall’inizio dell’anno ad oggi sono ben 104 i casi di ritardi o disservizi sulla rete ferroviaria nazionale, il 76% dei quali per guasti tecnici. Nell’ultimo trimestre del 2024 ritardi e cancellazioni hanno interessato il 72% dei treni di Alta velocità, con l’equivalente di quasi 6 mesi e mezzo di ritardi accumulati (4.641 ore). Ogni giorno chi viaggia assiste a un bollettino di guerra che divide il paese.
Salvini, seguito dagli ossequiosi media di regime, grida al sabotaggio per giustificare l’evidente catastrofe della gestione dei trasporti pubblici. Così Nicola Porro e soci sono costretti ad ingegnare inchieste in cui si trasmettono video di misteriosi tentativi di sabotaggio per alimentare l’ipotesi che anche altri fatti accaduti in giro per l’Italia potrebbero far parte di una strategia.
Perfino quelli presentati da RFI (Rete Ferroviaria Italiana) alle commissioni Trasporti della Camera e Ambiente del Senato ammettono che l’82% dei ritardi dell’alta velocità è causato da problemi tecnici quali malfunzionamento della rete, cavi elettrici usurati, centraline in tilt e treni in avaria (il 57% è dovuto a problemi sull’infrastruttura e il 25% a quelli su treni). Mentre solo il 18% è dovuto a cause esterne, tra cui maltempo, intrusioni sulla linea, investimenti ecc.
Il rapporto di Legambiente del marzo del 2024, riferito a dati del 2023, riporta una fotografia allarmante della situazione della rete ferroviaria italiana. Convogli vecchi, tratte chiuse e divari tra nord e sud. Basta pensare che l’età media dei convogli al sud è ormai giunta alla maggiore età, 18 anni! Ai problemi di ordinaria amministrazione, si aggiungono poi i 1200 cantieri aperti per l’uso dei fondi del Pnrr, che provocano innumerevoli malfunzionamenti.
Insomma, le condizioni in cui versa la rete ferroviaria del paese è il frutto di decenni di politiche di smantellamento portate avanti all’unanimità dal sistema delle Larghe intese, a cui oggi si aggiunge l’aggravante dell’operato del ministro dei trasporti Salvini!
L’ultima soluzione escogitata dal ministro? Tagliare le corse dei treni del 15%! Ed è solo l’ultima trovata del governo per il trasporto ferroviario nazionale, che si somma al grave attacco inferto dal 10 gennaio del 2024, quando è stata introdotta la riorganizzazione dell’infrastruttura ferroviaria, che è stata per tutto l’anno denunciata e combattuta a gran voce dai lavoratori delle ferrovie con una media di uno sciopero a settimana.
Negli ultimi giorni, proprio l’Assemblea Nazionale Lavoratori della Manutenzione, tra i principali promotori delle mobilitazioni, ha risposto alle accuse del ministro Salvini mettendo in evidenza gli effetti della “sua” riorganizzazione: riduzione dell’organico delle squadre di intervento (da 4/5 a 2 lavoratori per squadra) e diminuzione del personale reperibile.
Tutte manovre che hanno indebolito la capacità manutentiva e di intervento in un’infrastruttura già in pessime condizioni e che mettono continuamente a rischio salute i lavoratori. Con una mano le Larghe Intese assestano colpi mortali alla rete dei trasporti pubblici nazionali e con l’altra reprimono chi cerca invece di salvaguardarla e renderla compatibile con ambiente e salute.
Di qualche giorno fa la notizia che lo Stato ha chiesto per i 28 esponenti del movimento No Tav sotto processo un totale di 88 anni di carcere e 7 miliardi di risarcimento per le spese sostenute per reprimere la loro resistenza tra il 2020 e il 2021. Un ulteriore attacco a chi da decenni impedisce la speculazione su infrastrutture pubbliche e lotta per il miglioramento della rete ordinaria, per un trasporto efficiente e sostenibile. Ai compagni del movimento No Tav va la nostra totale solidarietà e complicità.
Gli episodi per cui Salvini e soci gridano al boicottaggio, quindi, non sono certo la causa del disastro della rete ferroviaria. Ma se pure ci fosse un fondo di verità, cioè se davvero alcuni degli episodi denunciati fossero azioni di boicottaggio, sarebbero espressione della volontà di lavoratori e masse popolari di lottare contro l’accelerazione dello smantellamento del trasporto pubblico operato da Salvini e dal governo Meloni. Azioni e iniziative forse discutibili e condannabili nei salotti televisivi, ma legittime in quanto espressione della resistenza spontanea delle masse popolari e dei loro interessi.
Gridando al complotto e al sabotaggio, Salvini mostra di essere un guappo di cartone e offre involontariamente indicazioni e “ispirazione” (come ad esempio piantare un chiodo nel posto sbagliato) a quanti si mettessero in testa di combinare le diverse forme di resistenza allo smantellamento dei trasporti pubblici: dalle iniziative individuali e di piccoli gruppi al rifiuto organizzato dei lavoratori a operare in condizioni di lavoro pericolose, dagli scioperi (in programma ci sono già quello del 23 gennaio e quello del 25 e 26 gennaio) ai blocchi dei mezzi adibiti a trasporti militari, fino alla realizzazione di piani alternativi di gestione della rete e del traffico da imporre zona per zona, dove il movimento diventa abbastanza forte da mettere sotto scacco Salvini e il governo Meloni.
Vittorio A.