Siamo in guerra ma la guerra può essere fermata

Sull’attentato alla petroliera russa nel porto di Savona

Nella notte tra il 14 e il 15 febbraio la petroliera russa Seajewel, ormeggiata a poche centinaia di metri dal porto di Vado Ligure (Savona), ha subito un attentato esplosivo. Non è stata una tragedia solo perché uno dei due ordigni piazzati sulla nave si è staccato ed è esploso sul fondo marino. È un puro caso, quindi, che le 109 mila tonnellate di petrolio contenute nella nave non siano esplose causando morti e disastri ambientali. Un fatto gravissimo che i vertici politici e militari del nostro paese hanno cercato di far passare sotto silenzio.

La notizia ha assunto un certo peso con la pubblicazione del 17 febbraio su Ukrainska Pravda di un articolo in cui si parlava di una nave colpita da un’esplosione in Italia mentre trasportava abusivamente petrolio russo per aggirare le sanzioni. Il Fatto Quotidiano (FQ) ha aggiunto che la compagnia proprietaria della petroliera era inserita nella blacklist del governo ucraino. Sempre il FQ alcuni giorni dopo ha collegato le modalità dell’attacco di Savona a quello avvenuto pochi giorni prima in Libia ad un’altra petroliera sospettata di trasportare petrolio russo.

Non ci sono notizie ufficiali ma questi elementi portano a dire che l’attacco sia opera della marina militare ucraina. In un articolo a firma di Marco Birolini Avvenire scrive: Proprio i commando di Kiev potrebbero aver compiuto l’azione. Secondo le prime indagini, un gommone con a bordo gli “uomini rana” potrebbe essersi avvicinato partendo dalla costa ligure, oppure da un’imbarcazione al largo. Un colpo di mano militare, compiuto da forze speciali straniere in acque territoriali italiane. Ma chi potrebbe aver messo a segno il blitz? Gli uomini del 73° Naval special operations ucraino, addestrati dai Navy Seals americani, hanno tutte le capacità operative per compiere una missione del genere”. E del resto è un episodio che ricorda il caso North Stream.

Al di là di chi ne siano gli effettivi autori, è gravissimo che sotto la guida di un governo succube e prono agli interessi militari di altri paesi la sicurezza nazionale, la vita delle masse popolari e persino l’ambiente e il territorio italiano siano messi in pericolo fino a questo punto. Queste che vediamo sono le conseguenze “militari” delle decisioni guerrafondaie che il governo Meloni ha ereditato dal governo Draghi e che ha portato avanti con dovizia di servilismo verso gli imperialisti Usa, sionisti ed europei.

Che si tratti delle forze più servili agli imperialisti Usa o di quelle fautrici della guerra europea a oltranza, tutta la cricca di guerrafondai delle Larghe Intese ha reso il paese un bersaglio delle guerre che sta conducendo. È per questo che Meloni e i suoi non parlano e coprono le manovre terroristiche del governo di Kiev. Siamo in guerra.

Quanto successo a Savona, infatti, non è l’unico esempio. Nelle ore successive all’attentato alla petroliera russa il gruppo hacker filorusso ‘Noname057′ ha attaccato il sito web dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale, che comprende i porti di Genova, Pra’, Savona e Vado Ligure. Gli hacker hanno spiegato che la campagna vuole essere una reazione alle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, durante un discorso all’Università di Marsiglia, aveva fatto un parallelo tra la Russia e il Terzo Reich. L’attacco fa parte di una più ampia campagna che gli hacker filorussi hanno lanciato il 17 febbraio scorso contro istituzioni e aziende italiane.

Lo scorso 26 febbraio, poi, la base aeronavale di Sigonella – polo per le operazioni militari statunitensi nel Mediterraneo – andata stata messa in lockdown a causa di un’auto sospetta presso uno dei punti di controllo e d’ingresso. Ai circa 4.000 tra militari e funzionari civili è stato ordinato di mettersi al riparo e seguire le istruzioni delle forze di sicurezza navale. Non conosciamo il motivo del lockdown della base, ma è una notizia che assieme a quella della petroliera, tratteggia ancor meglio il quadro di un’ Italia sempre più coinvolta nella Terza guerra mondiale. Siamo in guerra.

Siamo in guerra ma la guerra può essere fermata. È sempre più urgente che questo governo e tutti i guerrafondai che affollano l’attuale parlamento vadano a casa! Urgente, necessario, ma non “pacifico”. Nessuno di loro se ne andrà spontaneamente. Lo faranno solo se costretti, asserragliati e cacciati dal basso.

Non c’è bisogno dell’ennesimo avviso di garanzia o di maxi processi. Il processo contro il governo è già in corso in tutto il paese nelle migliaia di battaglie dentro le aziende che ogni giorno vengono chiuse, nelle scuole e negli ospedali che sono ridotti sempre più all’osso, nei territori dove si combatte contro la militarizzazione del territorio, contro il coinvolgimento del paese nelle guerre Usa-Nato e nelle operazioni genocidiarie dei loro scagnozzi sionisti.

La strada è già imboccata dalle centinaia di migliaia di lavoratori, studenti e masse popolari che animano le lotte in corso nel paese. Ma per arrivare al verdetto finale, c’è bisogno di un salto di qualità delle mobilitazioni. C’è bisogno che tutte queste convergano sull’obiettivo di assediare il governo fino alle sue dimissioni. C’è bisogno di un fronte di liberazione nazionale. C’è bisogno di un governo che sia espressione di questo fronte e abbia come obiettivo primario quello di interrompere ogni coinvolgimento del nostro paese nelle sporche guerre della Nato, degli Usa, della Ue e dei sionisti. Un governo che agisca per una vera sicurezza nazionale e negli interessi della popolazione.

Leggi anche Sovranità e autodeterminazione

La lotta contro il coinvolgimento del nostro paese nelle guerre Usa-Nato, dei sionisti o dell’Ue è uno degli ambiti in cui sviluppare con più decisione questo fronte di liberazione, su cui far convergere forze ed energie delle organizzazioni già attive e attraverso cui promuovere la nascita di nuovi comitati territoriali.

Per questo chiamiamo tutti i singoli che vogliono attivarsi in questa lotta e tutte le forze più democratiche, progressiste e che vogliono farla finita con il coinvolgimento dell’Italia nella terza guerra mondiale a mobilitarsi nei prossimi appuntamenti.

Il 15 marzo Potere al popolo ha indetto a Roma, in piazza Berberini, alle ore 15:00 una mobilitazione nazionale contro il riarmo della Ue a seguito della chiamata fatta dal quotidiano La Repubblica e il polo PD delle Larghe Intese.

Il Coordinamento Nazionale No Nato ha inoltre lanciato l’appello a fare delle giornate del 4-5-6 aprile (in occasione del 76° anniversario) giornate di mobilitazione capillare nel paese. Ecco l’appello: Dichiariamo il 4 aprile Giornata contro la NATO e la guerra!

I Giovani palestinesi, infine, hanno indetto una mobilitazione nazionale per la Palestina per il 12 aprile a Milano. Ecco l’appello che hanno rivolto ai lavoratori del nostro paese.

La parola d’ordine è una: rendere questi tre appuntamenti – e gli altri che vi si potranno aggiungere – spallate che colpiranno sempre più forte il governo Meloni fino a farlo a cadere. Unire le forze per colpire uniti!

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