Le dimissioni di Paolo Berdini sono state respinte dalla Raggi ma “con riserva” e infatti pare che si stia già cercando un sostituto come Assessore all’Urbanistica. E’ evidente che il caso dei commenti di Berdini sull’ “impreparazione della sindaca”, subito carpiti dal giornalista della Stampa che li ha resi pubblici, sono solo la facciata con cui si tenta di occultare il motivo reale dei dissidi interni alla giunta. Al punto che perfino Repubblica oggi scrive: “Sconfitta la linea Berdini, l’asse tra la giunta e il costruttore su 540 mila metri cubi di cemento per il business park (…) “Dietro le schermaglie pubbliche tra Paolo Berdini e Virginia Raggi si nasconde una guerra privata combattuta sull’affare degli affari: lo stadio della Roma”.
Certamente Paolo Berdini è all’interno della giunta Raggi, l’elemento che più ha provato a legarsi con gli organismi popolari di Roma, in particolare sulla questione degli spazi sociali e dei beni comuni: ricordiamo la sua partecipazione all’assemblea promossa da “Decide la città- Roma non si vende”, lo scorso luglio 2016. Una assemblea che ha dato a Berdini l’opportunità di schierarsi immediatamente “dalla parte giusta” per attuare quello che lui stesso dichiarava: “Questa giunta agirà in netta discontinuità rispetto all’urbanistica degli ultimi 25 anni”. Questo è l’invito che ha raccolto con la sua candidatura, che avrebbe affrontato avendo presente come modello “l’esperienza amministrativa e sociale avanzatissima” di Napoli (rappresentata nella stessa assemblea dall’assessore alle Politiche Urbane di Napoli, Carmine Piscopo). Quel giorno Berdini ha chiesto alle realtà sociali presenti di “essere rigorosi nel manifestare le proprie posizioni all’amministrazione”.
Quindi che fine fanno adesso quelle “dichiarazioni di guerra” alla speculazione?
Se il problema centrale nell’Amministrazione di Roma è la sottomissione ai poteri forti (palazzinari, affaristi, cardinali e speculatori di ogni sorta), è evidente che ogni eletto, onestamente intenzionato a farla finita con il sistema di Mafia Capitale, può vincere e avanzare “di battaglia in battaglia” solo se attorno ad ognuna di esse, mette il suo ruolo sociale al servizio degli organismi popolari, delle associazione, reti e comitati già attivi sulla costruzione di un altro modello di città rispetto a quello del cemento, dei disservizi, della disoccupazione. L’alleanza con le masse popolari è quindi la questione decisiva.
Ci sono però altre cose che ogni eletto può fare, coerentemente con i principi di onestà, democrazia e giustizia sociale da cui sostiene di essere animato, cioè:
1. denunciare sistematicamente e a gran voce i provvedimenti antipopolari del governo e delle altre autorità della Repubblica Pontificia;
2. promuovere e mettersi alla testa con grande pubblicità della protesta popolare contro i provvedimenti antipopolari che il governo e le altre autorità della Repubblica Pontificia attuano di propria iniziativa, boicottarne e sabotarne l’esecuzione;
3. astenersi con grande pubblicità dal collaborare con il governo e con le altre autorità della Repubblica Pontificia nella messa in opera dei provvedimenti antipopolari per cui essi richiedono o le leggi e le procedure usuali prevedono il concorso dell’Amministrazione Comunale;
4. astenersi con grande pubblicità dal dare seguito ai provvedimenti antipopolari di loro competenza previsti dalle leggi o dalle procedure della Repubblica Pontificia;
5. prendere con grande pubblicità tutti i provvedimenti utili alle masse popolari di loro competenza o nelle loro disponibilità anche se comportano la violazione di leggi, regole o provvedimenti (come il Patto di Stabilità) imposti dalle autorità della Repubblica Pontificia.
6. sostenere con grande pubblicità, impiegando tutti i mezzi, le risorse e le relazioni di cui dispongono, le iniziative giuste delle organizzazioni operai e popolari anche se illegali, se sono conformi agli interessi delle masse popolari (cioè legittime);
7. appaltare e fare per altre vie eseguire i servizi pubblici, con grande pubblicità, i lavori di manutenzione degli stabili, delle scuole, degli ospedali e delle infrastrutture di loro competenza usando tutte le risorse finanziarie che riescono a mobilitare anche se illegalmente;
8. destinare a beneficio delle masse popolari, con grande pubblicità, gli edifici e il resto del patrimonio immobiliare di cui l’Amministrazione Comunale dispone, mobilitando per la riabilitazione necessaria;
9. organizzare con grande pubblicità la remunerazione del lavoro tramite compensi in natura: servizi pubblici, abitazioni, ecc. dati ai lavoratori che prestano la loro opera in attività autorganizzate o promosse dall’Amministrazione Comunale;
10. mobilitare con grande pubblicità professionisti, capitalisti, clero, parrocchie, ecc. perché partecipino alla realizzazione delle parole d’ordine “a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso” e “a ogni individuo i beni e servizi necessari a una vita dignitosa alla sola condizione che adempia scrupolosamente i compiti legittimi che gli sono assegnati” e denunciare quelli che non collaborano;
11. astenersi con grande pubblicità da ogni collaborazione e impedire che gli organi dell’Amministrazione da loro dipendenti collaborino con la NATO, le Forze Armate USA e ogni altra agenzia straniera di stanza in Italia in violazione della nostra Costituzione, negare con grande pubblicità ad esse la fornitura di servizi pubblici dipendenti dalle Amministrazioni Comunali e ogni forma di collaborazione.
Già un assessore o un consigliere (per es. Berdini, ma anche Fassina), che si mette a fare questo, sistematicamente, dà un importante contribuito allo smantellamento del sistema di Mafia Capitale e alla trasformazione dell’Amministrazione di Roma, da macchina di servizio-centrale operativa dei poteri forti sparsi in tutto il paese, ad amministrazione che fonda sempre più la sua azione sul protagonismo, la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari.