Le prossime settimane saranno decisive per costringere i vertici della Repubblica Pontificia a rispettare l’esito del voto e a dare mandato al M5S di formare un governo che attui il programma per cui ha raccolto milioni di voti.

Aspettare e sperare in buon ordine che i vertici della Repubblica prendano spontaneamente questa strada è il modo più diretto per lasciare, invece, campo libero alle loro manovre; la mobilitazione delle masse popolari organizzate è la forza che determinerà la situazione politica dei prossimi mesi. Conseguentemente a questa analisi, in ogni zona in cui siamo presenti stiamo combinando lavoro di massa (volantinaggi di fronte ad aziende e scuole, banchetti), momenti di discussione e confronto, iniziative e mobilitazioni che vanno in questo senso.

Riportiamo di seguito alcune di queste attività, ognuna di esse è rappresentativa di un aspetto particolare, ma complessivamente rappresentano uno spunto che indica una linea e un percorso a cui chiamiamo a contribuire tutte le forze, i partiti, gli organismi e i singoli che riconoscono la necessità di non fermarsi a contemplare la situazione, ma vogliono essere protagonisti della riscossa delle masse popolari.

Gli incontri con il M5S. La parola d’ordine della costruzione di un fronte comune contro le larghe intese è stata portata alle riunioni dei meet up del M5S a Verbania (il 6 marzo) e a Milano (il 13 marzo). Nel primo caso, dalla discussione è emersa con chiarezza l’esistenza di due linee che convivono, ma che portano a prospettive molto diverse, opposte fra loro: una linea arretrata che punta a portare il M5S a normalizzarsi e istituzionalizzarsi, legando le sue sorti al teatrino della politica borghese (elettoralismo), una linea avanzata che punta a sviluppare il legame del M5S con le masse popolari organizzate e a far diventare il M5S stesso strumento di organizzazione. La lotta fra le due concezioni si è resa ben evidente nell’evoluzione della discussione: dall’iniziale, diffusa, incertezza provocata dalla paura che effettivamente l’esito del voto sia rovesciato dai vertici della Repubblica Pontificia e dall’insoddisfazione per il fatto che la Lega ha raccolto in zona molti voti, a fine riunione la prospettiva di far valere la forza delle masse popolari, di organizzarle e mobilitarle e di legarvisi ha riscosso interesse e alimentato combattività. Da segnalare la presenza di due anziani provenienti dalla base del vecchio PCI e che hanno fatto “la trafila” PDS, DS e PD prima di arrivare al M5S, entrambi hanno insistito molto sulla necessità del M5S di strutturarsi in modo più solido e operare in maniera meno approssimativa, meno spontaneista. Stessa necessità è stata espressa da più di un attivista a Milano. In questo caso l’incontro è stato caratterizzato da una discussione che si è sviluppata solo parzialmente, dato che il meet up si è concentrato principalmente su problemi e questioni locali. Uno spunto, poco approfondito, ha riguardato la riflessione di un attivista che ha espresso perplessità sul fatto che sia veramente arrivato il momento di governare per il M5S o se non fosse più produttivo rimanere all’opposizione.

Gli incontri e le assemblee con la sinistra anti Larghe Intese. A Napoli, il 16 marzo, abbiamo partecipato all’assemblea territoriale di Potere al Popolo (PaP), la prima dopo le elezioni. Si conferma l’esistenza di due linee: la linea arretrata che “liquida” i risultati elettorali come la dimostrazione di una grave “virata a destra” delle masse popolari e del paese, una virata che “spiega lo scarso risultato di PaP” e che “alimenta populismo e moderno fascismo”. E’ una linea disfattista che alimenta la concorrenza e la contrapposizione con le altre forze anti Larghe Intese (in particolare il M5S, ma anche LeU), imbriglia il progetto di PaP e gli impedisce di fare dei passi verso quel ruolo che può e deve assumere per alimentare e sostenere la mobilitazione delle masse popolari e la loro organizzazione. La linea avanzata, che esiste anche se deformata e influenzata da quella arretrata, riconosce che la denigrazione del M5S è un errore politico grossolano, riconosce e vuole valorizzare il ruolo delle organizzazioni operaie e delle organizzazioni popolari (che a Napoli ha un peso importante e in campagna elettorale è stato fatto valere – vedi l’articolo a pag. 5), cerca di emanciparsi dal disfattismo della linea arretrata, ma è ancora incerta e, soprattutto, legata all’obiettivo di costruire “il grande partito comunista promotore delle lotte e coordinatore dei movimenti popolari”. In questa contraddizione fra le due linee esposte, siamo intervenuti all’assemblea sostenendo la necessità di partire dai dati reali e non dalle impressioni soggettive per analizzare la realtà, a partire dall’analisi del voto: il paese non è “andato a destra”, hanno vinto le forze che più si sono espresse contro le Larghe Intese e anche la Lega ha beneficiato della propaganda in questo senso. Non si tratta di essere “ottimisti a tutti i costi”, ma è una realtà che esista già un fronte anti Larghe Intese nel paese. PaP non ha il compito di costruire questo o quel nuovo soggetto politico, ma quello di continuare nel lavoro di assemblee territoriali, di coordinamento di organismi e di impegno nei luoghi di lavoro come è stato per tutto il periodo della campagna elettorale, per contribuire allo sviluppo e al consolidamento di questo fronte.

