Pubblichiamo l’intervista rilasciata dalla Brigata volontaria per l’emergenza “Giovani in Solidarietà” (d’ora in poi GINS) di Colle Val d’Elsa in provincia di Siena. Il collettivo, nato la scorsa primavera sull’onda dell’emergenza sanitaria per far fronte alla crisi economica e sociale che ha investito anche la Valdelsa, racconta alla nostra Agenzia Stampa “Staffetta Rossa” come si è sviluppato il suo intervento alla luce del silenzio istituzionale circa le problematiche legate alla questione lavorativa e abitativa raccolte da GINS e in vista delle elezioni regionali svoltesi in Toscana lo scorso settembre.
L’intervista mira a far emergere le ragioni che hanno portato l’organizzazione, nata per contrastare la gestione scellerata dell’emergenza sanitaria messa in atto dal Governo Conte 2 e avallata dall’amministrazione regionale e comunale, ad inserirsi attivamente nella campagna elettorale e ad incontrare i candidati di tutte le forze politiche, che a suon di promesse, si sono contesi un posto in consiglio regionale. È proprio a partire da queste promesse che GINS ha strutturato il suo intervento mettendo alla prova i candidati che vantavano soluzioni ai problemi dei lavoratori e delle masse popolari praticabili però solo una volta eletti. È in questa contraddizione che GINS si è inserito, forte dell’inchiesta avviata nei mesi scorsi, che ha fatto emergere le criticità più diffuse tra i cittadini e le misure immediatamente adottabili per far fronte all’emergenza. La Brigata ha così acceso i riflettori sulla Valdelsa impedendo di fatto la strumentalizzazione di GINS da parte dei candidati che si sono trovati inevitabilmente davanti ad un bivio: mettersi al servizio dei lavoratori e delle masse popolari per mettere mano alle misure che servono anche prima di essere eletti oppure, smascherarsi davanti agli elettori, dimostrando l’inconsistenza dei buoni propositivi paventati in campagna elettorale.
Al termine dell’intervista GINS ci parla invece degli insegnamenti che l’esperienza dei mesi precedenti e dello “sciopero alla rovescia” hanno portato al collettivo e che hanno avuto ripercussioni sul coinvolgimento delle famiglie, che attivandosi sono diventate protagoniste della lotta per attuare quelle stesse misure che rivendicavano all’amministrazione locale. Con questa intervista la nostra Agenzia Stampa vuole portare un contributo al dibattito circa il futuro delle Brigate volontarie per l’emergenza nell’ottica di elevare il confronto e avanzare verso la costruzione del coordinamento tra le tante realtà che si sono organizzate nel nostro paese e che si sono poste come la reale alternativa alle istituzioni che per tutelare gli interessi della borghesia e dei padroni hanno provato ad eliminare quanto restava ancora dei diritti fondamentali, quali il lavoro, la salute e l’istruzione e delle libertà individuali e collettive. Questa nuova ondata di contagi ha scoperchiato ancora di più gli interessi tutelati dalle misure imposte dal Conte 2, ma ha anche dimostrato che solo i lavoratori e le masse popolari organizzate possono diventare e stanno diventando le nuove autorità pubbliche in grado di invertire il corso delle cose.
***
1. Come brigata Giovani in Solidarietà avete partecipato attivamente alla campagna elettorale per le elezioni regionali del 21 e 22 settembre. Ci spiegate il senso di questo intervento? Quali obiettivi vi eravate posti e che cosa avete ottenuto?
