Firenze, 5 maggio 2020

 

 

A Leonardo Mazzei

E per conoscenza agli interessati

 

Leonardo,

salve. Scrivo per portare un contributo della Commissione Gramsci del Partito di seguito alla riunione tenuta ieri sera degli attivisti toscani di Liberiamo l’Italia (LIT) cui ho preso parte con altri compagni del Partito dei CARC. Il contributo riguarda la battaglia per la difesa della scuola e della educazione e formazione delle classi delle masse popolari con attenzione particolare a giovani di queste classi, e in questa materia Gramsci ha dato contributi preziosi. La inoltro anche ad alcuni che so interessati alla materia. Avranno occasione sapere dell’attività di Liberiamo l’Italia, se ancora non ne sono a conoscenza.

Ieri tu hai portato l’attenzione di tutti sulla scuola, uno dei campi dove lo stato di emergenza imposto dal governo fa più danni. Aspettiamo il decreto che il governo si prepara a varare e vediamo quante risorse economiche verranno stabilite per la scuola per avere prova di quanto tu hai affermato già in due delle riunioni regionali tenute quest’anno. Hai detto che al governo e a chi ci sta dietro “della scuola non gliene frega nulla”. Aggiungo che non gliene frega nulla degli anziani, dei disoccupati, dei commercianti, delle partite IVA, di tutti i lavoratori cui o si versa o si promette di versare la cassa integrazione di due mesi in due mesi o li si manda a lavorare e a rischiare la vita privandoli del diritto di riunione e di manifestazione e infine  a tutti i cittadini cui pure è vietato a tempo indeterminato non solo riunirsi, manifestare ma addirittura avere contatto con altre persone al di fuori della cerchia dei parenti. Il soggetto che la filosofia della classe dominante sogna, in definitiva, o deve morire in silenzio o deve seguire le sue direttive come il lavoratore che intervistato dalla Nazione a Scandicci torna con gioia e sollievo a lavorare nelle fabbriche di Gucci a produrre merci di lusso per ricchi stranieri. Il modello è la Mammy nel film Via col vento del 1939 dove si descrive lo scontro tra sudisti e nordisti con i nordisti nella parte dei cattivi e lei la serva nera la cui ragione di vita è servire il padrone (sudista). Ma, come dice Amleto a Orazio nel famoso dramma, “ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la sua filosofia”.

 

Gramsci è stato capace di dare contributi utili a continuare la lotta per l’educazione delle masse popolari come aspetto chiave della loro emancipazione per tre motivi esposti sotto in ordine d’importanza.

  1. Ha vissuto la sua vita nel movimento comunista e per il movimento comunista, che è stato il principale soggetto attivo già a partire dall’insegnare a leggere e scrivere alle masse popolari, sia in Italia che nel resto del mondo.
  2. Ha avuto una vita assai difficile, patito fame, freddo e malattie, tutte cose che, quando le superi, possono insegnarti a parlare al cuore e alla mente delle masse popolari.
  3. Oltre ai testi del movimento comunista ha studiato, e in particolare ha studiato lingue, cosa che ti insegna sia a scrivere e a pensare(1) sia a insegnare a farlo.

Tutta questa premessa è assai lunga per arrivare al punto, che è breve, ma serve per capire come si forma il contesto in cui Gramsci scrive (cosa che è necessaria perché di Gramsci si fanno citazioni spesso come se piovessero dal cielo e dovessero da noi essere accolte con venerazione, anche quando dice cose sbagliate).

Il contesto immediato è il seguente. Siamo nel novembre 1917. Il 18 novembre Gramsci è in una riunione clandestina a Firenze con alcuni dirigenti socialisti per ribadire l’estraneità del proletariato alla guerra borghese. Sei giorni dopo scrive della Rivoluzione d’Ottobre, di cui molto poco sa in dettaglio su come si è sviluppata o su chi la guida e avverte di non illudersi “su una conquista del potere dei socialisti a breve scadenza”. È un caso di pessimismo senza ragione. Risiede a Torino e scrive su giornali socialisti come L’Avanti! dove il 24 novembre ha pubblicato un articolo piuttosto famoso su La rivoluzione contro il Capitale, cioè, in sintesi, una rivoluzione che mette in atto quanto previsto dal Capitale di Marx ma che non ne è ripetizione dogmatica. Il 27 novembre scrive un articolo a difesa dell’insegnamento del latino e del greco antichi, come strumenti di formazione. Condivide il pensiero di un altro che sarà nel movimento comunista fino alla morte, Concetto Marchesi, “grande partigiano” secondo il dirigente del primo PCI Pietro Secchia e tra i massimi latinisti italiani dello scorso secolo. Secondo Gramsci al proletario non serve tanto la scuola per imparare un mestiere al servizio di chi domina la società ma serve la scuola dove si insegna a dirigere la società e se stessi, l’insegnamento che la borghesia tiene per sé nei licei e nelle università e che include come materie le lingue antiche.

