La Resistenza non è stata solo una guerra civile, una lotta di liberazione nazionale. È stata il punto più alto raggiunto dalla classe operaia del nostro paese nella sua lotta per il potere.
Le radici di questa lotta affondano nei fatti che si svolgono nei decenni precedenti. Essa non sarà conclusa fino all’instaurazione del socialismo.

La prima crisi generale del capitalismo

All’inizio del secolo scorso il sistema capitalista sembrava aver raggiunto il suo massimo splendore. Sotto le apparenze si celava invece l’inizio di una crisi di lunga durata. Il capitalismo deve continuare a crescere all’infinito perché tutto il complesso della vita sociale proceda senza troppi intoppi. Ma all’inizio del secolo scorso esso aveva oramai occupato ogni spazio possibile: ogni campo di produzione allora concepibile, ogni angolo del mondo, ogni popolo era stato sottomesso al capitale che quindi cominciava a soffocare sotto il peso della sua stessa potenza.

Iniziava così la prima crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale (1900-1945). Per la borghesia, l’unico sfogo possibile a questa situazione era la guerra: il riarmo era l’occasione per tornare a macinare profitti con le commesse statali e la devastazione causata avrebbe permesso di distruggere il capitale in eccesso e dare inizio, con la ricostruzione, a un nuovo ciclo di espansione. Il conflitto avrebbe deciso quale frazione di capitale sarebbe stata distrutta e quale invece avrebbe prevalso, e ogni gruppo imperialista scommetteva sulla sua vittoria.
Su questa base la crisi del capitalismo sfociò nella Prima Guerra Mondiale (1914-1918). La mattanza che ne seguì mostrò a milioni di lavoratori il volto più mostruoso del capitalismo e forgiò in molti la volontà di farla finita con un sistema capace di produrre un tale massacro.

Nel 1917, la Rivoluzione d’Ottobre mostrò la via per farlo e avviò così la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale. Da quel centro, la lotta per il potere tra la classe operaia e la borghesia si dispiegò in ogni paese e in tutto il mondo. La borghesia, terrorizzata dalla rivoluzione proletaria che avanzava, mise allora fine alla guerra prima di aver raggiunto fino in fondo gli scopi per cui l’aveva scatenata e si dedicò a reprimere in ogni paese il movimento comunista e a tentare invano di soffocare sul nascere l’Unione Sovietica.

Comincia la lotta della classe operaia per il potere nel nostro paese

In Italia, all’indomani della Rivoluzione d’Ottobre, le masse popolari guidate dalla classe operaia insorsero con forza, con l’obiettivo di “fare come in Russia”. È il periodo del Biennio Rosso (1919-1920): la classe operaia, per la prima volta nel nostro paese lotta per il potere.
A quell’epoca non esisteva però ancora un partito comunista e il Partito Socialista Italiano (PSI), il partito allora seguito dalla parte più combattiva dei lavoratori, era inadeguato a condurre la lotta rivoluzionaria, né aveva intenzione di farlo.
Gli operai si armarono e occuparono le fabbriche in tutta la zona industriale del paese, numerose furono le insurrezioni locali, ma il coraggio e la sola forza dell’esempio sovietico non bastarono alla classe operaia per realizzare l’assalto al cielo.
La mobilitazione del Biennio Rosso, priva di una guida rivoluzionaria, si esaurì progressivamente. Ma nonostante la battuta d’arresto, lo scontro per il potere tra la classe operaia e la borghesia era oramai iniziato.

