31.01.19

Riproduciamo di seguito l’intervista a Zaria Galiano, attivista del Comitato Immigrati in Italia di Roma, organismo attivo dal 2002 nel promuovere l’auto-organizzazione e la mobilitazione delle comunità di lavoratori immigrati contro le leggi di persecuzione degli immigrati varate negli ultimi decenni dai governi delle larghe intese e per la conquista dei diritti.  Le risposte della compagna sono un bagaglio utile di informazioni per i lavoratori italiani che vogliono conoscere il movimenti dei lavoratori immigrati in Italia. In secondo luogo proponiamo questa intervista ai nostri lettori e alle organizzazioni operaie e popolari perché spiega l’importanza di adottare una corretta concezione dei movimenti migratori che scaturiscono dalla crisi generale del capitalismo e dal corso disastroso che innesca. Vedere negli immigrati i “fratelli di disgrazia” o i “soggetti da accogliere” (nel criminale sistema d’accoglienza costruito ad arte per alimentare profitti e degrado), come recitano gli epigoni di Bergoglio, capo di un’organizzazione, la Chiesa di Roma, fedele alleata dei gruppi imperialisti USA, UE  e sionisti che con le loro scorribande sono i veri artefici dei movimenti migratori. Oppure  lavoratori e potenziali compagni di lotta dei lavoratori italiani nella lotta per farla finita con la classe dominante del nostro paese, La risposta di Zaria e quella del Partito dei CARC, è ovviamente la seconda e dall’intervista emerge bene che è così concependo “il fenomeno immigrazione” che oggi il movimento delle organizzazioni operaie e popolari,

  • sottrae terreno alle soluzioni fittizie e “a buon mercato” offerte dalla politica borghese (la diatriba sul respingere o accogliere, porti chiusi o porti aperti) ai problemi e alle contraddizioni che i movimenti migratori creano,
  • pone le basi per l’unica vera integrazione degli immigrati nel nostro paese, cioè l’alleanza ai lavoratori italiani nella lotta per un lavoro utile e dignitoso ed in definitiva per farla finita con il regime della Repubblica Pontificia, l’alleanza di Vaticano, Organizzazioni Criminali e imperialisti USA la cui sopravvivenza è anche l’ostacolo da rimuovere perché tale rivendicazione diventi realtà,
  • permette di trattare le contraddizioni che i movimenti migratori creano e di distinguere al loro interno tra chi appartiene al campo della borghesia (chi emigra nel nostro paese per accrescere il proprio capitale, sia esso uno sceicco arabo, un capitalista cinese o un boss di un organizzazione criminale) e chi a quello del proletariato (chi emigra nel nostro paese per lavorare) e tra quelli che appartengono al campo del proletariato, le tendenze avanzate (le tendenze alla lotta , all’organizzazione, alla solidarietà di classe) da quelle arretrate (le tendenze alla guerra tra poveri, ecc.).

Dalla Dichiarazione Generale del V Congresso del Partito dei CARC. Milioni di uomini e donne sono oggi costretti dal dominio e dallo sfruttamento del sistema imperialista ad abbandonare il loro paese e ad emigrare. Una piccola parte di essi emigra in Europa e negli USA dove la loro miseria si aggiunge alla miseria dei lavoratori e dei giovani locali che i capitalisti e le loro autorità estromettono e tengono fuori dal sistema produttivo e dall’attività sociale e nel migliore dei casi tengono in vita con ammortizzatori sociali e opere di carità. La persecuzione dei migranti poveri è di vecchia data e parte integrante del “programma comune” delle Larghe Intese (da Prodi a Berlusconi), non comincia con il governo M5S-Lega e con il decreto sicurezza del ministro Salvini. Il governo Gentiloni (con Minniti ministro degli Interni) ha attuato le misure decise dal governo Renzi, sostenute in questi anni, pur lamentandosi e recalcitrando, dai nemici personali di Renzi (Bersani & C). Il Vaticano ha sempre avallato la linea dei vari governi contro i migranti come ha sempre avallato quella contro le masse popolari italiane. Oggi fa finta di fare opposizione alla politica antimmigrati di Salvini, ma evita in tutti i modi di mettere al servizio dell’accoglienza degli immigrati le sue risorse, le sue strutture e i suoi palazzi.

