Il 24 giugno si celebrerà il Gay Pride a Napoli. Sarà un’importante giornata di mobilitazione in difesa dei diritti LGBTQ e per l’attuazione delle libertà sancite dalla Costituzione. Le condizioni in cui vivono oggi gli omosessuali, i transessuali e tutte quelle persone che l’oscurantismo clericale della chiesa cattolica indica da millenni come “diversi” per la loro sessualità, sono ancora complesse e oppressive. La differenza di classe anche in questo ambito è elemento decisivo che ci fa comprendere quanto anche la difesa dei diritti LGBTQ sia una questione di classe, elemento della lotta di classe in corso. Mentre gli omosessuali appartenenti alla borghesia imperialista vengono definiti come eccentrici, creativi o comunque vengono accettati nei più alti consessi internazionali e perfino all’udienza di preti, vescovi e alti prelati, gli omosessuali appartenenti alle masse popolari sono costretti a combattere giorno dopo giorno per affermare la propria identità, il proprio orientamento sessuale ma soprattutto a vivere l’oppressione di classe. Se Dolce e Gabbana possono concedersi una vita nel lusso e nel rispetto di tutto il mondo, un omosessuale proletario può anche trovarsi morto e arrotolato in un tappeto tra i rifiuti senza che la cosa desti scandalo e indignazione.
Chiunque abbia un senso di appartenenza di classe e di giustizia sociale avrà fatto fatica perfino a leggere fino alla fine gli articoli in cui si parlava del ritrovamento del cadavere di Simo, transessuale napoletano da sempre attivo per i diritti LGBTQ. Non è né la prima né l’ultima delle notizie di questo genere e non è né la prima né l’ultima volta che a queste notizie non segua una moto nell’opinione pubblica per discutere di questi temi e per battersi contro questa forma di oppressione. La lotta per i diritti LGBTQ è lotta di classe, è lotta per i diritti di tutti, è lotta contro il capitalismo e la barbarie che questo promuove e perpetra contro le masse popolari, giorno dopo giorno. Il Partito dei CARC parteciperà a questo Gay Pride portando Simo e tutte le vittime dell’omofobia nel cuore e nella lotta. Le morti nel campo delle masse popolari sono morti che ci appartengono, che sentiamo nostre, che ricordiamo in ogni momento della militanza. La lotta all’omofobia può e deve essere lotta contro il capitalismo. Il capitalismo è omofobia.
Rilanciamo di seguito due articoli che trattano della morte di Simo e ci stringiamo attorno a tutte le sue compagne e compagni dell’Arcigay di Napoli in un momento come questo.
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Simone, giovane transessuale morto tra i cassonetti a Forcella: il dolore della comunità Lgbt
Dolore e rabbia della comunità Lgbt per la morte di Simone, giovane transessuale trovato morto lo scorso 10 giugno tra alcuni cassonetti a Forcella, quartiere di Napoli. Apparteneva a lui, infatti, il cadavere trovato avvolto in un tappeto: “Era un’anima fragile e nomade”. Tanti gli interrogativi senza risposta: “Com’è morto? Chi l’ha adagiato in una trapunta, lasciandolo morire tra i rifiuti?”.
Era “un’anima fragile come quella celebre della canzone di Vasco Rossi”. Inizia così il ricordo di Simone, giovane transessuale il cui cadavere è stato travolto avvolto in un tappeto tra alcuni cassonetti dell’immondizia a Forcella, quartiere di Napoli. Una fine assurda, “disumana e sinistra”, per usare le parole utilizzate da “Gaynews.it”, quotidiano che partendo dalle notizie di cronaca dello scorso 10 giugno ha ricostruito la drammatica vicenda del giovane transessuale.
I media avevano riportato la notizia dell’identificazione del cadavere trovato tra i cassonetti in via Vicaria Vecchia, spiegando che si trattava di una ragazza di 30 anni di Casoria. In realtà, come spiega “Gaynews”, quel corpo gettato tra i rifiuti apparteneva a Simone, un transessuale di origine romena, ma adottato e cresciuto in Italia, che anche se nato donna stava affrontando la transizione per diventare uomo. Un’anima fragile e uno spirito nomade: “Capitava, infatti, che Simo si allontanasse per diversi giorni, non si facesse vedere dagli amici dell’associazione Arcigay di Napoli, sparisse per qualche mese, perso nei suoi viaggi e nei suoi incontri, e poi ricomparisse improvvisamente con il suo sguardo triste e allegro al tempo stesso”, spiega il quotidiano. Motivo per cui l’assenza delle ultime settimane non aveva destato particolari preoccupazioni in chi lo conosceva.