Il nostro intervento nella campagna elettorale è nato dalla volontà di mettere alla prova i vari candidati locali e vedere chi, fra di loro, fosse davvero intenzionato ad appoggiarci e ad agire subito, mantenendo le promesse fatte. Alcuni fra loro si sono interessati alla nostra causa e si sono dichiarati disponibili ad aiutarci (ma un mero appoggio non è sufficiente, è necessario dimostrare concretamente il loro intervento); altri, invece, hanno dimostrato ben poca sensibilità. Già sapevamo che non avremmo raccolto aiuti concreti da tutti i candidati, perché siamo consapevoli che durante la campagna elettorale è più facile mettersi in gioco a parole, piuttosto che agire concretamente, come noi abbiamo chiesto loro. In virtù di questo, concepiamo la campagna elettorale e quindi il rapporto con le istituzioni uno strumento funzionale per rafforzare la nostra attività, anche se l’elemento più importante rimane il dialogo con le famiglie e la spinta che diamo loro. Al termine delle elezioni siamo rimasti in contatto con alcuni candidati, che spingiamo a sostenere le nostre iniziative e rivendicazioni. Infatti, non miravamo a mettere alla prova i candidati nel contesto circoscritto della campagna elettorale ma vogliamo che le promesse fatte vengano portate a compimento. Se vorranno mettersi al servizio della Brigata e quindi soprattutto delle famiglie, gliene renderemo conto e se al contrario mostreranno di non interessarsi alle fasce più deboli, li smaschereremo pubblicamente.
2. Il rapporto tra Brigate e istituzioni borghesi è uno dei temi più dibattuti, sin dall’inizio di queste esperienze. Alcune pensano che non si debba avere alcun rapporto con esse perché il rischio è quello della strumentalizzazione. Ebbene, sulla base della vostra esperienza come rispondete a questa obiezione?
L’operato di Giovani in Solidarietà nasce in pieno lockdown quando il sindaco di Colle Val d’Elsa, non riuscendo a farsi carico delle famiglie più in difficoltà economica, mandava i contatti delle suddette a noi ed altre realtà che si occupavano di assistenza logistica e alimentare. Quindi, fin da subito nella nostra Brigata abbiamo sperimentato il rischio della strumentalizzazione: sarebbe stato possibile cadere nelle mani delle istituzioni e diventare dei burattini, che si limitavano a sopperire alle loro mancanze. Dal momento che volevamo in ogni modo evitare ciò, abbiamo subito adottato dei comportamenti mirati a giudicare in modo critico l’operato delle istituzioni. Per fare questo è stata necessaria un’inchiesta, al fine di cogliere le falle del sistema e proporre soluzioni concrete alle problematiche più diffuse. In questo senso, tramite dei questionari, abbiamo capito i bisogni più comuni delle famiglie e abbiamo individuato delle possibili soluzioni. Molti di quest’ultimi si possono risolvere con interventi da parte dell’amministrazione e per questo motivo l’abbiamo spesso sollecitata, mostrandole i problemi e proponendole i nostri spunti. Il nostro scopo, infatti è quello di aiutare le famiglie che seguiamo, risollevare la loro situazione ed emanciparle: se il Comune (come qualsiasi altra forza politica) si prendesse davvero la responsabilità di fare ciò che gli spetta, ben venga!
3. Durante la campagna elettorale vi siete interfacciati anche con candidati della Lega e di Fratelli d’Italia: qualcuno potrebbe chiedersi i motivi di questa scelta che cosa rispondete?
Giovani in solidarietà nasce come un gruppo a-partitico, che non prende posizioni per nessun partito esistente, abbiamo dei princìpi e dei valori su cui ci basiamo. Il nostro intervento sulla Lega e Fratelli d’Italia si spiega nell’ottica che abbiamo voluto spingerli a dare un sostegno concreto che vada oltre le parole, alla Brigata di Solidarietà. Abbiamo quindi fatto lo sforzo di “tapparci il naso” e di basarci su quello che i candidati e i relativi partiti ci avrebbero dimostrato, sottolineando che l’aiuto al nostro gruppo non avrebbe portato la loro bandiera, ma sarebbe stato il mantenimento delle promesse fatte in campagna elettorale.
4. Nell’ambito dell’intervento sui candidati avete valorizzato una consigliera del M5S facendole presentare alcune mozioni. Il rischio di un’operazione simile non è quella di affidare a esponenti borghesi le lotte della Brigate e quindi di farsi strumentalizzare o di far mettere il cappello sulle vostre lotte a un qualsivoglia esponente politico?
