Intervento della compagna Elisa Lelli all’Assemblea Nazionale Giovani del P.CARC
A fronte di un mondo che cade a pezzi, oggi è sempre più forte la spinta dei giovani a lottare per il proprio futuro. Questo è particolarmente evidente per quanto riguarda la devastazione ambientale. Le tematiche ambientali sono oggi infatti uno dei principali ambiti di mobilitazione di giovani e studenti. La crisi climatica pone chiaramente i giovani davanti al problema del futuro. La devastazione a cui giorno dopo giorno assistiamo è infatti causata dalla crisi del capitalismo, un sistema in cui all’ambiente e alla salute di tutti viene messo davanti il profitto di pochi. Finché il sistema economico e sociale sarà governato dalla legge del profitto non sarà possibile invertire la rotta, anzi questo porterà ad un aggravarsi della crisi su tutti i fronti. La devastazione ambientale ci mette di quindi fronte alla realtà che se non ci mobilitiamo oggi per cambiare le cose un futuro noi giovani non ce lo avremo proprio.
In questo senso è esemplificativa una importante vittoria del movimento ambientalista a Bologna, una vittoria per cui il ruolo dei giovani è stato determinante. Si tratta della vittoria del Comitato Besta, gruppo inizialmente composto da alcuni abitanti del quartiere, costituitosi per salvare il Parco Don Bosco, un parco che il Comune progettava di abbattere nell’ambito dell’ennesimo progetto di speculazione edilizia imposto dall’amministrazione più green e progressista d’Italia alle masse popolari già costrette a vivere in una delle città più inquinate e cementificate del paese. Un piccolo gruppo che è poi diventato punto di riferimento per tutti coloro che in città avevano a cuore la questione ambientale, compresi molti giovani e giovanissimi.
Una vittoria strappata dopo un anno di lotta, dopo sei mesi di presidio permanente, di casette sugli alberi, di assemblee periodiche con la pioggia o con il sole, di colazioni giornaliere alle 6 del mattino, ma anche di violente cariche e tentativi di sgombero della polizia, di processi e denunce. Un’esperienza che ha dimostrato che non è vero che è tutto già deciso, ha dimostrato che vincere è possibile, se c’è un gruppo, anche piccolo, determinato a farlo. È possibile vincere se la lotta si sviluppa con continuità, allargando il fronte a tutti coloro che sono disposti a sostenerla e se si affronta la repressione con una giusta linea, non cedendo alla distinzione tra buoni e cattivi fomentata dal nemico e come occasione per rilanciare la lotta e sviluppare la solidarietà delle masse popolari.
Per la vittoria raggiunta è stato determinante il ruolo della componente giovanile del Comitato, che ha portato nel movimento tutta la creatività, intraprendenza, determinazione a vincere e capacità di osare e ribellarsi, che contraddistingue particolarmente i giovani, che più di tutti sentono lo slancio a superare il “vecchio”, a costruire il “nuovo”. Sono stati principalmente i giovani, infatti, che hanno costruito le casette sugli alberi, che hanno dato vita al presidio permanente, frequentando il parco giorno e notte, che hanno respinto con i propri corpi e con le proprie azioni le cariche dei celerini, rispedendo così al mittente i violenti tentativi di sgombero.
Sono stati principalmente i giovani che hanno promosso nel comitato la lotta al legalitarismo, facendo vivere nella pratica il criterio per cui è legittimo tutto ciò che va negli interessi delle masse popolari anche se illegale, cioè vietato dalle leggi della classe dominante. Consapevoli che qualunque forma assuma la lotta per la difesa dell’ambiente è legittima, perché leggi e regole sono fatte e disfatte a uso e consumo degli affaristi e degli speculatori. Tutto ciò ha contribuito a rendere quella lotta un problema di ordine pubblico e, quindi, ha di fatto spinto l’amministrazione a fare un passo indietro.
È anche per questo che la repressione del nemico ha colpito selettivamente la componente giovanile, nel tentativo di alimentare la divisione tra i “vecchi abitanti del quartiere” e i “giovani violenti dei centri sociali”, facendo leva sulla contraddizione tra adulti e giovani per sviluppare la divisione tra buoni e cattivi. Il Comitato però non è caduto in questa trappola. Per quello che riguarda l’ultima fase della lotta, che segue il primo intervento della Polizia del 3 aprile, è principalmente grazie a ciò, ovvero la lotta al legalitarismo e la giusta linea nel far fronte alla repressione, che il parco è ancora lì.
