Dalla Palestina all’Italia la mobilitazione continua

“L’occupazione è occupazione, indipendentemente da come si auto-descrive o si chiama, e rimane uno strumento per spezzare la volontà dei popoli e continuare a opprimerli. D’altra parte, le esperienze nella storia dei popoli e delle nazioni su come liberarsi dall’occupazione e dal colonialismo confermano che la resistenza è l’approccio strategico e l’unica via per la liberazione e la fine dell’occupazione. C’è mai stata una nazione che si è liberata dall’occupazione senza lottare, resistere o sacrificarsi?
Gli imperativi umanitari, etici e legali impongono a tutti i paesi del mondo di sostenere la resistenza del popolo palestinese e non di prestarsi contro di essa. Devono affrontare i crimini e le aggressioni dell’occupazione e sostenere la lotta del popolo palestinese per liberare le sue terre e praticare il suo diritto all’autodeterminazione come tutti i popoli del mondo. Su questa base chiediamo quanto segue:
1. La cessazione immediata dell’aggressione israeliana a Gaza, dei crimini e della pulizia etnica commessi contro l’intera popolazione di Gaza; l’apertura dei valichi e l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza, compresi gli strumenti per una ricostruzione.
2. Ritenere l’occupazione israeliana legalmente responsabile per ciò che ha causato di sofferenza umana nei confronti del popolo palestinese, e condannarla per i suoi crimini contro i civili, le infrastrutture, gli ospedali, le strutture educative, le moschee e le chiese.
3. Il sostegno della resistenza palestinese di fronte all’occupazione israeliana con tutti i mezzi possibili, come diritto legittimato dalle leggi e dalle norme internazionali.
4. Invitiamo i popoli liberi di tutto il mondo, in particolare quelle nazioni che sono state colonizzate e che si rendono conto delle sofferenze del popolo palestinese, a prendere posizioni serie ed efficaci contro le politiche di due pesi e due misure adottate dalle potenze che appoggiano l’occupazione israeliana. Invitiamo queste nazioni ad avviare un movimento di solidarietà globale con il popolo palestinese e a sottolineare i valori di giustizia e uguaglianza e il diritto dei popoli a vivere in libertà e dignità.
5. Le superpotenze, in particolare gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia, tra gli altri, devono smettere di fornire all’entità sionista una copertura dalle responsabilità e di trattare con essa come se fosse un paese al di sopra della legge. Questo comportamento ingiusto da parte di questi paesi ha permesso all’occupazione israeliana di commettere, per oltre 75 anni, i peggiori crimini di sempre contro il popolo, la terra e le cose sante palestinesi. Esortiamo i paesi di tutto il mondo, oggi più che mai, ad assumersi le proprie responsabilità nei confronti del diritto internazionale e delle relative risoluzioni delle Nazioni Unite che chiedono di porre fine all’occupazione.
6. Rifiutiamo categoricamente qualsiasi progetto internazionale o israeliano sul futuro di Gaza che serva solo a prolungare l’occupazione. Sottolineiamo che il popolo palestinese ha la capacità di decidere il proprio futuro e di organizzare i propri affari interni, e quindi nessuna parte del mondo ha il diritto di imporre una qualsiasi forma di tutela al popolo palestinese o di decidere per suo conto.
7. Esortiamo a opporsi ai tentativi israeliani di causare un’altra ondata di espulsioni – o una nuova Nakba – ai palestinesi, soprattutto nelle terre occupate nel 1948 e in Cisgiordania. Sottolineiamo che non ci sarà alcuna espulsione verso il Sinai o la Giordania o qualsiasi altro luogo, e se ci sarà un trasferimento dei palestinesi, sarà verso le loro case e le aree da cui sono stati espulsi nel 1948, come affermato da molte risoluzioni delle Nazioni Unite.
8. Chiediamo di mantenere la pressione popolare in tutto il mondo fino alla fine dell’occupazione; chiediamo di opporsi ai tentativi di normalizzazione con l’entità israeliana e di boicottare completamente l’occupazione israeliana e i suoi sostenitori”.

Quello appena citato è un passaggio de La nostra posizione. L’Operazione Al-Aqsa Flood. Si tratta di un documento ideologico – politico pubblicato dall’ufficio stampa di Hamas alla fine di gennaio dove viene chiarito al popolo palestinese e al resto del mondo la verità rispetto a quanto accaduto il 7 ottobre, quali ne sono stati i motivi e il contesto generale in cui si sta sviluppando l’eroica resistenza del popolo palestinese contro la macchina omicida guidata dal governo sionista d’Israele.

Si tratta però anche di un documento che, come si legge, parla ai popoli degli altri paesi del mondo, come quello del nostro paese. Anch’esso occupato dagli Usa tramite basi militari dislocate dal nord a sud, dai sionisti che hanno accordi con le principali università Italiane e che sono a capo di alcuni dei più grandi fondi speculativi complici della svendita dell’apparato produttivo del paese, dall’UE e da un governo, quello di Giorgia Meloni, portatore dei loro interessi ormai inconciliabili con quelli delle masse popolari e dei lavoratori del nostro paese.