Durante la campagna elettorale, abbiamo incontrato un candidato al consiglio regionale del M5S e gli abbiamo chiesto cosa il suo partito avesse intenzione di fare per sostenere fin da subito la brigata. In seguito a questo intervento, ci ha contattati una consigliera comunale del M5S con la quale abbiamo dialogato per portare in consiglio comunale un’interrogazione e una mozione. La prima chiedeva:
-
una richiesta di chiarimento sull’effettiva erogazione, in che quantità e su quali criteri, dei bonus spesa durante il lockdown;
-
se ci fosse la volontà di prorogare i bonus spesa, dato che l’emergenza è ancora in atto;
-
se ci fosse la volontà di rimettere in sesto alcune case popolari al momento non agibili per far fronte all’emergenza abitativa;
-
se ci fosse la volontà di realizzare dei bandi pubblici per svolgere dei lavori utili da retribuire, utilizzando una parte di fondi già individuati, per far fronte al problema della disoccupazione.
Con quest’operazione miravamo a “mettere alla prova” gli esponenti del M5S, che, a parole, si dicono diversi dagli altri partiti. Noi però non giudichiamo nessun politico dalle parole o dalle promesse, lo giudichiamo dai fatti. Il nostro obbiettivo era quello di spingerli a scegliere se mettersi dalla parte delle brigate, delle famiglie in difficoltà economica e dei lavoratori oppure da quella di chi sfrutta.
Se gli esponenti del M5S (come, del resto, quelli di qualunque altro partito) non si metteranno subito a lavorare per adottare le misure necessarie per i cittadini in difficoltà, non avremo difficoltà a smascherarli pubblicamente davanti agli elettori. Se invece questi vorranno realmente mettere in atto ciò che serve per far fronte alla crisi (e ci rendiamo conto che questo, in qualche modo, significa “rompere” con lo stato di cose presenti), avranno il sostegno non solo nostro, ma anche delle famiglie che stiamo seguendo.
Se operiamo in quest’ottica (quindi chiedendo conto ai consiglieri in questione della responsabilità che si sono assunti nei confronti dei cittadini colligiani) pensiamo che si possa evitare il rischio di essere strumentalizzati. Dobbiamo anzi ribaltare l’ottica: siamo noi a concepire questi consiglieri come degli “strumenti” per rafforzare la nostra organizzazione, stando attenti a tenere sempre il “bandolo della matassa” e a conservare un’autonomia ideologica.
5. Siete reduci da un’esperienza importante e innovativa e cioè lo sciopero al contrario. Quali erano gli obiettivi di questa iniziativa? Cosa avete ottenuto e come pensate di rilanciare?
L’esperienza dello sciopero al contrario promosso dalla nostra brigata e tenutosi lo scorso 26 Settembre rientrava innanzitutto nell’ottica di ampliare il nostro campo di intervento, al fine di non limitarlo unicamente alle attività di raccolta e distribuzione di generi alimentari, ma elevarlo di qualità facendo un passo in più, nella costruzione e rafforzamento di quel centro di aggregazione e mobilitazione territoriale che Gins si propone di diventare. Infatti nell’organizzazione dello sciopero al contrario abbiamo messo al centro le famiglie che durante la quarantena avevamo sostenuto; molte delle quali si trovano ancora oggi in condizioni di precarietà economica soprattutto per la mancanza di un posto di lavoro, quindi ci siamo serviti dello sciopero al contrario, un mezzo comune di rivendicazione, per dimostrare innanzitutto a tutti i partecipanti, ma soprattutto all’amministrazione comunale che il lavoro esiste, nel senso che molte sono le attività di riqualificazione dei quartieri che possono essere messe in pratica e di cui il Comune dovrebbe farsi promotore, smentendo in primis quindi il senso comune che porta a pensare che le persone non abbiano voglia di lavorare. L’iniziativa ha avuto un forte riscontro positivo perché ha dimostrato la compattezza delle famiglie nel portare fino in fondo questa esperienza; tutti si sono attivati nello svolgere simbolicamente quel giorno delle attività di pulizia nella piazza centrale della città, ma soprattutto hanno dato la chiara dimostrazione che non vogliono unicamente ricevere sussidi dal comune, campando per così dire di rendita, bensì vogliono poter avere anche loro il riconoscimento del diritto al lavoro e ad una vita dignitosa, di cui al momento sono privi, rendendosi disponibili a lavorare, ricoprendo con le loro capacità, posizioni lavorative che al momento non esistono oppure sono sospese. L’altro aspetto positivo che abbiamo ottenuto da questa iniziativa è stata la partecipazione delle stesse famiglie, attivatesi per lo sciopero al contrario, al consiglio comunale, dove si è cercato di avere un confronto con il sindaco e i vari assessori mettendo di nuovo al centro la questione del lavoro, della necessità che il Comune manifesti la volontà politica di sostenere in maniera più efficace tutta quella parte della popolazione che ad oggi fatica ad arrivare a fine mese, creando posti di lavoro e retribuendo coloro che si attivano per svolgere lavori socialmente utili, di cui il Comune in primis dovrebbe farsene carico. Nonostante la prevedibile opposizione del sindaco e di tutta la Giunta comunale alle nostre richieste, pensiamo comunque che sia necessario continuare ad organizzare giornate dedicate agli scioperi al contrario, anzi oltre che perseverare in queste attività riteniamo che, come passo successivo, sia necessario che le famiglie intercettate costituiscano un comitato di disoccupati e precari, assumendo così autonomia nel compiere la loro azione di rivendicazione di un posto di lavoro, svolgendo anche attività più incisive e strutturate.