Ora si tratta di far valere quegli insegnamenti anche nel far fronte alla repressione giudiziale, che adesso colpisce quegli stessi giovani con 23 avvisi di fine indagine, avvisi che aprono una nuova fase della lotta, quella processuale. È altrettanto importante anche in questa fase affrontare la repressione collettivamente, farne una questione di ordine pubblico e rispedire ogni attacco al mittente!
Altro aspetto centrale da evidenziare è il fatto che partecipando alla lotta molti giovani hanno trovato un senso, un senso che oggi non trovano più nella scuola o nella società, perché la crisi generale del capitalismo li ha privati di ogni prospettiva futura. Perché nonostante la classe dominante continui a ripetere che siamo tutti uguali e che se ci impegniamo abbastanza riusciremo a ritagliarci il nostro posto nella società, la realtà dimostra il contrario. I giovani delle masse popolari in questa società non potranno realizzare i loro sogni e le loro aspirazioni, sono destinati ad essere considerati esuberi, precari, carne da macello nella guerra (esterna ed interna) della borghesia imperialista.
Quel parco quindi, ormai diventato centro della mobilitazione cittadina, e proprio per quello, si è trasformato anche in un luogo di aggregazione e socialità, un luogo che ha cominciato ad attrarre molti dei ragazzi del quartiere, giovani proletari di periferia, tra cui cresce il disagio e l’abbandono scolastico, che in quel parco ed in quella lotta hanno trovato un obiettivo.
La progressiva distruzione delle condizioni materiali necessarie ad organizzare la propria vita, e quindi a darle un senso, genera nella maggior parte dei giovani un sentimento di rabbia e di insoddisfazione per l’attuale ordinamento sociale, spinge i giovani a mobilitarsi per resistere al disastroso corso delle cose, a violare le regole della legalità borghese, a ribellarsi contro le istituzioni del vecchio mondo. È evidente però che per superare il sistema vigente non è sufficiente ribellarsi, bisogna passare dal CONTRO al PER, serve un progetto politico, anche per non correre il rischio di diventare massa di manovra, prendere in mano la direzione politica per non cadere in balia dell’influenza della borghesia. Se la rabbia e l’insofferenza si limitano alla, pur giusta, violazione delle regole che la società borghese impone, i giovani non riusciranno ad emanciparsi da essa, a costruire l’alternativa allo stato presente delle cose.
Per emanciparsi quindi non basta ribellarsi, serve una prospettiva politica. Questa prospettiva deve portarla il movimento comunista, con il suo Partito, che è la forma più alta di emancipazione e di organizzazione. L’esistenza, la concezione, il metodo del Partito Comunista, dà ai giovani della classe operaia e del resto delle masse popolari un obiettivo concreto e costruttivo, li porta a farsi classe dirigente. La soluzione generale al marasma in cui ci troviamo è infatti abbattere il sistema capitalista. La natura stessa di questo sistema è inconciliabile sia con la tutela dell’ambiente e della salute che con il dare alle masse popolari la possibilità di sprigionare tutta la propria capacità intellettuale, creatività e forza per fermare la crisi in corso e prendersi cura in mille forme del futuro del pianeta e dell’umanità. Solo con una gestione pianificata dell’economia che risponde agli interessi delle masse popolari sarà possibile attuare quel piano vasto e organico di interventi necessario a fare fronte alla crisi climatica. Serve che ogni giovane sia protagonista nella realizzazione di questo piano e nella gestione della società in generale. Serve il socialismo, l’unico sistema che permette di fare ciò.
Sta ai comunisti, trasformare il giusto ribellismo dei giovani in senso positivo, promuovere, mobilitare e organizzare la resistenza dei giovani verso il socialismo. È compito dei comunisti trasformare lo spirito di ribellione in spirito rivoluzionario.
Se saremo all’altezza dei compiti che la situazione rivoluzionaria in sviluppo ci pone, il nostro operato farà germogliare in un numero sempre crescente di giovani il seme della rivoluzione, essiccando l’ortica dell’influenza borghese. I giovani esprimono nella forma più alta e più coraggiosa i sogni e le aspirazioni del resto delle masse popolari, questi incarnano lo spirito della nuova società. Che siano i protagonisti della sua costruzione!
Così come 80 anni fa, durante la Resistenza, i giovani furono i principali protagonisti della lotta di liberazione diretta dal Partito Comunista ed il loro eroismo, determinazione e dedizione sono ancora oggi di esempio per tutte le masse popolari, anche oggi questi hanno il compito di liberare il paese. Sta ai comunisti incanalare tutta la loro rabbia e la loro energia sulla via per fare dell’Italia un paese socialista, l’unica via che permette di realizzare i loro progetti e aspirazioni!