Anche di fronte all’emigrazione, in definitiva l’unica soluzione positiva per le masse popolari italiane è l’instaurazione del GBP e la trasformazione socialista del sistema sociale. Non vi sono alternative. Stante la crisi in corso, la mobilitazione reazionaria delle masse popolari (la guerra tra poveri, la guerra tra popoli) è la via obbligata di chi cerca di mantenere in vita l’attuale sistema sociale. La mobilitazione reazionaria e la mobilitazione rivoluzionaria sono due vie alternative, in concorrenza e antagoniste, entrambe possibili sulla base delle condizioni imposte dalla crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale. Per questo motivo dobbiamo spingere principalmente sulla lotta contro la borghesia e le autorità della Repubblica Pontificia e contro il degrado generale a cui sono costrette le masse popolari italiane e immigrate, partendo dall’applicazione delle parti progressiste della Costituzione, dalla lotta per un lavoro utile e dignitoso per tutti e un reddito conseguente per tutti quelli che lavorano. Questa è la strada per prevenire la mobilitazione reazionaria e favorire quella rivoluzionaria.”

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Zaria Galiano, parlaci della storia del Comitato Immigrati in Italia e delle battaglie che porta avanti.

Il comitato nasce nel 2002 come insieme di organizzazioni di immigrati provenienti da varie parti del mondo, attive in campo politico, culturale, sociale, ecc.. All’inizio eravamo molto più attivi e più numerosi che ora. In quella fase la lotta principale che riguardava gli immigrati era quella per il permesso di soggiorno. A quel tempo il problema riguardava anche immigrati rumeni, polacchi e di vari paese dell’est Europa che oggi fanno parte dell’UE e non hanno più bisogno di mobilitarsi per quel tipo di problema. Il Comitato ha promosso importanti mobilitazioni anche di livello nazionale su questo tema. Il comitato è nato sulla base della rivendicazione del permesso di soggiorno e dall’esigenza, che ad un certo punto maturò tra molte comunità immigrate, di mobilitarsi direttamente per i propri diritti, perché gli italiani potevano rappresentarci fino ad un certo punto. I lavoratori immigrati dovevano scendere in campo direttamente e l’hanno fatto. Dovevamo esserci noi nelle piazze a dire quali erano i nostri problemi. Tutto ciò che abbiamo conquistato lo abbiamo fatto grazie alla nostra mobilitazione. Ci sono stati tanti immigrati che sono stati all’interno di vari partiti sia di sinistra che di destra ma non è certo questo ad averci fatto fare passi in avanti. Dopo che con gli anni molti immigrati hanno acquisito il permesso di soggiorno c’è stata difficoltà a mobilitarli su altri temi e per questo la nostra attività si è ridimensionata.

Ad ogni modo il comitato continua ad essere attivo e continua ad essere un punto di collegamento tra comunità immigrate a Roma, ad esempio lavoriamo molto con i compagni filippini e dello Sri Lanka.

Quali sono a tuo avviso le principali battaglie che coinvolgono i lavoratori immigrati come lavoratori e come cittadini?

Il comitato ha sempre messo al centro  l’organizzazione dei lavoratori immigrati. Perché quanti emigrano in Italia sono principalmente ed in grandissima maggioranza lavoratori, lavoratori internazionali. L’unico appellativo che noi vogliamo è questo. In quanto lavoratori non abbiamo bisogno di essere accolti ma di lavorare e avere diritti sul posto di lavoro. Bisogna uscire dall’ottica del “fenomeno migratorio” e da letture che complicano le cose, perché la realtà è semplice: i lavoratori immigrati vengono nei paesi capitalisti perché al capitale serve manodopera a basso costo e sono le condizioni esistenti nei loro paesi d’origine a costringerli a venire in paesi come l’Italia.  Non veniamo in Italia, per così dire, “di proposito”. Noi chiediamo che agli immigrati vengano riconosciuti i diritti dei lavoratori internazionali, sanciti da convenzioni che ci sono dal 1975. La sinistra italiana e i lavoratori italiani devono comprendere che la battaglia principale su cui devono sostenere gli immigrati è quella per la conquista dei loro diritti come lavoratori.

Non c’è nessun “fenomeno migratorio” da comprendere e nessuna accoglienza da fare. C’è bisogno di capire che il lavoro degli immigrati è funzionale al capitale e che la battaglia principale da combattere è sul piano dei diritti sul posto di lavoro e di conseguenza come cittadini.