La parte più reazionaria della borghesia, spaventata, rispose all’insurrezione del Biennio Rosso cominciando, fin dal 1919, a finanziare il movimento fascista e le sue squadracce.
La classe operaia, da parte sua, nel gennaio del 1921 si dotò finalmente del suo partito comunista: nasce a Livorno, per scissione dal PSI il Partito Comunista d’Italia (PCd’I).
La borghesia allora, determinata a farla finita col pericolo rosso, si affidò definitivamente al movimento fascista. Il Governo e la Corona permisero la marcia su Roma del 28 ottobre del 1922 e consegnarono il potere nelle mani di Mussolini, capo del Partito Nazionale Fascista (PNF).
Tra il 1925 e il 1926, con le Leggi Speciali, il Regime mise i comunisti fuori legge. La lotta della classe operaia per il potere, sembrava definitivamente sconfitta. Ma in realtà il Partito comunista si riorganizzò subito nella clandestinità, con l’appoggio dell’Internazionale Comunista e dell’URSS, e cominciò a tessere la rete della resistenza al Regime.

La Seconda Guerra Mondiale

Nel 1939 la borghesia precipitava nuovamente l’umanità in un conflitto mondiale. L’obiettivo di farla finita con il movimento comunista e con l’URSS, sua base rossa a livello mondiale, si combinava con la necessità di dare soluzione allo scontro tra gruppi imperialisti lasciato in sospeso con la Grande Guerra.
La classe dominante del nostro paese intendeva partecipare al conflitto: tutta l’azione del regime fascista preparava e tendeva alla guerra.
Dopo aver invaso l’Etiopia massacrandone la popolazione (1935), aver partecipato con la Germania nazista al soffocamento della rivoluzione spagnola (1936-1939) e aver invaso l’Albania (1939), nel 1940 il Regime portò l’Italia nel conflitto mondiale come alleato di Germania e Giappone che erano parte dello schieramento nazifascista, e inviò un suo contingente di truppe a invadere l’Unione Sovietica (giugno 1941).
La sconfitta nella battaglia di Stalingrado, nel febbraio del 1943, segnò l’inizio della fine per i nazifascisti, che da allora passarono di sconfitta in sconfitta a fronte dell’avanzata inarrestabile dell’Armata Rossa. Nel nostro paese l’imponente sciopero di marzo che coinvolse 100.000 operai, frutto del lavoro clandestino dei comunisti, e lo sbarco in Sicilia degli angloamericani a luglio, segnarono la fine del Regime.
La classe dominante cercò allora di abbandonare la nave che affondava. Il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del Fascismo destituì Mussolini e lo fece arrestare per mano del re. L’8 settembre dello stesso anno venne firmato, in gran segreto, l’armistizio con gli angloamericani. La Corte e il Governo provvisorio scapparono da Roma, rifugiandosi nell’Italia meridionale e lasciando il paese allo sbando e alla mercé dei nazisti, che lo occuparono militarmente, imponendo Mussolini a capo del nuovo governo del paese: la Repubblica di Salò.

La Resistenza

Con la caduta del Regime, il vuoto di potere, l’invasione nazista, si riaccendeva su ampia scala la lotta tra la classe operaia e la borghesia, che nel ventennio precedente aveva avuto la forma della repressione contro gli operai (carcerazioni, confino, omicidi) e dell’attività clandestina del PCd’I.
La lotta della classe operaia per il potere, per il socialismo, si espresse come lotta di liberazione nazionale, come sarà in Cina, in Corea, in Vietnam. Le due lotte coincisero, perché la classe operaia e il suo partito comunista erano le sole forze che potevano condurre fino in fondo la lotta contro il nazifascismo e questa non poteva non essere anche lotta contro la classe dominante del nostro paese, mandante e complice del fascismo e del nazismo. La mobilitazione popolare per la Resistenza non poteva quindi che tingersi di rosso, non poteva che tendere alla rivoluzione sociale, oltre a perseguire l’obiettivo di cacciare gli invasori.

