Mirko Serpelloni, 27 anni, è stato ucciso sul posto di lavoro nel 2023; è caduto dal tetto di un capannone a Manerbio (BS). Intervistiamo sua madre Maruska Ambrosini.
Maruska, parliamo di quello che è accaduto il 6 settembre 2023, quando Mirko è caduto nel cantiere in cui lavorava.
L’incidente è avvenuto il 6 settembre del 2023, tra le 11 e le 11:30. Si è sfondato il lucernario del capannone su cui stava lavorando ed è caduto da un’altezza di circa sette metri.
Io lavoro in ambito sanitario: l’elisoccorso arriva quando sei in pericolo di vita. L’incidente è successo a Manerbio, dove c’è l’ospedale, e se la cosa non era così grave l’avrebbero portato lì. Invece è stato portato in elicottero alla Poliambulanza, a Brescia.
Poi l’11 settembre ho ricevuto la telefonata dalla terapia intensiva. Sono arrivata all’ospedale e lo stavano ancora rianimando, fino a quando alle 9:00 hanno dichiarato il decesso. Purtroppo le complicanze erano tante anche per il fisico di un ragazzo di 27 anni.
È in corso il processo. Come sta andando e quali sono i prossimi appuntamenti?
Dal giorno in cui è deceduto Mirko si sono aperte le indagini. Il fascicolo l’ho letto a marzo del 2024, a indagini chiuse. Lì ho letto un po’ di cose che non mi sono piaciute per niente: parlo delle dichiarazioni che sono state fatte da Bettinelli, il datore di lavoro di Mirko, e dal committente, che era la Errepi Interni di Manerbio. Sono arrivati pure a dare la colpa a Mirko, perché sarebbe andato sul tetto a farsi un selfie!
Praticamente, lì ho cominciato a infastidirmi, a pensare seriamente che dovevo applicarmi per la difesa di mio figlio. Mi sono costituita parte civile, altrimenti non avrei potuto sapere più nulla del processo, se non tramite il filtro dell’avvocato, e non mi sembrava affatto giusto.
Anche noi, come famiglia, abbiamo lavorato per raccogliere le prove, per vedere che cosa era accaduto, facendo delle domande a chi poteva sapere come era andata, per cercare il più possibile di ricostruire quel 6 settembre. Siamo arrivati all’udienza preliminare del 3 ottobre 2024 abbastanza speranzosi, perché avevamo fatto un buon lavoro assieme all’avvocato.
Sottolineo una cosa. Né il padrone di Mirko né il committente si sono mai presentati in aula, hanno sempre mandato gli avvocati. Sì perché, poverini, sono provati… loro! Io invece non sono provata, che ogni volta me ne sto lì a sentire con le mie orecchie!
L’udienza preliminare del 3 ottobre è stata una cosa rapida, perché Bettinelli ha scelto il rito abbreviato. All’udienza successiva del 13 febbraio il Pm ha chiesto due anni e quattro mesi. Il giudice invece ha ritenuto di dare tre anni e quattro mesi per tutte le aggravanti del caso: Mirko era un apprendista e non poteva lavorare in quota; era da solo nel cantiere, perché Bettinelli, che era il responsabile, non era presente. Tutte queste cose hanno portato all’aumento di un anno di pena.
L’avvocato del committente, la Errepi Interni, al contrario ha scelto di chiedere il non luogo a procedere per non colpevolezza. Sempre durante l’udienza del 13 febbraio anche il committente è stato invece rinviato a giudizio per il 28 di marzo. Quest’ultima è stata un’udienza lampo dove hanno stabilito la successiva udienza, che sarà il 18 giugno 2025.
Durante le varie udienze, come familiari avete organizzato dei presidi di protesta e di sensibilizzazione sul tema all’esterno del tribunale. Si è costituito un vero e proprio comitato di parenti e amici che organizza tutto e avete promosso anche iniziative pubbliche. Cosa avete messo in campo e come vi siete organizzati?