E’ scontato che fra me e una lavoratrice italiana non ci sono differenze, la differenza c’è fra me e la lavoratrice italiana da un lato e chi detiene i mezzi di produzione dall’altro lato. E’ questa la differenza che va fatta valere e che va affrontata. La sinistra da questo punto di vista ci intralcia la strada con la rincorsa a Salvini: lui dice che siamo criminali e noi tutti li a dire “no non è vero sono brava gente”; lui parla dei barconi e noi li a dire: ma loro scappano dalle guerre, ecc.. Non andremo da nessuna parte a colpi di risposte a Salvini. Non è questo quello che serve.

Dobbiamo rovesciare il punto di vista e iniziare a parlare degli immigrati che lavorano, quelli che vanno a scuola, quelli che aprono i negozi, che accudiscono gli anziani…il problema è che questa parte dell’immigrazione nel nostro paese, quella preponderante, spesso non la facciamo vedere nemmeno noi, per l’abitudine della sinistra di passare il tempo a rincorrere Salvini e le stupidaggini che dice..ma in questo modo non andiamo da nessuna parte. Altroché Salvini, bisogna parlare di organizzare la lotta dei lavoratori immigrati per i loro diritti sul posto di lavoro, bisogna parlare di organizzare la lotta per una vita dignitosa dei lavoratori immigrati, ad esempio per il diritto allo Ius Soli di gente che sta in Italia da 30 40 anni, deve prendere la pensione e non gli vengono riconosciuti i diritti di cittadinanza.

Le lotte dei lavoratori immigrati nel settore della logistica hanno fatto scuola.  Quale contributo possono dare i lavoratori immigrati alla lotta dei lavoratori italiani nelle aziende e nei posti di lavoro in generale?

Certo, vediamo infatti quanto fa paura la lotta dei lavoratori immigrati nella logistica. Salvini ci ha addirittura fatto un decreto (il decreto sicurezza) che va ad inasprire le pene previste per uno dei principali metodi di lotta di quei lavoratori, il blocco stradale.

I lavoratori immigrati sono un potenziale per lo sviluppo della lotta di classe in Italia. Pensa ad un eventuale sciopero delle badanti e delle baby sitter…nessuno potrebbe andare a lavoro perché non ci sarebbe nessuno ad accudirgli i figli, le nonne, ecc. Inoltre sarebbe una lotta utile anche per le tante donne italiane che fanno questo lavoro senza nessun tipo di tutela. Noi abbiamo poco da perdere. Io sono venuta qui che non avevo niente, nemmeno un letto. Non ho problemi a dovermi di nuovo riconquistare tutto se questo servisse a dare a tutti maggiori diritti. Noi abbiamo passato un esperienza dura che è quella di dover lasciare il proprio paese di origine e siamo disposti oggi a lottare per continuare a conquistare quello che non abbiamo, dopo aver imparato una lingua, dopo aver conquistato i mezzi per vivere. Bisogna ancora rendersi conto del potenziale di lotta dei lavoratori immigrati, che molto spesso tra l’altro sono persone che nel proprio paese hanno già avuto esperienze politiche.

Oggi esiste anche un movimento di solidarietà verso gli immigrati che arrivano nel nostro paese. Sono molte e diffuse le iniziative di tipo mutualistico ed assistenziale. Per il P.CARC questo genere di attività non si riduce a beneficenza e attività caritatevole solo se serve a promuovere l’organizzazione e la mobilitazione dei lavoratori immigrati insieme a quelli italiani nella lotta per un lavoro utile e dignitoso. Secondo te attraverso quale percorso è possibile incanalare queste attività nella costruzione di un movimento con queste caratteristiche?