Un paese l’Italia, che deve essere liberato dalla resistenza degli sfruttati e degli oppressi, dei lavoratori e delle masse popolari contro cui padroni e governi hanno dichiarato una guerra che miete vittime a causa della mancata applicazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, dei tagli alla sanità, dell’inquinamento ambientale… è contro questa guerra, che trova le sue fondamenta nel capitalismo, che sull’esempio e in solidarietà a quella palestinese, la resistenza deve trasformarsi in organizzazione.

La tempesta iniziata il 7 ottobre

Dal 7 ottobre sono tante le mobilitazioni che si sono susseguite per dimostrare sostegno alla causa del popolo palestinese e molte di queste hanno anche dimostrato che la massima solidarietà che i lavoratori e il resto delle masse popolari del nostro paese possono portare, è quella di lottare contro l’occupazione sionista in casa nostra.

Tra i primi ad aver imboccato questa strada ci sono stati gli studenti che da Napoli a Milano hanno manifestato il proprio sostegno al popolo palestinese e lo hanno fatto attraverso banchetti informativi, iniziative di discussione storico politica, attraverso l’occupazione degli atenei come è successo all’Orientale di Napoli con l’obiettivo di propagandare la verità e far tornare l’università uno spazio in cui parlare di politica attraverso l’organizzazione di dibattiti che hanno coinvolto centinaia di studenti.

Sono state migliaia inoltre le firme in calce alla lettera inviata al rettore dell’ateneo di Napoli e di altri atenei come quello di Roma, Bari e Cagliari e nella quale si chiedeva di interrompere qualsiasi rapporto diplomatico con Israele e le aziende produttrici di armi. Si chiedeva di esprimere solidarietà alla popolazione di Gaza e si condannare l’apartheid e l’occupazione israeliana e avviare relazioni con le università palestinesi.

A rispondere all’appello degli studenti è stato il rettore dell’Università di Cagliari, Francesco Mola, che ha disposto di interrompere ogni rapporto in essere con le università israeliane. Un primo passo che, è bene sottolineare, è stato reso possibile solo dalla mobilitazione, dall’organizzazione e dal coordinamento degli studenti di tutto il paese che devono continuare a far valere tutta la loro forza fino a cacciare i sionisti dalle università italiane, fino a togliere loro ogni interesse che ancora hanno nel nostro paese. È quello che sta accadendo anche attorno alla mobilitazione dei lavoratori Carrefour e in sabotaggio delle altre multinazionali legate ai sionisti.

Lo sciopero nazionale contro la guerra del 23 febbraio

Nelle scorse settimane i Giovani Palestinesi d’Italia (GPI) e alcune reti e comitati di palestinesi attivi nel nostro paese hanno promosso vari incontri e assemblee lanciando l’appello alle realtà del sindacalismo di base di indire una giornata di sciopero per il prossimo 23 febbraio e una manifestazione nazionale per il giorno successivo. A questa richiesta hanno già aderito varie sigle del sindacalismo di base.

Oltre a questo i GPI hanno lanciato un appello ai lavoratori e agli iscritti della CGIL (che riportiamo a seguire) perché aderiscano allo sciopero e partecipino alle mobilitazioni del 23 febbraio anche in assenza di una presa di posizione chiara da parte della testa del sindacato.

Uno sciopero cui tutti i lavoratori devono aderire, che sia occasione per organizzarsi in ogni luogo di lavoro e rendere sempre più ingovernabile il paese a Meloni e qualsiasi altro partito di regime. Dalla Palestina all’Italia la mobilitazione continua!

“Nelle nostre manifestazioni a Milano sentiamo gridare chiamare “Palestina libera – Palestina rossa”. Giusto! Ma lo stesso vale anche per l’Italia. Noi ci dobbiamo liberare dal potere di imperialisti, sionisti e del Vaticano. È una cupola che ci opprime. Con la Meloni in prima fila, che si astiene dalla richiesta di porre fine ai bombardamenti.
La ex Fiat, una volta punta avanzata della produzione automobilistica in Europa, è diventata americana e poi francese e questi capitalisti non hanno fatto altro che chiudere una fabbrica dopo l’altra. Quindi vale anche per noi: Italia libera – Italia rossa! E se condurremo bene questa lotta, riusciremo a togliere una stampella all’imperialismo mondiale e a dare il sostegno migliore alla lotta del popolo palestinese. Impossibile? Non c’è alternativa. Come non c’è alternativa per la Palestina. Avanti! Con la resistenza palestinese fino alla vittoria”
(tratto da Palestina libera – Palestina rossa. Italia libera – Italia rossa).