Sì, mettiamo sempre dei cartelloni che fa mia figlia, con tutte le statistiche sugli omicidi sul lavoro, partendo da quelle a livello nazionale per arrivare a quelle nel bresciano. Purtroppo le deve aggiornare sempre…
Io sono sia all’interno che all’esterno, arrivo sempre prima di modo che ho i primi contatti con la Digos, poi i ragazzi cominciano ad arrivare. Io e mia figlia entriamo e loro continuano il presidio.
Mirko era conosciuto come vignettista e musicista. A novembre del 2023 avrebbe dovuto fare la sua prima esposizione al centro sociale autogestito Magazzino 47 di Brescia, alla fiera delle autoproduzioni. Dopo l’accaduto, l’organizzatore dell’evento ci aveva contattato tramite Francesca, l’ex fidanzata di Mirko, esprimendo il desiderio di farla comunque.
La mostra si è tenuta il 5 novembre, un paio di mesi dopo la morte di Mirko. C’era tutta la sua storia, con il racconto di quando ha cominciato a disegnare, a suonare, fino al giorno del decesso. Mia figlia ha fatto una biografia del fratello e durante tutte le nostre manifestazioni la mostriamo sempre, anche quando esponiamo le sue opere.
Giriamo anche con un banchetto a vendere quello che lui voleva fare, in occasioni come la festa di Radio Onda d’Urto, ma anche ai mercatini di Natale, come a Bagnolo Mella, che era il suo paese d’origine. Ci sono riproduzioni dei disegni, ma anche magliette e altro, e mettiamo sempre anche la biografia di Mirko e spieghiamo perché lui non c’è più. Alcune persone si fermano, la leggono e poi mi guardano con le lacrime agli occhi, alcuni mi fanno i complimenti per quello che stiamo facendo.
Ci siamo attivati perché non ci stavamo alla perdita di Mirko. Ci ha spinti il senso di giustizia, il vedere che si continua a morire in questo modo e che sono morti senza voce. Vogliamo far conoscere le statistiche, i numeri che effettivamente ci sono nel nostro paese. Non lo facciamo solo per il nostro Mirko, ma per tutti i “Mirko” che ci sono stati e ci saranno.
Purtroppo i numeri continuano a salire, ragazzi anche giovani, tantissimi nell’edilizia. Abbiamo capito che c’è un problema vero e nel nostro piccolo facciamo quello che possiamo. Abbiamo fatto anche un incontro, con me è venuto Roberto Valentini. Lui fa parte dell’Anmil, l’Associazione nazionale mutilati e invalidi sul lavoro. Con lui a volte vado anche nelle scuole superiori a fare gli incontri. Lui porta la storia degli invalidi, io porto la storia di Mirko. Quando la racconto vedo che i ragazzi cominciano a riflettere e cominciano a fare domande.
Quanto conta la solidarietà, il sostegno? Quanto ha contato la costituzione di un comitato, di un collettivo che lavora insieme?
Conta tantissimo. In questa situazione saremmo solamente io e mia figlia, invece sapere che quando noi siamo dentro il tribunale c’è gente fuori che ci aspetta o che comunque che ci sostiene, non ci fa sentire sole. Questo è importante.
Questi ragazzi potrebbero essere quasi tutti miei figli, la storia di Mirko ha aperto loro gli occhi, hanno preso una bella sberla dalla realtà.
Quando ho letto gli atti mi sono veramente arrabbiata, ma è soprattutto con il sostegno dei ragazzi che mi venuta fuori la grinta. Per fare un esempio, alla festa di Radio Onda d’Urto il primo giorno ci hanno dato uno “spazio Mirko”, montando un ponteggio da muratore; poi gli amici hanno fatto un paio di occhiali, che lui perennemente perdeva o rompeva, glieli hanno costruiti, li hanno messi sopra al ponteggio, assieme a tutte le statistiche.
Dove possiamo, noi andiamo sempre con il nostro ponteggio, perché almeno offre un impatto visivo e le persone si fermano e si chiedono: “Ma che fanno questi e perchè?”.