Dobbiamo cambiare i nostri metodi. Le idee le abbiamo e anche la volontà. Dobbiamo far capire ai lavoratori immigrati che conquistato il permesso di soggiorno o l’accoglienza bisogna lottare per il diritto allo Ius Soli, di cui nessuno parla. Fra qualche anno sarà un grosso problema, ci ritroveremo milioni di ragazzi (adesso già sono quasi 800 000) che non saranno ne di qua ne di la, a cui lo Stato ha pagato tutta la scuola, li ha formati ma nonostante ciò avranno un passaporto straniero, non potranno iscriversi ad un albo professionale e avere tutti i diritti di un cittadino italiano, perché non hanno la cittadinanza italiana, ecc. Una vera e propria situazione di discriminazione razziale verso milioni di lavoratori che d’altro canto non potranno recarsi altrove perché sono cresciuti qui. Il problema già oggi esiste ed esploderà in proporzioni ancor più grandi quando i ragazzini di oggi andranno a lavorare. Andranno a fare concorrenza a quelli che sono stati i loro compagni di scuola, perchè a parità di competenze io che non ho la cittadinanza italiana costo molto meno e ho le stesse capacità di un mio coetaneo italiano che come azienda sei costretto ad assumere con maggiori tutele e garanzie rispetto a quelle che puoi permetterti di non dare a me. Insomma si andranno ad acuire le contraddizioni che alimentano la guerra tra poveri tra italiani ed immigrati. Da questo punto di vista lo hanno studiato bene il sistema… Lo Ius Soli non interessa alla sinistra perché per rincorrere Salvini c’è bisogno di rincorrere il luogo comune “degli immigrati neri che vengono con i barconi” ma non dei lavoratori, dei giovani studenti, della mobilitazione che potrebbero sviluppare per conquistare diritti come cittadini e come lavoratori (che è l’unica cosa che serve anche a chi viene con i barconi!)..

Però la stessa esperienza del comitato dimostra che basare tutto su una singola rivendicazione provoca un reflusso nel momento in cui la si ottiene ( come è stato ad esempio in passato per la rivendicazione del permesso di soggiorno) o nel momento in cui quella rivendicazione non trova soddisfazione nonostante  numerose mobilitazioni (come è avvenuto per tanti movimenti rivendicativi attivi nel nostro paese nell’ultimo decennio: es. le lotte contro le riforme della scuola e dell’università). Come fare a fronte a questo problema?

Certo questo problema esiste. L’aspetto principale per cui promuovere un movimento sul tema dello Ius Soli è che sarebbe una scuola di lotta importante, un modo per elevare la coscienza e l’organizzazione degli immigrati e portarli ad occuparsi anche degli altri problemi che vivono (il lavoro, la casa, la scuola, la sanità). In un momento del genere è necessario dare parole d’ordine chiare e immediate ed utilizzarle per elevare il livello della mobilitazione e della coscienza delle persone. L’immigrazione positiva quasi nessuno la conosce e nessuno parla dei numeri veri, dei numeri importanti: quante case sono affittate a stranieri, quanti negozi vengono aperti dagli stranieri. In Italia gli immigrati contribuiscono per il 10% al PIL del paese. E’ tanto! E 9 miliardi in tasse che gli immigrati versano allo Stato Italiano sono un sacco di soldi. Che poi di questi ce ne ridanno solo 3. Salvini mente dalla mattina alla sera quanto dice che noi “costiamo”. Numeri alla mano ti dico che gli rimangono 6 miliardi in tasca, quindi? Quindi Salvini ci sta ingannando. Parlare di cittadinanza e Ius Soli oltre che una scuola di lotta per i lavoratori immigrati sarebbe anche un ottimo modo per fare chiarezza tra i lavoratori italiani sulla vera immigrazione e su ciò che comporta effettivamente per il paese.

Ultima domanda: oggi la destra reazionaria sfrutta il degrado sociale in cui versa il paese e di cui gli immigrati sono vittime e agenti per portare avanti una campagna sulla sicurezza che vi addita come responsabili del degrado. Lasciare cavalcare a Salvini e alla destra la rivendicazione del diritto a vivere in sicurezza oppure è compito dei comunisti e delle organizzazioni operaie e popolari mettersi essi alla testa di questa rivendicazione, farne terreno per l’organizzazione dei lavoratori immigrati al fianco dei lavoratori italiani e dirigerla contro i veri responsabili del degrado?

 

Non va lasciato a Salvini questo tema. Intervenirci è un lavoro necessario e indispensabile. Vivere nel degrado significa vivere nell’odio e più il degrado aumenta più la situazione può farsi pericolosa per gli immigrati e non. Tuttavia è un lavoro certosino da fare nelle piazze e nelle strade e richiede forze. Certo è che se le poche forze che abbiamo le utilizzassimo meglio riusciremo anche a farle iniziative che vanno in questo senso. Invece perdiamo tempo a fare delle assemblee per dirci ciò di cui tutti siamo già convinti. Io credo che sia possibile. Il punto di inizio è organizzare i lavoratori a livello capillare, nelle aziende come nei quartieri.

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