La condanna ricevuta da Nicoletta Dosio e gli altri attivisti NO TAV a due anni di reclusione, il processo in cui sono coinvolti compagni del Laboratorio Politico ISKRA a Napoli insieme anche a un compagno del Partito dei CARC, le centinaia di processi in corso e in via di apertura in tutto il paese; le provocazioni della polizia politica che negli ultimi mesi ha avuto un escalation: dalle biblioteche occupate devastate, all’arresto di Aldo Milani del SI COBAS, ai fatti accaduti prima, durante e dopo il corteo del 25 marzo a Roma (centinaia di compagni reclusi in un CIE e il taglio del corteo in due da parte delle forze dell’ordine), sono solo alcuni degli episodi che testimoniano un innalzamento dello stato repressivo da parte della Repubblica Pontificia (lo Stato italiano e il suo manovratore occulto, il Vaticano).
La stretta repressiva dello Stato, come detto, aumenta e via via che la mobilitazione popolare si fa largo in tutto il paese tanto più aumenterà rivolgendosi non più solo ai comunisti e alle avanguardie di lotta ma sempre più al resto delle masse popolari a partire dalle fasce più deboli e oppresse: donne, giovani, immigrati, omosessuali ecc. Espressione di questo processo in corso è il decreto Minniti, di cui si parla tanto negli ultimi tempi. Questo decreto è stato definito da più parti come un decreto da ventennio fascista.
I punti salienti del decreto sono i seguenti:
a) Inserire un CIE in ogni regione del paese e visto l’utilizzo che se n’è fatto a Roma il 25 marzo, oltre a strumento di repressione ignobile degli immigrati, quindi, non è difficile immaginare quale altro utilizzo si farà di questi centri. Sempre per gli immigrati il decreto prevede un’ulteriore stretta con l’abolizione del secondo grado per i richiedenti asilo ma soprattutto la creazione di “sezioni speciali” (giudici) che devono decidere chi sta dentro o fuori dal paese, questa misura è anticostituzionale (art. 102) perché reazionaria e antidemocratica;
b) Dopo il preside scolastico “sceriffo”, l’accentramento progressivo dei poteri dello Stato in uomini, presìdi e uffici “centralizzati”, il decreto Minniti accentra nelle mani dei sindaci e degli amministratori locali anche la gestione dell’ordine pubblico. La separazione “democratica” dei poteri dello stato cede, quindi, il passo alla costruzione di un apparato repressivo aggressivo e potenziato;
c) Con questo decreto sarà inoltre possibile comminare il DASPO urbano, misura che prevede l’interdizione da piazze, manifestazioni politiche e sociali, quartieri e città per motivi di ordine pubblico. Dal barbone che vive per strada all’occupante casa che libera uno spazio abbandonato per uso abitativo, fino a tutti coloro i quali si mobilitano contro il procedere della crisi, sono passibili di questo strumento di repressione odioso e infame. Uno strumento di repressione politica che ha visto a Roma, il 25 marzo, una sua prima piccola dimostrazione.
Tra le masse popolari cresce il malcontento e la resistenza di fronte alla deriva in cui la crisi della borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti ci stanno sospingendo. Per fare fronte a tutto questo la borghesia deve ricorrere sempre più alla repressione. Queste forme repressive sono ancora principalmente mirate ai comunisti e alle avanguardie di lotta ma si allargano sempre più contro le frange più oppresse delle masse popolari (donne, giovani, diseredati, omosessuali e immigrati). Il regime di controrivoluzione preventiva scricchiola e lo Stato dell’impunità per i ricchi, i potenti, per il Vaticano e i funzionari della sua Chiesa, diventa lo Stato della tolleranza zero oltre che per i comunisti, in generale, per chi lotta, per le donne, per gli immigrati e per i giovani. Quindi la repressione si allarga e assieme si allargano anche la resistenza alla repressione, la lotta contro la repressione e la solidarietà.
Il successo della Controrivoluzione Preventiva non è affatto a priori garantito, anzi perde sempre più di efficacia. Tutte le politiche e le misure che la borghesia mette in opera, sono armi a doppio taglio. La sua politica culturale truffaldina toglie credibilità a ogni autorità e a ogni “verità eterna” e contemporaneamente produce strumenti di comunicazione e di aggregazione. La repressione e la lotta contro la repressione suscitano solidarietà e introducono alla lotta politica. La partecipazione delle masse alla lotta politica quanto più diventa autonoma, tanto più obbliga la borghesia a creare sceneggiate politiche, a nascondere la vera politica: insomma rende più difficile alla borghesia gestire il suo Stato. Il benessere che la borghesia può accordare alle masse dipende dall’andamento generale dei suoi affari e dalla rassegnazione dei popoli oppressi allo sfruttamento.
Dalla lotta contro la repressione il movimento di resistenza delle masse popolari si rafforza e si tempra, con essa nascono pezzi di nuova governabilità, in questo l’esperienza dei NO TAV deve essere d’insegnamento e d’ispirazione. Non un passo indietro, quindi, la lotta contro la repressione, la resistenza alla repressione e la solidarietà con gli organismi e i singoli colpiti dalla repressione sono componenti indispensabili del movimento per fare dell’Italia un nuovo paese socialista!