Questa volta la lotta si spinse oltre a quanto successo nel Biennio Rosso.
Il PCd’I ebbe il grande limite di non concepire, in questa fase, la lotta di liberazione come la forma italiana della rivoluzione socialista, che vedeva solo come lotta contro i nazifascisti e per il ripristino della democrazia borghese. A differenza del PSI di vent’anni prima, era però deciso a portare questa lotta fino in fondo, ad armare le masse popolari, riconoscendo alla classe operaia il ruolo di protagonista. A differenza del PSI del Biennio Rosso, il PCd’I e l’Internazionale Comunista avevano formato i migliori dirigenti della classe operaia: nell’attività del movimento comunista internazionale, nelle Brigate Internazionali che combatterono a difesa della rivoluzione spagnola, nell’opera sotterranea svolta durante il Ventennio per legarsi alla classe operaia.

Nei due anni della Resistenza (1943 – 1945) il sistema di potere della classe operaia avanzò più di quanto avesse mai fatto. Avanzò via via che il PCI acquisiva sul campo di battaglia autorevolezza e prestigio, conquistava sempre più operai alla causa del comunismo e si poneva alla testa di tutte le forze antifasciste. Avanzava con l’ingrossarsi delle brigate partigiane e con il consenso e il sostegno fornito alla Resistenza dalle masse popolari.
Avanzava via via che la classe operaia faceva valere il suo ruolo, sabotando la produzione, fornendo schiere di combattenti partigiani e tra essi eroici comandanti come Giovanni Pesce o Ilio Barontini, per citare solo due fra i più noti.
Tale sistema di potere si articolava nella rete dei Comitati di Liberazione Nazionale (CLN), che si formarono in ogni città, quartiere, azienda e aggregato.
Il potere proletario si manifestò alla luce del sole nelle numerose repubbliche libere partigiane che sorsero nei momenti più favorevoli della lotta di Liberazione. Raggiunse infine il punto più alto al termine della guerra, nel 1945, quando numerose città occupate furono liberate dai partigiani e dalla popolazione e vennero governate dal sistema dei CLN. Caso esemplare fu Milano, dove gli alleati giunsero giorni dopo la liberazione della città e la trovano perfettamente funzionante, nonostante le ferite della guerra.

Tuttavia, se la lotta contro i nazifascisti venne vinta, la lotta della classe operaia si concluse, dopo la Liberazione, con una nuova sconfitta. Non saranno gli operai a comandare nell’Italia del dopo guerra, ma gli USA, il Vaticano, la Mafia, gli industriali. Perché?

La Resistenza tradita

Quando è stata guidata da un partito comunista adeguato a vincere, non c’è stato ostacolo o nemico capace di impedire la vittoria della classe operaia: non vi è riuscita l’occupazione francese ed americana in Vietnam, l’occupazione giapponese in Cina, l’attacco congiunto di tutti i paesi imperialisti all’URSS dopo la sua costituzione.
Il fatto è, quindi, che il PCI non era adeguato a fare la rivoluzione. Non era adeguato perché la sinistra del Partito, la parte più dedita alla causa della rivoluzione, non era stata capace di elaborare una strategia per continuare la lotta fino ad instaurare il socialismo. Questo lasciò campo libero alla destra, guidata da Togliatti, che concepiva il ruolo del PCI come quello di “ala sinistra della borghesia antifascista” e vedeva la restaurazione della democrazia come il punto d’arrivo nella lotta antifascista.
La classe operaia, con questa linea, perse in breve tempo le posizioni di forza conquistate con la Resistenza. Gli imperialisti americani, usciti vincitori dalla guerra, occuparono il paese, ne presero in mano la ricostruzione giovandosi dell’appoggio della mafia e soprattutto del Vaticano, l’unica istituzione delle classi dominanti a salvarsi dalla disfatta e che tramite il suo partito (la Democrazia Cristiana) divenne il governo di fatto del paese.

Ma la lotta cominciata col Biennio Rosso, arrivata al suo punto più alto con la Resistenza, continuata poi negli anni’70, non si è ancora conclusa e non si concluderà fino a che non avremo vinto. Sta ancora una volta ai comunisti raccogliere il testimone.

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