Arrivo al punto. Gramsci dice in questo articolo del novembre 1917 che il fine della scuola “è concreto, ma di una concretezza ideale, non meccanica. [La scuola] deve preparare dei giovani che abbiano un cervello completo, pronto a cogliere della realtà tutti gli aspetti, abituato alla critica, all’analisi e alla sintesi: abituato a risalire dai fatti alle idee generali, e con queste idee generali a giudicare ogni altro fatto”.(2). Vedi bene che questo modello di uomo è proprio il contrario di quello a cui mirano i dirigenti del regime che impone lo stato d’emergenza. Se ci pensi non solo a costoro della scuola “non gliene frega nulla”, ma se l’ignoranza non fosse erba spontanea che cresce nel giardino del virus si affannerebbero loro a piantarla e a coltivarla. Questo, del resto, è proprio ciò che hanno fatto da sempre, contrastando in ogni modo le conquiste della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari che hanno lottato per l’emancipazione in questo campo decisivo della società.

Detto questo, già oggi ho inoltrato anche a te un articolo firmato da parecchi insegnanti massima parte dei quali toscani che reagiscono contro lo stato delle cose a smentita del pessimismo di alcuni che si lamentano dell’inerzia del corpo insegnante, e allego qui l’articolo di cui mi hai accennato che parla di insegnanti di Firenze e che ho trovato su https://firenze.repubblica.it/cronaca/2020/04/28/news/coronavirus_toscana_insegnanti_didattica-255106276/

 

28 aprile 2020

Un appello per il ritorno a scuola in una lettera di alcune insegnanti al governo. La didattica a distanza “non è didattica”, “non è vero che funziona”, “è stato ed è un esperimento fallimentare”. Lo scrivono alcune docenti dell’istituto comprensivo le Cure di Firenze, in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e al ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, per chiedere garanzie sul rientro in classe a settembre.

Quella che viene chiamata didattica a distanza, sostengono le prof, “è un canale per continuare ad avere un rapporto in qualche misuraumano con i nostri studenti e le loro famiglie, ma non certamente per garantire il diritto costituzionale per cui si è combattuto”. “Non è uno strumento democratico – è scritto nella lettera – non garantisce alcuna partecipazione”. Le famiglie, si afferma ancora, sono state caricate di “di responsabilità e competenze che non dovrebbero avere e che non hanno”, e in questo momento “sono in grande difficoltà”.  La lettera prosegue: “Dal 4 maggio saranno tante le attività che riprenderanno, non ci sogneremo mai di chiedere di rientrare ora ma ci sfugge il motivo per cui, insieme a ristoranti, musei, biblioteche, non si sia pensato almeno alle classi termine di ogni ordine e grado”. E ancora sottolineano: “Non chiediamo di tornare domani tra i banchi di scuola ma chiediamo una certezza per il futuro. Chiediamo che a settembre dirigenti scolastici, insegnanti e famiglie possano riascoltare il suono della campanella. Chiediamo informazioni certe dalla commissione di lavoro e dalla nostra ministra”. “Quello che stiamo togliendo ai nostri bambini, alle nostre bambine – conclude la lettera – ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze, non sarà più recuperabile domani”.

 

Lo scontento è molto grande anche tra gli insegnanti. Non ha ancora forma ma è perché deve essere formato da chi ha una linea politica per uscire dallo stato di cose presente e trasformare la società, obiettivo che anima anche LIT. Inoltro quindi a te questa comunicazione per la comprensione che hai della materia, per il ruolo dirigente che hai in LIT e per le possibilità che hai di agire direttamente su realtà presenti nel territorio dove abiti, realtà che possono essere coinvolte nelle manifestazioni prossime di LIT, incluse quelle del 9 maggio a Firenze e Lucca.

Un saluto e a presto,

 

Paolo Babini

 

NOTE

  1. Vedi Imparare a scrivere è imparare a pensare in La Voce del (n)PCI, n. 51, novembre 2015, in http://www.nuovopci.it/voce/voce51/seigrandi.html.
  2. Gramsci, La città futura, Einaudi, Torino, 1982, pag 459.

 

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