In Liguria le larghe intese sono minoranza

Organizzare la maggioranza!

Lo scorso 27 ottobre si svolte le elezioni regionali in Liguria. Nuovo presidente della regione è il candidato del centrodestra Marco Bucci con 290mila voti che corrispondono al 48,8% dei votanti e al 21,6% degli aventi diritto che in Liguria erano un milione e 340mila.

Dietro Bucci è arrivato Andrea Orlando, candidato del centrosinistra, che ha raccolto 282mila preferenze che corrispondono al 47,4% dei votanti e al 21% degli aventi diritto.

Vincitrice reale delle elezioni è l’astensione arrivata sopra il 54%. Questo vuol dire che 723mila liguri non hanno votato. E vuol dire che oramai le forze delle larghe intese, pur sommando tutti i loro 572.000 consensi, governano pur essendo in netta minoranza.

Chi non è riuscito a intercettare, raccogliere e organizzare il voto degli astenuti sono, quindi, soprattutto le forze e le liste che si sono presentate in alternativa ad esse. In particolare la lista Uniti per la Costituzione di Nicola Morra, la lista Pap, Pci e Prc con candidato Nicola Rollando, ma anche quelle del Pcl e Dsp.

Nessuna di queste forze è riuscita a usare la campagna elettorale per rafforzare la mobilitazione operaia e popolare e – soprattutto – per rafforzare il ruolo di chi la promuove e organizza. Non è stata presentata una lista che raccogliesse fino in fondo e rendesse terreno di lotta e di mobiltazione le principali rivendicazioni operaie e popolari. Una lista che perseguisse l’unità delle forze anti larghe intese, la definizione di programmi di rottura e la loro traduzione in azioni di rottura, che promuovessero organizzazione, coordinamento e irruzione delle masse popolari nella campagna elettorale.

Anche lo sforzo unitario fatto da Pap, Prc e Pci non ha pagato perché esso da solo non basta. Lo sforzo unitario deve poggiare sull’elaborazione di un programma radicale e sulla conduzione di iniziative radicali, in modo da usare con spregiudicatezza le elezioni.

Ma non basta crogiolarsi nel dato dell’astensione. Appena ne hanno occasione, le masse popolari manifestano il malcontento verso la classe dominante e la ribellione verso il suo sistema politico. L’astensionismo galoppante ne è stata, per l’ennesima volta, una dimostrazione.

La tendenza in atto da anni è che le elezioni borghesi, siano esse di carattere locale o nazionale alimentano l’instabilità e aggravano la crisi politica del sistema della classe dominante. È un sintomo specifico della malattia di quella che viene spacciata per “democrazia borghese”, ma che in realtà è un regime di controrivoluzione preventiva: la classe dominante non riesce più a raccogliere il consenso popolare da usare come paravento per le sue misure, riesce sempre meno a utilizzare le masse popolari come massa di manovra, non riesce più a intrupparle nelle sue liturgie.

Le elezioni in Liguria confermano che l’ora per la borghesia è scoccata. Con il suo sistema economico, i suoi partiti e la sua finta democrazia essa non ha più nulla da offrire. La palla è in mano alle masse popolari, alle loro organizzazioni operaie e popolari, alle loro organizzazioni sindacali, ai loro partiti ed esponenti autorevoli. Il dato dell’astensione quindi è al contempo la conferma della crisi politica che travolge il nemico di classe ma al contempo è una campana che suona per tutti quelli che questo sistema vogliono cambiarlo. Serve unità, organizzazione, coordinamento e azioni radicali che rendano ingovernabile il paese al governo Meloni e a tutte le larghe intese ovunque collocate. Serve organizzare la resistenza. Serve una nuova liberazione!

Quanto prima si concepiscono ANCHE le elezioni borghesi in funzione di questo e tanto prima il malcontento e lo scollamento delle masse popolari dalla politica borghese diventa ingrediente della riscossa di cui c’è bisogno.

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