Alcune considerazioni sulla due giorni di Festa nazionale della Riscossa Popolare a Barra del 29 e 30 settembre
Il 29 e 30 settembre si è svolta a Napoli la due giorni nazionale della Festa della Riscossa Popolare in occasione dell’ottantesimo anniversario delle Quattro giornate. È presto per tirare un bilancio organico di questa due giorni e del grande patrimonio politico che in essa ha vissuto e da essa sarà alimentato. Su questo verrà prodotto un comunicato nazionale. Vogliamo però sin da subito trattare pubblicamente alcune questioni che nell’ambito della campagna di costruzione di questa festa sono emerse.
Una festa politica
Innanzitutto il valore politico di queste due giornate. Avevamo detto sin da subito che quella che volevamo costruire non era una semplice festa popolare ma principalmente una campagna di mobilitazione politica che ha messo al centro la lotta, la partecipazione e la mobilitazione organizzata per cacciare il governo Meloni e imporre un governo espressione delle masse popolari organizzate, un governo che mette al centro della sua agenda l’attuazione delle reali misure che servono agli operai, ai lavoratori e alla maggioranza della popolazione del nostro paese.
“Organizzare la resistenza per una nuova liberazione del paese” queste le parole d’ordine che hanno vissuto non solo nella due giorni di Napoli ma in tutte le attività di propaganda e mobilitazione per la festa. Parole d’ordine che si sono concretizzate nella partecipazione di svariati comitati e associazioni del territorio di Napoli est che lottano per le bonifiche e un ambiente pulito nel territorio in cui vivono come Comitato Popolare Napoli est, Barra (R)esiste, Comitato civico di San Giovanni, Rete No Gnl, Comitato Porchiano Bene Comune, PER le persone e la comunità, la rete Stop Biocidio e la Consulta Popolare salute e sanità di Napoli, il Comitato unitario No 4a linea di Acerra ma anche di associazioni e comitati che si occupano di altre tematiche come il movimento Free Assange di Napoli per la libertà di informazione, il collettivo Galleri@rt per l’arte al servizio del popolo, attivisti di comitati dei lavoratori dello spettacolo di Bari, della lotta per la sanità pubblica del Molise e di altra natura da altre parti d’Italia (qui il VIDEO del dibattito del primo giorno).
A questi si sono aggiunte figure istituzionali come il presidente provinciale dell’Anpi Ciro Raia, il presidente della VI Municipalità Sandro Fucito insieme ad assessori e consiglieri di zona, il presidente della VIII Municipalità Nicola Nardella e Dario Carotenuto parlamentare del Movimento 5 Stelle. Ma anche esponenti autorevoli dell’informazione e della stampa libera e indipendente come il giornalista portoghese Bruno Carvalho che ha portato la sua esperienza diretta in Donbass (qui il VIDEO dell’incontro con lui), il saggista Gianmarco Pisa, lo storico esperto di est Europa Francesco Dall’Aglio e il direttore di Marx 21 Marco Pondrelli (qui il VIDEO del dibattito del secondo giorno).
Una due giorni anche di musica militante e popolare attraverso i concerti dei 99 Posse, Tony Tammaro, Bancarella del terrone, Rolling Stop e il salotto canoro al Chiar di luna. Una proposta politica e culturale che ha portato al parco di Villa Salvetti di Barra circa mille persone in due giorni.
Chi ha paura della riscossa popolare?
Una festa politica che ha scatenato un fermento e un dibattito politico molto vivi sul territorio di Napoli est prima, dopo e durante il suo svolgimento. Una festa che ha messo in discussione equilibri, prassi e consuetudini che appartengono a un vecchio modo di gestire i territori, per affermare invece il protagonismo delle organizzazioni popolari, dei collettivi e di tutte le realtà di lotta che vi hanno partecipato. Una campagna che ha unito le migliori energie sociali, politiche e anche amministrative che cercano la strada del cambiamento.
La festa ha suscitato, come immaginavamo, anche grandi polemiche e ridicoli attacchi da parte di personaggi in cerca d’autore che esibendosi in sceneggiate grottesche, con al seguito alcune sparute truppe cammellate, hanno cercato visibilità denunciando il fatto che all’ingresso fosse chiesto un contributo volontario per sostenere le spese.
E non è tutto! Per questa patetica messinscena è stata convocata una seduta straordinaria della commissione trasparenza della Municipalità! In un territorio devastato dall’inquinamento, reso invivibile dallo sfruttamento di suolo e mare di multinazionali come la Q8, in cui mensilmente vengono chiuse aziende lasciando per strada centinaia di famiglie (basti l’esempio della ex Whirlpool), infestato dal controllo militare dalle organizzazioni criminali, dove sono stati tagliati decine di milioni di euro del PNRR per il diritto alla casa, l’emergenza è chiedere trasparenza sul fatto che in una festa popolare all’ingresso si chiedesse (in maniera aperta, pubblica e anche in presenza delle forze dell’ordine) una sottoscrizione politica. È proprio vero che la vergogna non basta a impedire il ridicolo di certe azioni, né questo goffo tentativo di mettere in cattiva luce e isolare i comunisti agli occhi del quartiere per ostacolarne il radicamento.