Le assemblee promosse dal P.CARC. Il 18 marzo la Segreteria Federale Lombardia ha svolto un incontro pubblico alla Casa del Popolo di via Padova. La discussione ha coinvolto compagni e compagne che rispetto alle elezioni avevano un approccio diverso (chi ha seguito le indicazioni di voto per PaP che abbiamo dato in Lombardia, chi si è astenuto, chi ha votato M5S) e che fanno un diverso bilancio della situazione creatasi dopo il 4 marzo. E’ stata una discussione ricca in cui le questioni contingenti si sono combinate con aspetti di più ampia prospettiva: il ruolo della mobilitazione delle masse popolari nel respingere i tentativi di ribaltare l’esito del voto, ma soprattutto il ruolo dei comunisti per favorire la costruzione di organizzazioni operaie e popolari valorizzando le lotte spontanee e rivendicative, le “diffidenze” verso il M5S (per la sua natura interclassista), ma anche le possibilità di valorizzarne il ruolo sia in chiave “antisistema” che per costruire la nuova governabilità dal basso del paese. Le ambizioni di cambiare le cose attraverso la partecipazione al teatrino della politica borghese, e il M5S incarna quelle di 11 milioni di elementi delle masse popolari che lo hanno votato, faranno i conti con le tendenze e le condizioni oggettive e diventeranno campo attraverso cui ampi settori popolari faranno la loro esperienza pratica rispetto al fallimento della logica della delega. La discussione si è chiusa senza unità di vedute, ma questo è un dato che dimostra le ampie possibilità di unire ciò che l’elettoralismo divide, se si mettono al centro le masse popolari e il loro protagonismo.

Anche a Firenze, il 16 marzo, si è svolta un’assemblea per discutere del risultato elettorale e delle prospettive. A organizzarla la Segreteria Federale Toscana alla Casa del Popolo “Il Campino”; fra i partecipanti gli esponenti di vari partiti e movimenti (da PaP a LeU), oltre al presidente del Circolo. Anche in questo caso si è trattato di una discussione ricca, da cui è emerso un orientamento unitario ben definito: perseguire il confronto politico, le iniziative comuni, tradurre le discussioni in campo pratico, ma senza cadere nell’organizzativismo, alimentare cioè la discussione politica più ampia anche su temi di carattere internazionale (la situazione in Venezuela, a Cuba o in Corea del Nord). La Toscana si conferma essere un territorio in cui la “base rossa” è presente e vivace (un quinto dei voti delle liste di sinistra – PaP, PC di Rizzo – viene da qui, con zone in cui la percentuale è stata molto al di sopra della media nazionale), un territorio in cui il crollo del PD apre ampi margini di intervento e libera forze in quella fitta rete di circoli e case del popolo che le raccoglie. Su questo si sono espressi molti dei partecipanti, fra cui un compagno candidato con PaP che ha riconosciuto che è da questa rete che provengono i voti che lui stesso ha raccolto (più di 4 mila) e che sono oggi una base da cui partire per allargare il fronte della mobilitazione e dell’organizzazione. La necessità di impedire il ritorno del governo delle Larghe Intese; la necessità di sviluppare organizzazioni operaie, popolari e giovanili e sostenerne il coordinamento con l’obiettivo comune di costruire la nuova governabilità; lo sviluppo della politica da fronte fra gli organismi presenti e consolidare il ruolo di riferimento del Circolo sono i punti di sintesi con cui si è conclusa l’assemblea.

Le mobilitazioni. A Sesto San Giovanni la Sezione del Partito è intervenuta nella campagna elettorale su due livelli: sostenendo gli embrioni di coordinamento fra le forze che sul territorio si attivano per sostenere e promuovere le mobilitazioni popolari (raccolte in PaP), intervenendo nel movimento di lotta per la casa, con il rafforzamento dell’organizzazione e della mobilitazione degli abitanti della Casa Rossa Rossa e sostenendo la mobilitazione del Comitato Inquilini. Il 17 febbraio questi due organismi hanno promosso un’assemblea cittadina con la partecipazione del Comitato Vele e del Cantiere 167 di Scampia, con avvocati dell’Associazione Attuare la Costituzione (Felice Besostri e Giuseppe Libutti) e con Maura Sianesi, legale della Comunità di Sant’Egidio. Quella assemblea è stata un momento importante per rilanciare la mobilitazione per il diritto alla casa e per farla entrare a gamba tesa nella campagna elettorale, ha alimentato la partecipazione ai picchetti antisfratto e alle mobilitazioni che si sono susseguite, arrivando alla manifestazione cittadina di sabato 24 marzo. Quella manifestazione segna la ripresa su vasta scala della lotta, testimoniata sia dalla partecipazione di centinaia di persone, famiglie, esponenti di movimenti e partiti, sia dai legami che si stanno stringendo con altre lotte territoriali, in particolare contro l’amministrazione di destra che alimenta guerra fra poveri e razzismo istituzionale (anche nei criteri di assegnazione delle case popolari).

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