[Italia] Cosa spinge una banca in attivo a licenziare 1569 persone

Riceviamo e pubblichiamo un contributo di un nostro assiduo lettore.

Cari compagni dell’Agenzia Stampa del Partito dei Carc, è di oggi 11 maggio la notizia che ci viene dal Fatto Quotidiano rispetto ai piani aziendali di una delle più grandi banche italiane: Ubi Banca. I piani aziendali prevedono un esubero di circa 1569 unità, per “ridurre di circa 200 milioni gli oneri operativi” e per “ l’ottimizzazione delle altre spese amministrative”. Peccato che a Marzo UbiBanca abbia chiuso con un netto di 67 milioni di euro.

Ubi, inoltre, è stata tra le banche che a febbraio ha ricevuto lauti finanziamenti dal decreto “Salva Banche”, in quanto proprietaria di Banca Etruria e Banca Marche, oltre che Carichieti. Tre delle 4 banche salvate sono attualmente di sua proprietà. Ubi inoltre è famosa non solo per i suoi esuberi, che sono recenti, e per aver approfittato di soldi pubblici a danno delle masse popolari (i piccoli contribuenti di Banca Etruria non vedono ancora nemmeno un euro!), ma anche per utilizzare le singole aziende dirette dai suoi membri ai vertici dei cda per ricliclare denaro, utilizzandoli come orticelli di speculazione e affarismo, con tutto quello che ne consegue. Esempio tra tutti è l’Italcementi di Bergamo, che ha visto e vede ancora una pesante riduzione del personale mentre viene utilizzata come banchetto per i lauti pasti dei signori a capo di Ubi Banca. Ma cosa spinge una banca “sana” (appunto, 67 milioni di euro di attivo nei soli primi tre mesi dell’anno) a saccheggiare le risorse delle masse popolari attraverso la connivenza dei governi di turno, e dall’altro lato a licenziare?

La crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale spinge ogni singolo capitalista e ogni gruppo di capitalisti a restare a galla, facendo la guerra contro i lavoratori e allo stesso tempo facendosi la guerra tra loro. Elevare il margine di profitto è essenziale per sopraffare gli altri sul mercato, sbaragliare la concorrenza: il pesce grosso mangia il pesce piccolo. Non ci può essere quindi banca, agenzia di investimento o gruppo finanziario da “salvare” in quanto mai impiegheranno, proprio per questa ragione, le ingenti risorse di cui dispongono per creare posti di lavoro. E’ necessario che un governo prenda in mano le redini di questi problemi, costringendo le banche a finanziare la creazione di posti di lavoro utili e dignitosi, e laddove non le banche non vogliono, il governo deve legarsi strettamente ai lavoratori e alla loro mobilitazione per nazionalizzare la banca e renderla uno strumento utile ad attuare le misure d’emergenza che servono per risollevare il paese: lavoro, scuole in dissesto, devastazione ambientale. Può farlo solo un governo d’emergenza popolare, che si da il compito e l’obiettivo di scalzare il profitto di pochi a danno della collettività, che sia disposto a rompere con il ricatto economico dei gruppi imperialisti, e soprattutto che si lega strettamente alla mobilitazione e organizzazione delle masse popolari, dei lavoratori pubblici e degli operai e che da questi venga sostenuto.

Un saluto a tutti, Romeo Corradini”

***

Ubi Banca, previsto taglio del personale delle tre good bank: 1569 esuberi

Entro il 2020 la banca vuole infatti ridurre di circa 200 milioni gli oneri operativi di Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti attraverso una contrazione dell’organico di 1.569 risorse (-32% rispetto al 2016), il taglio di 140 filiali e l’ottimizzazione delle altre spese amministrative

di F. Q. | 11 maggio 2017

Ubi Banca prevede di tagliare di circa un terzo il personale delle tre good bank. Entro il 2020 la banca vuole infatti ridurre di circa 200 milioni gli oneri operativi di Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti attraverso una contrazione dell’organico di 1.569 risorse (-32% rispetto al 2016), il taglio di 140 filiali e l’ottimizzazione delle altre spese amministrative. È quanto si legge nell’aggiornamento del piano industriale di Ubi Banca.

L’aggiornamento del piano di Ubi prevede a livello di gruppo l’uscita di circa 4mila risorse, di cui 2.170 con accesso al fondo di solidarietà e l’ingresso di circa 900 persone in arco di piano (oltre un quarto già assunti nei primi mesi del 2017) in aggiunta alle circa 200 risorse assunte nella seconda parte del 2016. Complessivamente è previsto un “forte ricambio generazionale” con un saldo negativo, tra ingressi e uscite, di “circa 3.000 risorse”. Il passaggio alla banca unica comporterà la chiusura di circa 370 punti vendita, di cui 140 nell’ambito del perimetro delle good bank.

L’istituito punta a un utile di 1,12 miliardi di euro al 2020, con un un ritorno sul capitale tangibile del 12% e un Cet1, indicatore di solidità patrimoniale, superiore al 13%. Il piano di incorporazione delle tre good bank sarà “estremamente rapido, con la prima migrazione”, di Banca Marche e Cassa di Risparmio di Loreto, in programma “entro fine ottobre”. Prevista una “solida politica di dividendi” con “la distribuzione del 40% circa dell’utile ordinario”.

Ubi Banca ha chiuso il primo trimestre dell’anno con un utile netto consolidato di 67 milioni di euro, in crescita del 59,4% rispetto al primo trimestre del 2016, nonostante un’ulteriore svalutazione del Fondo Atlante per 13,5 milioni, oneri relativi al Progetto Banca Unica per 4,6 milioni e spese progettuali relative all’acquisto delle tre good bank per 1,1 milioni. Il risultato della gestione operativa si attesta a 276,1 milioni, in crescita del 12,6% (e del 49,1% rispetto all’ultimo trimestre del 2016)), grazie a una ripresa dei proventi operativi (+3,3%) e a un calo dell’1,1% degli oneri operativi mentre scendono del 13,2% le rettifiche su crediti, pari a 134,8 milioni nel trimestre.

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