Adesso comincia a venire anche qualche studente, si comincia a conoscere un po’ la storia, è positivo. Non tanto per Mirko, ma proprio per l’importanza del fatto in sé, perché è un processo importante per una morte sul lavoro, una vita rubata, è simbolico.
La vostra forza e reazione di fronte a questo avvenimento è simile a quella dei genitori e degli amici di Mattia Battistetti. Anche lui è un giovane ragazzo deceduto in un cantiere in provincia di Treviso. Anche loro hanno formato un comitato, promosso iniziative e presidi fuori dal tribunale durante le udienze, e portano avanti una battaglia per avere giustizia. Li conoscete? Potrebbe essere una buona cosa il fatto di mettersi in contatto con loro?
Sicuramente. Io della storia di Mattia sono venuta a conoscenza al presidio per l’udienza del 13 febbraio e mi ha fatto piacere, perché non mi sono sentita più sola. Nel mio piccolo non ho mai sentito nessun altro genitore, non ho mai sentito nessuno che avesse fatto queste cose, come noi.
Il loro processo dura da molto di più, ma loro ci sono sempre. Far vedere che tu comunque ci sei è importante.
Il Governo Meloni, così come quelli precedenti, non ha fatto mai nulla per porre fine a questi omicidi. Al contrario, continuano a peggiorare le condizioni di lavoro: si diventa più precari, più ricattabili, è chiaro che aumentano gli infortuni. Secondo te, cosa si dovrebbe fare per mettere fine a tutto questo?
Secondo me, a ben guardare, le regole ci sono. Il fatto è che non sono messe in pratica. È quello il problema, che nessuno obbliga a mettere in pratica quello che in teoria c’è già. Le leggi ci sono, il problema è che non vengono fatte rispettare. Io avevo sentito che volevano istituire l’omicidio sul lavoro, giustamente, perché omicidio colposo è quando io faccio tutto quello che è possibile per evitare un incidente, ma purtroppo capita.
Il problema è che tanti non fanno quello che devono fare, e non c’è nessuno che li obbliga. Hanno inventato questa patente a punti… Secondo me è una grande stupidaggine, non è una cosa seria. Piuttosto di investire su una stupidaggine così, cerchiamo di investire su più ispettori, su più controlli.
Mia figlia ha fatto anche una sua indagine su quanti ispettori del lavoro ci sono a Brescia e su quanti ce ne dovrebbero essere. Effettivamente anche loro miracoli non ne possono fare, perché saranno in sei. Sono pochissimi su una provincia così produttiva come la nostra.
Serve più serietà da parte di chi governa. Quando sono in campagna elettorale fanno centomila promesse, poi, non ho capito cos’è, ma tutti, quando arrivano lì, fanno un voltafaccia… Nessuno si vuole più far scappare la poltroncina che gli permette di vivere con un certo tenore di vita, non come l’operaio che fa fatica a fare la spesa, a pagare le bollette, a pagare l’affitto. Allora penso: lì ci deve essere qualcosa che li fa cambiare.
Il nostro governo è formato da persone che stanno da 30-40 anni in politica, un po’ a destra, un po’ a sinistra, un po’ al centro. Ci vorrebbe un ricambio. Se un operaio non fa bene il suo lavoro viene licenziato. Tu sei lì per fare il tuo lavoro, se non lo fai bene vai a casa.
Infine, penso che si debba sensibilizzare un po’ tutta l’umanità, perché si sta andando veramente verso un punto di non ritorno, a prescindere dalle condizioni di lavoro che vanno sempre peggio. È proprio un mondo che secondo me ha perso un po’ la sensibilità, l’umanità… il profitto e il dio denaro valgono più di tutto. Io penso che sia proprio una questione di interesse: “pago di meno, guadagno di più…”, sono conti.
Quando l’interesse vale più della persona non ti interessa più niente; succedono le cose che sono successe a mio figlio.