A partire dal 2 aprile, tutti i panifici nella Striscia di Gaza sono chiusi. Questo l’effetto della chiusura delle frontiere imposta da Israele il 2 marzo. Una chiusura che ha bloccato l’entrata degli aiuti umanitari ormai da un mese, il periodo più lungo dall’inizio degli attacchi sionisti.
A Gaza mancano farina, gas e carburante, i prezzi dei beni alimentari sono schizzati alle stelle. La resistenza del popolo deve concentrarsi anche sul razionamento dei viveri e delle scorte di qualsiasi bene.
Mentre isola e affama la popolazione, Israele continua le aggressioni militari. L’esercito israeliano continua i bombardamenti e ha ampliato l’assalto terrestre su Gaza.
La tregua è rotta con buona pace di ogni illusione di trovare una soluzione diplomatica a questo conflitto. I palestinesi lo dicono da tempo: o la Palestina sarà liberata dal fiume al mare e non ci sarà più lo stato terrorista di Israele o non ci sarà mai nessuna tregua o pace che tenga.
Ma non solo confini chiusi e bombardamenti, la manovra israeliana sta facendo leva anche sulla collaborazione e complicità dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp).
Nelle ultime settimane, all’indomani della rottura della tregua, gli uomini di Abu Mazen hanno strumentalizzato alcune manifestazioni nel nord della striscia di Gaza: manifestazioni contro i bombardamenti sionisti sono state spacciate come manifestazioni contro Hamas e le forze politico-militari della resistenza palestinese.
Nelle ore successive è arrivata anche una sorta di rivendicazione delle manifestazioni e di dichiarazione di guerra affidata a Mahmoud Abbas, consigliere di Abu Mazen: “dobbiamo concentrarci sulla rimozione di Hamas dal potere. Suggerisco all’organizzazione di ascoltare il popolo palestinese a Gaza”. Prese di posizione prontamente rilanciate su tutti i giornali israeliani e filosionisti del mondo.
Ma chi semina il vento del terrorismo raccoglie la tempesta della resistenza. Dopo la ripresa dei bombardamenti e la sospensione dello scambio di prigionieri diverse famiglie degli ostaggi israeliani ha organizzato nuove manifestazioni per richiedere al governo di concentrarsi sul rilascio degli ostaggi e per protestare contro la decisione di Netanyahu di licenziare il capo dello Shin Bet (la sicurezza interna) Ronen Bar, anche ottenendo il rinvio di tale decisione. Le manifestazioni sono sfociate a Gerusalemme, anche in scontri, con i manifestanti che hanno tentato di sfondare le barriere di sicurezza e la polizia che ha risposto con idranti e gas maleodorante.
Neanche il tempo di sedare queste proteste che il panico è iniziato a Tel Aviv dove le sirene dell’antiaerea sono scattate nel cuore della notte per il «lancio di un missile in arrivo dallo Yemen», poi rivendicato dagli Houthi. A metà giornata, l’allarme è tornato a risuonare in città, stavolta per il lancio di tre razzi da Gaza verso il centro di Israele, mentre in serata un nuovo attacco degli Houthi ha preso di mira Gerusalemme.
Sul fronte palestinese, inoltre, la risposta risoluta delle forze politico militari, i bombardamenti israeliani e le dichiarazioni del ministro della Difesa israeliano Israel Katz che ha confermato la volontà di Israele di occupare tutta la Palestina hanno delegittimato ulteriormente l’Anp.
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In sintesi. Le manovre e le operazioni di cui i sionisti si sono messi alla testa pur di limitare gli effetti della crisi politica che li attanaglia – e attraverso le quali hanno fatto saltare la tregua che la resistenza del popolo palestinese gli ha fatto ingoiare – altro non sono che la manifestazione del loro progressivo declino.
L’azione delle organizzazioni politico militari che oggi sono alla testa della resistenza palestinese ogni giorno dà dimostrazione del fatto che nessuna tregua, né cessate il fuoco strappati agli imperialisti potranno fermare l’occupazione e il genocidio in corso in Palestina. Come nessuna tregua potrà fermare la complicità e il sostegno politico, economico e militare dei governi degli altri paesi imperialisti, come il nostro, ai sionisti.
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L’aspetto decisivo e urgente allora è che le masse popolari italiane, a partire dalle prossime mobilitazioni del 12 aprile e del 25 aprile, raccolgano il testimone della resistenza palestinese per mobilitarsi e organizzarsi per ribaltare il governo Meloni e cacciare i guerrafondai da casa nostra. Questo è il miglior modo per solidarizzare con il popolo palestinese. Ogni incertezza, cedimento o illusione di poter mediare tra gli interessi delle masse popolari e quelli della borghesia imperialista è un’arma in più che si consegna al nemico.
Questo è filo rosso che lega le decine di mobilitazioni dei giorni scorsi e che deve alimentare il movimento in solidarietà con la resistenza palestinese del nostro paese perché ogni cedimento delle mobilitazioni e della lotta non solo indebolisce la resistenza palestinese, ma rallenta e ostacola la principale forma di solidarietà che possiamo dare a tutti i popoli del mondo che in definitiva consiste in un’azione sempre più convinta, radicale e unitaria per ribaltare i governi della guerra.