La linea rossa – Unire tutte le forme di mobilitazione e di protesta nella lotta per costituire un governo d’emergenza popolare

Se questo paese non è affondato del tutto nonostante i capitalisti, i cardinali e il papa, i politicanti, i banchieri, gli speculatori e i lobbisti è solo perché milioni di persone lo tengono a galla con il loro lavoro, con il loro impegno, con le loro speranze – frustrate – di cambiamento.
E allora siano loro a imporre il capo del governo, i ministri, il programma e le misure per attuarlo!

Il 18 settembre, decine di migliaia di persone hanno raccolto l’appello degli operai della GKN e hanno manifestato a Firenze. Con la classe operaia alla testa di uno dei più grandi cortei degli ultimi 10 anni si è aperto l’autunno caldo.

L’11 ottobre si è svolto lo sciopero generale indetto dai sindacati di base, il primo unitario degli ultimi 20 anni. Non ha bloccato il paese, ma ha dato un segnale chiaro: oltre all’astensione dal lavoro (gli organizzatori parlano di un milione di adesioni), ci sono stati cortei e blocchi in decine di città.

Il 15 ottobre i portuali di Trieste hanno impresso una svolta alle mobilitazioni contro il Green Pass che pure andavano avanti in tutta Italia da fine luglio. I lavoratori ne sono diventati i protagonisti in tutto il paese: dai portuali ai metalmeccanici, ai facchini, ecc. Ben oltre Trieste, manifestazioni di svariate migliaia di persone si sono susseguite per giorni, in aggiunta a quelle “canoniche” del sabato pomeriggio.

Il 16 ottobre decine di migliaia di persone hanno risposto all’appello della CGIL a manifestare “contro il fascismo”. Al netto della strumentalizzazione filo-governativa che ne ha fatto il gruppo dirigente della CGIL (vedi articolo a pag. 11), la maggioranza di chi è sceso in piazza lo ha fatto per riaffermare i valori dell’antifascismo popolare e, in particolare gli organismi operai più avanzati, per ribadire la necessità dello sciopero generale contro Draghi.

Il 30 ottobre si è svolta la manifestazione nazionale a Roma contro il G20.

A quanto segnalato vanno sommate mobilitazioni “minori”, ma significative come
– la manifestazione per la sanità pubblica del 16 ottobre nell’Alto vicentino che ha visto 10mila persone in marcia in una cittadina di provincia;

– le manifestazioni di protesta contro l’affossamento del DDL Zan al Senato;

– i primi scioperi spontanei (indetti dalle RSU CGIL in modo autonomo rispetto ai gruppi dirigenti) contro la riforma delle pensioni al porto di Genova, alla Electrolux di Susegana (TV) e alla Piaggio di Pontedera.

Impazzano fra le file della sinistra borghese i tentativi e le argomentazioni per mettere una mobilitazione in contrapposizione con le altre: quelle “giuste” contro quelle “sbagliate”. All’opera i professionisti del benaltrismo (“aumentano le bollette e la benzina, bisogna protestare per quello, non contro il Green Pass” è un esempio dei loro cavalli di battaglia), sorpassati a destra solo dai vertici e degli apparati della CGIL e dell’ANPI che, in nome dell’antifascismo padronale, fanno scudo al governo Draghi.

Ma se si unisce ciò che hanno in comune tutte le mobilitazioni di questi mesi emerge chiaramente la linea rossa da seguire: incanalare tutte le forme di resistenza nella lotta per abbattere il governo Draghi.

La linea rossa, comune e unitaria di tutte le mobilitazioni si può sviluppare solo se al CONTRO si aggiunge il PER.

La principale – non l’unica, ma la principale – stampella del governo Draghi è la mancanza di un’alternativa chiara: cacciato Draghi, chi governa?

A patto che non si voglia affidare nuovamente il paese a Berlusconi o ai suoi figliocci oppure a Letta e a qualcun altro “diversamente di sinistra” la questione di chi deve governare va posta all’ordine del giorno.

Noi diciamo che il governo deve essere composto da personaggi che godono della fiducia degli organismi operai e popolari: gli organismi operai e popolari devono indicare il capo del governo, i ministri, il programma e le misure per attuarlo.

Principale obiezione: “è rischioso perché la massa di pecoroni indicherebbe Enrico Montesano, Stefano Puzzer e Gianluigi Paragone”.
Prima risposta: un qualunque Signor Nessuno scelto dalle masse popolari, nominato per acclamazione e controllato dalla rete di organizzazioni operaie e popolari che esistono nel paese, sarebbe di gran lunga più affidabile e responsabile di qualunque parassita che la borghesia “piazza” per i meriti che ha accumulato nel distruggere la vita di milioni di persone!
L’usciere dell’INPS, attivo politicamente e socialmente, è più affidabile e responsabile di Brunetta al Ministero della Pubblica Amministrazione!
Il facchino della logistica, attivo sindacalmente e socialmente, è più affidabile di Giorgetti al Ministero dello Sviluppo Economico e di Orlando al Ministero del Lavoro.
Il bidello della scuola media di periferia, attivo politicamente e socialmente, è più affidabile e responsabile di Bianchi al Ministero dell’Istruzione!
L’usciere, il facchino e il bidello attivi politicamente e socialmente sanno di cosa parlano, sanno quali sono i problemi nel mandare avanti una famiglia, sanno che non si possono barattare i diritti per tutti con i privilegi per pochi.

