[Bologna] Il “caso Storchi” al S. Orsola: serve una gestione conforme agli interessi di lavoratori e utenti e solo la loro unione e organizzazione può realizzarla!

Sia a livello nazionale che regionale la Sanità è, e sempre di più sarà, uno dei principali settori dell’attuale società oggetto di speculazioni, affarismo, malaffare e criminalità da parte dei padroni e dei loro rappresentati politici, di cui Bonaccini ne è espressione in “doppio petto”.
Contemporaneamente, le lotte per il diritto alla salute e alle cure per tutti e per un lavoro sicuro (dal punto di vista sanitario e contrattuale) degli operatori socio sanitari sono sempre di più ambito di organizzazione e mobilitazione dal basso e sempre più radicate all’intera società. Questo perché il livello di interdipendenza tra settori ed Istituzioni è oggi tale da rendere oggettivamente necessaria la gestione collettiva dell’intera società (basti pensare all’esigenza di un piano nazionale e pubblico per l’approvvigionamento biomedicale che risponda ai reali bisogni della popolazione e non di singoli padroni), oggi diretta invece, nonostante questa unità, allo scopo di garantire profitti e privilegi alla classe dominante.

A conferma di ciò, è molto utile riprendere quanto sta avvenendo al Sant’Orsola di Bologna, ospedale cittadino che, a causa della “riprogrammazione delle attività” (e per la “sicurezza” della struttura) decisa dall’alto per “fronteggiare” la pandemia Covid-19, viene depotenziato con un taglio di ben 373 posti letto su un totale di 1382.Nonostante l’emergenza sanitaria, fortemente aggravata dai tagli e dalle chiusure operate dai vari La Forgia, Errani e Bonaccini (tutti scuderia Partito Democratico), in Emilia Romagna gli sciacalli borghesi proseguono nell’attacco alla Sanità pubblica a beneficio di quella privata.

Ma la notizia degli ultimi giorni, riguardante lo “scandalo” dell’appalto (ora annullato) per la gestione dei servizi integrati di supporto alla persona al Sant’Orsola e il “presunto conflitto di interessi” tra i soggetti coinvolti, aiuta a capire quali sono i reali interessi che vengono tutelati in questo campo e come si concretizza il meccanismo della privatizzazione (“aziendalizzazione”) della Sanità pubblica in corso in Regione. L’intreccio è presto svelato: Roberto Olivi, presidente del Cda di Coopservice (tra le principali cooperative di Reggio Emilia) e il cognato Marco Storchi, dirigente del Policlinico di Bologna e coautore del progetto e del capitolato tecnico a base della gara in questione, sono stati indagati per abuso d’ufficio e falsità ideologica all’interno di un’indagine della Procura relativa alla suddetta gara d’appalto da ben 123 milioni di euro vinta proprio da Coopservice. Non solo parenti (e l’“inchiesta camici” in Lombardia ne è altra esemplare espressione), ma Storchi è stato anche dipendente di Coopservice dal 1998 al 2004. Inoltre, sempre Storchi è un manager esterno all’ospedale, assunto con un contratto di collaborazione a tempo determinato “con un rapporto di esclusività per motivi strategici”, tanto tali da richiedere retribuzioni da oltre 100 mila euro annui. Come da manuale, è stato scelto senza concorso pubblico con un contratto rinnovato da anni oltre i limiti di legge (con la giustifica di essere un “contratto atipico”).

Non ci troviamo di fronte a un caso unico: infatti, questo caso particolare è ben rappresentativo della gestione più complessiva di questo settore strategico per la vita delle masse popolari e la conclusione è che non si tratta di un “presunto conflitto di interessi” (paravento di intossicazione e confusione), bensì di chiari interessi di classe e di come la borghesia li difende e li fa vivere. Di fatti, il “conflitto di interessi” è una misura creata da una parte per limitare i colpi bassi tra padroni stessi e dall’altra per dare una parvenza di controllo giuridico all’azione dei padroni (sotto il manto dell’interesse generale). Ogni padrone è votato a valorizzare il proprio capitale, senza morale perché l’unico suo interesse è arricchirsi cercando sempre nuove opportunità di valorizzazione, facendo le scarpe ad un altro. Gli appalti pubblici, rappresentano le “prede” preferite di questi sciacalli e avvoltoi.

A fronte di tutto ciò, l’unione e l’organizzazione in comitati di lavoratori, utenti e pazienti è la strada da perseguire fino ad imporre i propri interessi collettivi grazie ad una nuova governabilità delle masse popolari organizzate, un governo d’emergenza popolare che parte dalla realizzazione di misure immediate e concrete, organizzandosi in ogni ospedale, azienda e quartiere e il P. CARC è al vostro fianco!

Una gestione della sanità che sia trasparente, popolare e conforme agli interessi delle masse popolari è la sola soluzione al disastro causato dalla sete di profitto della classe dominante e per questo bisogna:
– Organizzarsi negli ospedali per
1. esercitare il controllo popolare sulla gestione dell’emergenza e della Sanità pubblica;
2. verificare che siano adottate tutte le misure di sicurezza per i lavoratori sull’esempio della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia o come hanno fatto i lavoratori dell’Ospedale di Garbagnate Milanese e di Massa-Carrara che hanno scioperato per ottenere i dispositivi di protezione,
3. per tenerli aperti e migliorarli in funzione delle necessità delle masse popolari, come fa il Comitato San Gennaro nel rione Sanità a Napoli, a Milano il Comitato in difesa della sanità pubblica contro la chiusura degli ospedali San Paolo e San Carlo o il Comitato Popolare Intercomunale dell’abbiatense che ha lanciato l’appello a potenziare l’ospedale nuovo di Abbiategrasso;
4. per riaprire le strutture sanitarie chiuse. Perché farli marcire e lasciarli al degrado! Se non lo fanno le istituzioni, apriamoli noi: queste sono strutture che servono;
5. per rompere con i vincoli di fedeltà aziendale e sostenere l’implementazione del personale socio sanitario!
Organizzarsi nei quartieri e territori e coordinarsi per prevenire il contagio, in supporto alle fasce più deboli, anziani e immunodepressi, aiutandoli per spesa e commissioni; sorvegliare l’applicazione delle misure di prevenzione sull’esempio delle brigate di solidarietà popolare; contrastare i tentativi di sfruttare l’emergenza a fini repressivi e di attacco ai diritti delle masse popolari.
Organizzarsi per chiudere temporaneamente le aziende con focolai che fanno produzioni non indispensabili, con garanzia di salario pieno per i lavoratori, e adottare misure di sicurezza nelle aziende che serve tenere aperte.
Organizzarsi per vigilare che i fondi e le donazioni siano effettivamente destinati alla sanità pubblica.

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