***

Verso lo sciopero per la Palestina e Manifestazione nazionale del 23-24 febbraio

Sappiamo bene che tanti lavoratori e pensionati iscritti alla Confederazione Generale Italiana del Lavoro siano profondamente, sinceramente legati al Popolo Palestinese e provino orrore, dolore e rabbia per il genocidio che stiamo subendo a Gaza e in Cisgiordania.
Altrettanto bene siamo consapevoli che moltissimi iscritti alla Cgil guardano con insofferenza, rabbia e vergogna alle politiche della dirigenza del proprio sindacato da decenni e in modo ancor più esacerbato dal tempo della segreteria di Maurizio Landini.
Il vostro sindacato ha svenduto la vostra e nostra classe, le vostre lotte e le vostre vite a sfruttatori di ogni risma. Si è chinato supinamente a qualsiasi decisione padronale tanto da rendere possibili e concrete oggi espressioni come “cancellazione assoluta dei diritti sociali e sul lavoro” e “cancellazione della classe lavoratrice e operaia”. Vi hanno spacciato la distruzione di un patrimonio storico di lotte, la svendita ai predatori capitalisti delle vostre esistenze come sacrifici fatti per il “bene del Paese” (il bene di chi ha tutto e il male di chi ha poco o niente) e per “il futuro” in realtà inesistente – per voi, chiaro; il futuro, per chi vi comanda, nel sindacato e sul lavoro, è di sicuro ricco di profitti.
Vi hanno sottoposto all’umiliazione dell’abbraccio con i banchieri come Draghi e addirittura all’inchino servile di fronte alla Meloni e ai neofascisti al vostro congresso.
Avete assistito tre mesi fa alla pronta condanna di Landini dell’attacco del 7 ottobre, alla solidarietà immediata all’occupazione e all’apartheid sionisti. Avete ascoltato il vostro segretario auspicare «il mantenimento dell’autonomia del popolo palestinese». Sì, avete letto bene: ha detto «mantenimento dell’autonomia». 75 anni di occupazione israeliana, apartheid, annientamento di qualsiasi diritto e genocidio quotidiano per Landini sono l’autonomia “da mantenere” del nostro popolo.

vete visto partecipare la Cgil all’ignobile manifestazione lo scorso 6 dicembre in sostegno di Israele (mentre a Gaza erano già stati massacrati decine di migliaia di civili palestinesi) a Roma, accanto ai neofascisti della Meloni, ai partiti personali, lobbistici e confindustriali di Renzi e Calenda e ad associazioni sioniste. In quella manifestazione il nostro popolo è stato con varie perifrasi e senza perifrasi definito come “un pericolo terroristico”.
La dirigenza del sindacato a cui appartenete ha scelto la guerra e il genocidio compiuto dai sionisti e dalle nazioni occidentali. Ha scelto chi rifornisce di armi i sionisti. Non la pace, come dichiarano farisaicamente.
Siccome siamo certi che non è questa la linea e la visione della Palestina di molti di voi e nemmeno la linea e la visione della sinistra del vostro sindacato vi richiamiamo all’importanza di questo momento storico.
Continuerete ad accettare l’inaccettabile, a sentirvi addosso non solo il sangue dei vostri compagni assassinati ogni giorno dal lavoro (accolto con ipocrite e false parole retoriche dai vostri capi), ma anche il sangue dei palestinesi sterminati ogni giorno dall’occidente? O sceglierete di stare dalla parte di chi si rivolta e riscrive la Storia?
Ci è capitato di dialogare con alcuni di voi che in buona fede sperano di cambiare la rotta del proprio sindacato e oggi vi ripetiamo: il 23 e il 24 febbraio sono un’occasione irripetibile.
Non potete più nascondervi dietro il fatto di essere minoranza, dietro il centralismo democratico, dietro la condizioni di impotenza che lamentate giustamente rispetto allo strapotere lobbistico dei vertici della Cgil.
La Storia e un genocidio commesso impunemente e incoraggiato non accettano simili scuse. La responsabilità sarà anche vostra. Senza appello.
È il momento delle scelte cruciali. Da che parte volete stare? Volete essere complici della morte di oltre trentamila palestinesi, della guerra dei padroni, della guerra che a breve lo stato e il governo italiano porteranno direttamente contro lo Yemen, oltre che in Palestina? Volete servire i colletti bianchi corrotti che vi conducono la mattina a guardarvi allo specchio sentendovi e sapendo di essere schiavi imbelli?
O volete scioperare e marciare accanto ai vostri veri fratelli di lotta contro chi sfrutta ogni ora della vostra e nostra vita?
Rovesciate insieme a noi questo tempo imbrattato di sangue degli ultimi. Rovesciate, scioperando, i comuni nemici di classe. Rovesciate con questo passo decisivo di disobbedienza i vertici del vostro sindacato. Ovvero i vostri nemici più pericolosi.
Nel tribunale della Storia non ci sarà né appello né assoluzione per chi non ha il coraggio di agire concretamente e fermare un genocidio.

23 FEBBRAIO SCIOPERO GENERALE PER LA PALESTINA
24 FEBBRAIO MANIFESTAZIONE NAZIONALE A MILANO

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