Ad ogni modo non si affannino i commissionanti a ricercare la verità tra gli starnazzi dei trombati della politica di quartiere che attraverso queste scenette cercano visibilità. Lo diciamo noi che sì abbiamo chiesto un contributo volontario di cui abbiamo anche consigliato l’entità in 7 euro. Non un biglietto vincolante per l’ingresso al parco o al godimento degli spettacoli (è entrato anche chi non ha voluto versarlo o ha deciso di versarne meno) ma una richiesta di sostegno alle masse popolari del quartiere per il lavoro militante e l’attivismo di chi con le sole proprie forze, senza fondi pubblici, i sovvenzionamenti degli amici degli amici e altre forme di sostegno ha costruito nel quartiere di Barra, legandosi alla parte organizzata di quel territorio, un laboratorio di autorganizzazione, confronto politico e lotta.
Il fatto che volontariamente si contribuisse a una festa organizzata dai comunisti evidentemente rompe la logica di quelli che fanno della somministrazione di spettacoli gratuiti scevri da qualsiasi impegno politico, sociale e di lotta una forma di controllo sociale e di occultamento dei reali problemi della città, una politica sempre più in voga nella Napoli amministrata da Gaetano Manfredi e dal PD.
Per questi signori l’arte, lo spettacolo, le feste popolari e tutto quanto l’ingegno e la creatività del popolo napoletano sono capaci di esprimere non devono essere armi di emancipazione e riscossa ma metadone nella finta pace sociale su cui cercano di galleggiare insieme ai loro amici trafficanti di eventi.
Una pace sociale fatta di ragazzini che muoiono sparati da propri coetanei in mezzo a una strada, di disoccupazione e fame che crescono e spingono schiere di uomini e donne alla disperazione o a lavorare come manovalanza dei clan, di morti di tumore per l’inquinamento e per la malasanità oggi sacrificati sull’altare dei fondi da destinare a una guerra non nostra che la Nato sta promuovendo in Ucraina al prezzo di centinaia di migliaia di morti, di emigrazione per giovani e meno giovani nel tentativo disperato di costruirsi un futuro, del terrore per le continue scosse di terremoto provenienti dall’area flegrea su cui nessuna istituzione locale o nazionale sta muovendo un dito pronta a speculare sulla prossima tragedia, i prossimi danni e morti.
Una finta pace sociale fatta di una brace che cova e si allarga di giorno in giorno. Una brace di cui gli imperialisti Usa, Ue, la Curia, la Camorra e il resto dei poteri che governano la città hanno sempre più paura. Questi signori sono terrorizzati dall’insubordinazione e dalla crescita dell’organizzazione delle masse popolari, di perdere quel minimo di controllo che riescono a mantenere ed esserne travolti. La festa della riscossa popolare è uno degli strumenti perché tutto questo avvenga!
La burocrazia come arma per impedire l’organizzazione delle masse popolari
Nella costruzione della festa ci siamo trovati sin da subito a dover fronteggiare una serie di problemi burocratici, tentativi di sabotaggio e impicci di vario genere. Ci siamo scontrati direttamente con il colabrodo che sono diventate le istituzioni della classe dominante, fatto di una sequela di prassi, pratiche, timbri, uffici e scaricabarile tra dirigenti che non hanno altro effetto se non quello di ostacolare la libertà di organizzazione e mobilitazione delle masse popolari.
Uffici che funzionano in presenza solo un giorno a settimana, terminali incomprensibili per i quali è necessario rivolgersi a tecnici specializzati ma sempre accompagnati da inutili raccomandazioni di “mettere le carte a posto”. Tutto questo ammantato dal paravento del rispetto della legalità. Ma quale legalità tutela tutta questa burocrazia? La legalità fatta di leggi scritte dai padroni e dai loro servi che tutela i loro interessi e non quelli dei lavoratori e delle masse popolari.
La burocrazia è un’arma della borghesia nella guerra di sterminio non dichiarata che muove contro le masse popolari! È il paravento dietro cui si nascondono le migliaia di famiglie in attesa di una casa popolare, le liste infinite negli uffici di collocamento per ricevere offerte di lavoro e in alternativa sussidi e redditi, i morti di malasanità, i crolli e la fatiscenza degli edifici pubblici, la persecuzione degli immigrati e l’imposizione di una serie di pagamenti e tasse antipopolari, che non hanno altro obiettivo se non quello di giustificare e allargare lo spolpamento delle masse popolari.
