[TORINO] In difesa di Askatasuna!

In difesa di Askatasuna!

A cavallo tra la primavera e l’estate 2022 magistratura e forze dell’ordine torinesi sono riuscite nell’intento di imbastire un processo per reati associativi contro compagni/e del centro sociale Askatasuna e contro il movimento NO TAV.

Tra gli imputati risulta anche un nostro compagno, Alessandro Della Malva, coordinatore della sezione torinese del P.CARC, indagato per reati diversi da quelli associativi contestati ai compagni del centro sociale. 

E’ l’operazione “Sovrano”, iniziata come inchiesta per associazione sovversiva (articolo 270) e poi, davanti all’impossibilità giuridica di riuscirci, proseguita come inchiesta per associazione a delinquere (articolo 416 c.p).

Il prossimo 20 ottobre si terrà la prima udienza del processo che vede imputati 28 compagne/i di cui 11 accusati di associazione a delinquere e i restanti per reati simili a quelli contestati al nostro compagno Alessandro: violenza e minaccia a pubblico ufficiale, violazione di foglio di via e incendio doloso, accuse scaturite dalla partecipazione a momenti di lotta del movimento NO TAV.

Milioni di euro, più di un decennio di intercettazioni telefoniche e ambientali, un’enorme opera di archiviazione e quintali di documentazione cartacea per dimostrare il carattere criminale e delinquenziale della principale rete di militanza e attivismo politico della città di Torino, il centro sociale Askatasuna, quotidianamente attiva nella maggior parte delle lotte per la difesa di condizioni di vita, lavoro, ambientali della nostra città.

Sia chiaro, tutto questo non stupisce noi del P.CARC che in anni passati abbiamo a più riprese saggiato e rispedito al mittente accuse per reati associativi. E crediamo che ciò non stupisca molti altri che a Torino, nel corso dell’ultimo decennio e oltre, hanno fatto i conti con il laboratorio repressivo a cielo aperto messo su da questurini e magistrati in carriera contro l’opposizione politica e le lotte sociali, per zittire la voce di chi la organizza e vi partecipa in prima linea. Un laboratorio repressivo che punta a fare scuola di repressione a livello nazionale e che non si risparmia neppure di prendere in carico montature giudiziarie nate in territori ben diversi (come l’indagine per “apologia di terrorismo” contro il gruppo musicale P38, mai transitato da Torino, presa in carico dalla magistratura torinese).

Chi detiene il potere, nel nostro paese come a Torino, deve fare piazza pulita dei centri promotori della resistenza operaia e popolare contro sfruttamento, devastazione ambientale, guerra ed economia di guerra.

Lo chiede l’Unione Europea, che ha anche iniziato a codificarlo – vedi la direttiva del 2019 che equipara comunismo e nazismo. Lo chiede la NATO, da sempre padrona a casa nostra, che vuole un’opinione pubblica prona a guerra ed economia di guerra. Lo chiedono gli alti prelati del Vaticano (oltre e al di là di Bergoglio), le Organizzazioni Criminali  e quelle padronali, come Confindustria.

Sta anzitutto ai comunisti trarre le dovute conclusioni da questo “andazzo” che prefigura scenari futuri in cui, come accaduto in epoche passate, la classe dominante calpesta anche gli ultimi rimasugli di democrazia borghese pur di imporre, senza ostacoli di sorta, il suo corso delle cose.

A nostro avviso le principali conclusioni da trarre sono due.

1.Un certo modo di intendere e di difendersi dalla repressione va in soffitta. Se l’idea di affidarsi solo o principalmente a un buon avvocato non è mai stata “una buona idea”, oggi è decisamente sbagliata di fronte alla portata dell’attacco repressivo a cui è possibile rispondere efficacemente solo combinando la lotta nelle aule di tribunale con la dispiegata mobilitazione sul piano politico. Bisogna cioè opporre ai processi politici imbastiti dal nemico i nostri processi al nemico,

conducendo la risposta ad ogni attacco repressivo come una campagna di rafforzamento dell’organizzazione, della lotta, delle pratiche di resistenza che il nemico prova a blindare.

2. Un certo modo di intendere la militanza e la lotta politica dei comunisti va in soffitta. In particolare va affrontata e superata l’ingenuità – o nel peggiore dei casi l’opportunismo – del confidare che l’agibilità politica e gli spazi di democrazia conquistati in passato restino immutati, senza fare i conti con il segno dei tempi. Le dichiarazioni di guerra senza quartiere ai centri promotori del movimento di resistenza pongono tutti i compagni e le compagne di fronte alla necessità di mettere a bilancio l’esperienza e adeguare le forme della militanza e dell’organizzazione all’altezza della dichiarazione di guerra proclamata dal nemico.

Ad esempio confermano, per noi del P.CARC, giustezza e necessità dell’esistenza di due Partiti comunisti che, combinati, rispondono alle esigenze concrete della rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato in una fase in cui esso è invece ancora debole e sotto attacco da parte nemico.

La successione di inchieste per “associazione a delinquere”, da Piacenza (contro i sindacalisti del SI COBAS e dell’USB), a Torino contro Askatasuna definisce una rotta tracciata dalla parte più reazionaria e corrotta delle forze repressive.

Una rotta che acquista cittadinanza – se non proprio aperto e incondizionato sostegno – anche nelle Larghe Intese cittadine, dai sudici Fratelli d’Italia, che invocano apertamente lo sgombero dell’Askatasuna, al Partito Democratico del sindaco Lo Russo, voce parlante degli interessi che contano in città.

La solidarietà e la mobilitazione popolare possono stroncare queste operazioni come è stato a Piacenza, dove l’accusa per associazione a delinquere contro gli organizzatori locali di USB e SiCOBAS è crollata ben presto, avendo raggiunto il solo obiettivo concreto di rafforzare ancor di più il sindacalismo di base a Piacenza ed elevare l’unità d’azione delle sue varie anime (prima dell’operazione giudiziaria, ricordiamolo, fortemente diviso da divergenze e guerre per bande).

Di fronte alla posta in gioco dell’operazione cosiddetta “Sovrano”, cioè l’agibilità politica della principale rete promotrice delle lotte di difesa dei diritti nella città di Torino, è necessaria una risposta politica forte, politica, che chiami ad unirsi, mobilitarsi in difesa di Askatasuna e del movimento NO TAV, il più ampio schieramento di forze. Certi che, dalla parte delle loro ragioni (che facciamo nostre), stia molto di più della ristretta comunità del movimento torinese. Per questo offriamo il nostro sostegno alla campagna “Associazione a Resistere”.

Al “tutti uniti contro Askatasuna” proclamato dalla PM Pedrotta, dalla Digos torinese e da Fratelli d’Italia bisogna contrapporre il “tutti uniti” contro la PM Pedrotta, la Digos torinese e i loro padroni. Il cosiddetto “sistema Torino”, coi suoi politicanti del PD, i suoi finanzieri, i suoi industriali, i suoi speculatori immobiliari, la sua mafia del TAV, ha molti più nemici tra le masse popolari di quanti elettori riesce ogni 5 anni a mobilitare per scegliere il Consiglio Comunale.  I maltrattamenti di IREN contro gli utenti del teleriscaldamento e il combinato di disperazione e collera che insieme al carovita va montando in città rendono l’idea della quantità di materiale infiammabile che va accumulandosi…

Hanno sollevato un macigno, possiamo farglielo ricadere addosso!

Difendiamo Askatasuna! Difendiamo l’agibilità politica delle lotte sociali!

Passiamo al contrattacco: la vera associazione a delinquere è il Sistema Torino!

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