Seconda risposta: qualcuno crede davvero che le masse popolari siano così abbrutite, arretrate e ignoranti?
La parte organizzata delle masse popolari è quella che da anni, abbandonata dai partiti e dai sindacati di regime, difende i posti di lavoro, l’ambiente, la sanità e la scuola pubblica. È quella che nel 2001 era in piazza a Genova contro il G8 e nel 2003 a Roma contro la guerra. Ha votato in massa per l’acqua pubblica, per i beni comuni e contro il nucleare, è scesa in strada per difendere la Costituzione e ha bocciato la riforma Renzi nel 2016. È quella che oggi si vergogna di aver votato il M5S per “aprire il parlamento come una scatoletta di tonno” e “cambiare il paese”. Ha organizzato (o sostenuto) le brigate volontarie per l’emergenza durante la prima ondata della pandemia e porta cibo e coperte ai migranti che scampano alla morte nel Mediterraneo.
È la televisione, sono i giornali, è la classe dominante che mostrano sempre e solo l’aspetto peggiore, decadente, individualista e abbrutito delle masse popolari.

Ma se questo paese non è affondato del tutto nonostante i capitalisti, i cardinali e il papa, i politicanti, i banchieri, gli speculatori e i lobbisti è solo perché milioni di persone lo tengono a galla con il loro lavoro, con il loro impegno, con le loro speranze – frustrate – di cambiamento.
E allora siano loro a imporre il capo del governo, i ministri, il programma e le misure per attuarlo!

Se c’è chi vorrà approfittare della fiducia che gli viene accordata, farà direttamente i conti con chi lo ha indicato e acclamato. Con la stessa convinzione con cui è stato insediato, sarà cacciato. A differenza di Draghi, Brunetta, Berlusconi, Salvini, Letta, Meloni e Mattarella che rendono conto alla BCE, alla NATO e al Vaticano e non pagano mai il conto delle porcate che fanno sulla pelle dei lavoratori e delle loro famiglie!

Sarà facile? NO! Sarà un processo ordinato? NO! Sarà un processo pacifico? NO!

Ma è possibile. E anzi non c’è altra strada. Se qualcuno fra di voi, compagni e compagne, lettori affezionati o saltuari, vede un’altra strada realistica, ce lo faccia presente!
Discutetene con i colleghi di lavoro, con i famigliari, con gli amici, durante le manifestazioni, i presidi e le assemblee: per sostituire Draghi e il suo governo di sciacalli e affamatori, esiste un’alternativa alla costituzione di un governo che sia diretta espressione degli organismi operai e popolari? Esiste un’alternativa all’imporlo, al farlo ingoiare a forza a chi non ha orecchie che per il tintinnio del denaro che estorce, ruba e sperpera?
Discutere di questo non è una perdita di tempo rispetto alle mobilitazioni che incalzano. Le mobilitazioni che incalzano sono giuste, sono tutte giuste, ma affinché abbiano un peso, bisogna che portino nella stessa direzione. Bisogna che marcino insieme. Dobbiamo farle marciare insieme!

Rimane una questione: il programma. Ci vorranno mesi per definire il programma di un governo di emergenza popolare? No. I punti generali sono pochi, i principali fra di essi sono:

– salvaguardia dei posti di lavoro esistenti: blocco dei licenziamenti in tutti i settori, introduzione di un salario minimo, divieto di chiudere o delocalizzare le aziende funzionanti, conversione delle aziende in difficoltà o inquinanti; nazionalizzazione delle aziende che i capitalisti (siano essi persone fisiche o fondi di investimento) abbandonano o avviano a morte lenta, esproprio delle aziende la cui proprietà rifiuta di attenersi alle disposizioni di legge in materia di sicurezza e riconversione (vedi Autostrade, ex-ILVA, ecc.);

– creazione di nuovi posti di lavoro utili e dignitosi: assunzione diretta di tutti i lavoratori precari, intermittenti, a chiamata e con contratto di collaborazione (abolizione di tutti i contratti che regolano e istituzionalizzano il precariato) in tutti i settori di pubblica utilità. Nuove assunzioni nella Pubblica Amministrazione: nell’istruzione (asili, scuola università), nella sanità (“mancano 100mila infermieri” ammettevano nel marzo 2020 i pennivendoli della borghesia e dopo un anno e mezzo non ne è stato assunto nessuno!), nei servizi per gli anziani, per la cura del territorio e le bonifiche, nei trasporti. Blocco di tutte le grandi opere inutili e dannose e realizzazione della miriade di piccole opere necessarie;

– rifondazione, attraverso il lavoro, del Sistema Sanitario Nazionale a partire dalla rete capillare delle USL e dal rafforzamento della sanità pubblica, e del sistema di istruzione pubblica universale;

– affermazione della sovranità nazionale attraverso la rottura della sottomissione al Vaticano, alla UE e alla NATO;

– epurazione in ogni ambito della Pubblica Amministrazione (burocrazia, Forze dell’Ordine e Forze Armate) di quei soggetti direttamente collusi con la classe dominante. Imparino a guadagnarsi da vivere lavorando. O vadano a rifugiarsi a Miami.

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