È per questo che a una iniziativa inserita nel programma del Comune di Napoli per le Quattro giornate non solo non è stato investito un solo euro per sostenerne il valore politico e popolare tanto pubblicizzato sui siti ufficiali, ma non è stata concessa una sola agevolazione economica, costringendo al pagamento di migliaia di euro per occupazione di suolo (in un parco pubblico!), palco, service, licenze varie, l’affitto di un generatore per la corrente, bagni chimici e tanto altro. A questo si sono aggiunti continui tentativi di sabotaggio e interferenze piccole e grandi che hanno richiesto ore di fila (spesso per trovare uffici vuoti e totalmente impreparati a svolgere il proprio lavoro) e discussioni anche solo per attaccare una lampadina all’ingresso del parco!
Eppure sono decine le agevolazioni economiche e burocratiche se sei una multinazionale come la Red Bull, un’agenzia privata di spettacoli, una società di Camorra o la Chiesa, enti e autorità che possono bloccare interi quartieri per le iniziative e rispetto alla quale ci si toglie pure il cappello.
Noi abbiamo deciso di portare fino in fondo questa festa per denunciare tutti questi ricatti, per rompere con l’andazzo che si è sviluppato negli ultimi anni in città, che di fatto concede solo agli amici dei politicanti, dei padroni, delle multinazionali, dei camorristi o della Curia la possibilità di organizzare eventi, iniziative e attività sociali.
Vogliamo che sia chiaro che non basta fare spallucce e dire che così vanno le cose e che le leggi sono leggi, la questione è politica e va trattata in quanto tale. In queste settimane la giunta Manfredi sta addirittura ragionando di far pagare da chi organizza eventi culturali il servizio della Polizia municipale! Metteremo gli agenti e dipendenti dell’amministrazione pubblica al soldo dei privati, a lavorare per conto del pagante di turno e trasformandoli in guardie private dei magnaccia dei grandi eventi e dei camorristi dell’intrattenimento!
Il vento di riscossa non si fermerà
Con la costruzione di questa festa è emersa con forza la necessità che le organizzazioni popolari, i collettivi, le associazioni e le forze politiche e sociali che vogliono cambiare lo stato di cose presenti aprano un ragionamento sulla lotta per allargare, estendere e imporre la propria agibilità politica. Bisogna togliere le manacce fetide degli speculatori e gli affaristi dall’uso privatistico e anticostituzionale della cosa pubblica.
I parchi, le strade e le piazze sempre più devono diventare luoghi di organizzazione e partecipazione, ogni delibera e regolamento comunale (come quello vigente) che non rispetta questi principi va abolito innanzitutto nei fatti. Dieci, cento, mille iniziative, feste popolari e festival devono tornare a popolare i luoghi pubblici della città. Le tante occupazioni a uso sociale, abitativo e ricreativo li usino come ambito per coordinarsi, moltiplicarsi e promuoverne di nuove. Nuovi comitati dei disoccupati ed ex percettori del reddito di cittadinanza li usino per lottare e strappare un lavoro utile e dignitoso come stanno facendo i Disoccupati 7 novembre e il Cantiere 167 di Scampia. I comitati in difesa del diritto alla salute li riempiano per imporre le misure necessarie a una sanità pubblica, universale e di qualità.
Gli amministratori locali, gli esponenti del mondo culturale, i sinceri democratici e tutti quelli che hanno a cuore l’attuazione delle parti progressiste della Costituzione sostengano e promuovano tale processo se non vogliono che il proprio ruolo si riduca a quello di commentatori delle cattiverie del mondo, dei buoni consigli o peggio del disfattismo. Se chi assume un ruolo importante nello sviluppo della mobilitazione delle masse popolari si mostra incerto, attendista e timoroso apre le porte alla mobilitazione reazionaria, alla guerra tra poveri e finisce in balia dello scontro tra bande. Primi appuntamenti emersi dai dibattiti della festa sono la mobilitazione del 5 ottobre sotto il comune di Napoli e il Corteo del 14 Ottobre alle ore 16:30 da Piazza Duomo ad Acerra entrambi su tema ambientale.
Quella che serve non è una giunta tenuta per le palle dalla Corte dei conti e che si limita al ruolo di passacarte del governo centrale. Quella che serve è un’amministrazione locale d’emergenza che abbia la volontà politica di usare tutti gli strumenti che ha a disposizione per affermare gli interessi delle masse popolari, anziché farsi galoppini del governo centrale.
Qual è il passo necessario da fare oggi per imporre una tale amministrazione? Gli organismi operai e popolari devono darsi un programma di governo del territorio, elaborare le misure concrete attraverso cui attuarlo e chiamare alla mobilitazione le masse popolari per iniziare ad attuarlo direttamente. Non bisogna lasciare tregua a Manfredi, De Luca e Meloni. Il terrore della riscossa popolare muove ogni loro azione. Non abbiamo paura del nemico, è il nemico ad avere paura di noi. Con la due giorni di Barra si è solo fatto un ulteriore passo in questa direzione. Avanti con la riscossa popolare!