Democrazia europea. Somministrata dai vertici Ue contro ogni velleità di cambiamento

E per ultimo è stato il turno di Marine Le Pen. Condannata a inizio aprile per appropriazione indebita dei fondi Ue a due anni di braccialetto elettronico e a cinque di ineleggibilità. Cioè non potrà candidarsi alle elezioni presidenziali francesi previste nel 2027 (se poi si svolgeranno effettivamente è tutto da vedere).
Marine Le Pen è una promotrice della mobilitazione reazionaria, modo politicamente corretto per dire che è una fascista di merda, finita vittima dello stesso giustizialismo di cui si è fatta promotrice: è stata lei a caldeggiare l’ineleggibilità per i corrotti. Eccola servita. Oltre a essere una promotrice della mobilitazione reazionaria è anche corrotta. Non leggerete alcun attestato di vicinanza a un personaggio del genere su queste pagine.
Rimane il fatto che nonostante sia una paladina dei gruppi imperialisti, con il suo partito ha intercettato una parte considerevole del malcontento che serpeggia fra le masse popolari francesi, al punto da essere stata più volte un reale pericolo per il fronte dei liberali capeggiati da Macron. Per via giudiziaria – e non per via politica – il fronte dei liberali francesi se ne è momentaneamente liberato.
Come per via giudiziaria la longa manus dei vertici della Ue si è liberata di Georgescu, in Romania, per i finanziamenti illeciti che avrebbe ricevuto da Mosca. Che le accuse a Georgescu siano solide come quelle contestate a Marine Le Pen è discutibile (tutto quello che riguarda le manovre della Ue negli ex paesi socialisti è torbido e infame), fatto sta che è stato “fatto fuori” dalla corsa elettorale con una serie di misure concatenate messe in atto in fretta e furia dopo la vittoria al primo turno.
Se ci fossero ancora dubbi sul fatto che “la via elettorale” NON è la via principale per cambiare le cose nella democratica Unione Europea, ci sono altre chicche.
In Francia è stato imposto un governo che con l’esito delle elezioni della scorsa estate non c’entra niente. Aveva vinto il Fronte Popolare, ma governano i liberali, gli amici di Macron.
Le elezioni in Germania si sono regolarmente svolte lo scorso febbraio, ma, dato che la composizione parlamentare che ne è risultata non permetteva l’approvazione dei decreti per il finanziamento straordinario delle spese militari, alla votazione sono stati richiamati i membri del vecchio parlamento anziché i membri di quello nuovo. Finanziamento del riarmo approvato!
È utile ripeterlo: chi si affida SOLO alla via elettorale per cambiare le cose è destinato a prendere nei denti una sana dose di democrazia europea. Ma c’è un però.

Le manovre (fondate o meno, occulte o palesi) con cui i caporioni della democrazia europea provano a liberarsi di personaggi scomodi e a ribaltare gli esiti elettorali sono certamente la manifestazione di un sostanziale restringimento delle libertà democratiche, ma sono anche la manifestazione dell’impotenza della classe dominante, perché ogni volta che le masse popolari sono chiamate a votare, danno legnate alla cricca della Ue.
Questo vuol dire, per tirare una sintesi utile al campo dei partiti, delle organizzazioni e dei movimenti anti Larghe Intese italiani, che quella elettorale NON è la via principale per cambiare le cose, ma la via elettorale va usata e praticata perché è certamente uno strumento per indebolire la classe dominante e alimentare, dal basso, quell’ingovernabilità dall’alto di cui sono manifestazione le “ricette” francesi, romene e tedesche.

Ps: l’8 e il 9 giugno in Italia si votano i referendum: quattro per abrogare altrettante parti del Jobs Act e uno per limitare a cinque gli anni di residenza in Italia necessari agli immigrati per prendere la cittadinanza.
Andare a votare serve. Non è affatto la “rivolta sociale” di cui parla Landini ed è altamente probabile che gli eventuali risultati favorevoli alle masse popolari saranno elusi o violati. Ma è un terreno di scontro che sarebbe imperdonabile lasciarsi sfuggire.

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