6. Che tipo di consigli vi sentite di dare ad altre Brigate per sostenere l’attività e svilupparne il lavoro sulla base degli insegnamenti che avete ricavato dagli ultimi mesi di attività?
Per quanto riguarda l’organizzazione:
-
Partire dal presupposto che chiunque è “valorizzabile”, fare tesoro del contributo di tutti, grande o piccolo che esso sia;
-
Suddividere i ruoli all’interno della brigata in modo che non tutti siano costretti a fare tutto. Ad esempio, noi abbiamo un tesoriere, una compagna che si occupa dell’organizzazione dei banchetti alimentari, una dell’intervento sulle fabbriche, uno della propaganda, una dell’Unione Inquilini…
-
Apartiticità e stare attenti ad evitare strumentalizzazioni;
-
Ricercare un confronto e una collaborazione con le tante associazioni e realtà nate dal basso che operano sul nostro territorio e sono da sempre in prima linea per il sostegno dato ai cittadini.
-
Diventare un punto di riferimento per i cittadini e per le famiglie che aiutiamo organizzando anche dei momenti di aggregazione e di socialità.
Per quanto riguarda le modalità di intervento, consigliamo di muoversi su due binari: sia “dal basso”, quindi non solo assistendo, ma anche coinvolgendo le famiglie che seguiamo nelle attività puntando ad emanciparle (un’attività che va in questo senso è quella dello sciopero al contrario), sia intervenendo sulle istituzioni (ad esempio, noi abbiamo organizzato un presidio davanti al consiglio comunale) per spingere le varie figure politiche a fare quello che serve alla cittadinanza oppure smascherare il fatto che non hanno intenzione di farlo.
Una pratica fondamentale è l’inchiesta: è importante monitorare bene sia le condizioni delle famiglie che aiutiamo che i quartieri in cui operiamo (attraverso, per esempio, l’utilizzo di questionari) per capire meglio quali sono le problematiche specifiche e come intervenirci.
Per quanto riguarda delle possibili linee di sviluppo per l’attività futura, pensiamo sia importante intervenire su:
-
Sanità: organizzare distribuzioni gratuite di mascherine e gel igienizzante alla popolazione; dare sostegno ai lavoratori della sanità incentivandoli a denunciare cosa non va sul loro posto di lavoro e solidarizzare con quelli colpiti da repressione per gli obblighi di fedeltà aziendale.
-
Diritto alla casa: organizzare un censimento delle case popolari al momento non utilizzabili perché fatiscenti e imporre la loro risistemazione (rivendicando la creazione di posti di lavoro per disoccupati che possano svolgere quest’attività); fare un censimento degli immobili sfitti impiegabili; lottare per la proroga del blocco degli sfratti.
-
Lavoro: scioperi al contrario, a cui dare continuità tramite la creazione di comitati di disoccupati che individuino una lista di lavori che servono; sostegno agli operai di aziende che rischiano la chiusura e ai baristi e ristoratori che si stanno mobilitando.
-
Diritto allo studio: adibire delle aule studio in circoli o case del popolo in caso di DaD, nessuno studente deve essere lasciato da solo.