Tanti interrogativi ancora senza risposta
Sabato scorso, purtroppo, la notizia del drammatico ritrovamento. Una morte che oltre allo strazio e al dolore, ha suscitato in tutti i conoscenti di Simone anche rabbia e sgomento per i tanti interrogativi che lascia senza risposta: “Come è possibile che nel 2017 un ragazzo venga trovato morto tra i cassonetti della spazzatura nel pieno centro di una città popolosa come Napoli? – si chiede il quotidiano “Gaynews.it” – Come è possibile che non si sia trovato nessuno che potesse raccontare gli ultimi momenti della vita di Simo e che potesse dire qualcosa di più sul modo in cui è finito? Come è morto davvero Simo? Per quale motivo non è più tra noi? Chi l’ha adagiato in una trapunta, lasciandolo morire tra i rifiuti?”. Domande a cui si spera che le indagini della Squadra Mobile e del Commissariato Vicaria, titolari dell’inchiesta, possano dare qualche risposta.
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La morte di Simo, giovane transessuale, abbandonato a Napoli tra i cassonetti di Forcella
Un’anima fragile come quella celebre della canzone di Vasco Rossi. Ecco come potremmo ricordare Simone, il giovane ragazzo transessuale FtM che alcuni giorni fa è stato ritrovato cadavere, avvolto in una trapunta, nei vicoli napoletani di Forcella.
Un’anima fragile, poetica e vagabonda la sua. Capitava, infatti, che Simo si allontanasse per diversi giorni, non si facesse vedere dagli amici dell’associazione Arcigay di Napoli, sparisse per qualche mese, perso nei suoi viaggi e nei suoi incontri, e poi ricomparisse improvvisamente con il suo sguardo triste e allegro al tempo stesso. Con quel sorriso distante e tenerissimo che gli si dipingeva sul viso: il sorriso leggero di chi sa, per esperienza e preveggenza, la caducità delle fortune mortali. Ed è per questo che la sua assenza, nelle ultime settimane, non aveva allertato chi conosceva la sua vocazione alla libertà e all’indipendenza. E forse alla solitudine.
Invece, casualmente, la triste sorpresa: sfogliando le pagine di cronaca di alcuni giorni fa e parlando con qualche amico che ne era già stato messo al corrente, i compagni d’Arcigay di Napoli hanno ricostruito il triste epilogo dell’esistenza di Simo e hanno capito che quella “ragazza trovata morta a Forcella” di cui parlava La Repubblica del 10 giugno scorso, altri non era che Simo. Proprio lui, il loro compagno di militanza, il giovane bohémien di origini rumene che il quotidiano individuava erroneamente come ragazza di origini asiatiche.
«Della sua terra, di cui portava le radici nella sua indiscutibile bellezza, aveva tutto – così dichiara Daniela Lourdes Falanga, delegata alle politiche transessuali di Arcigay Napoli, -. Simone era un ragazzo pulito, dolce, incredibilmente buono, capace di organizzare i pensieri come fanno in pochi e viveva tristemente la precarietà del mondo, quella riservata ai sentimenti, al lavoro, ai progetti emotivi. Non lo seguivo solamente nel suo percorso di transizione. Ne ero l’amica e veniva a cercarmi sempre, insieme a Carmen, per avere un consiglio, per confidarci le sue peripezie esistenziali, i suoi indugi, le sue passioni. Era delicato come può esserlo chi crede nella bellezza del tutto e non trova speranza, ed era nomade per vocazione, per fede, per questa disperata necessità. Adottato e cresciuto in Italia, non abbandonava il pensiero che fosse rumeno tanto che, sorridendo, si definiva addirittura zingaro e lo era del tutto in quell’orgoglio, la cui consistenza riconosco, faccio mia persino nella militanza. Rimaniamo sconvolti, interdetti, in un pianto che non trova risposta, io, Carmen, Ilario, Rosa, Daniele e tutte le persone che lo conoscevamo intimamente, nel suo abbraccio stretto, lungo, di gratitudine».
Di questa triste vicenda però non registriamo solo lo strazio e il comprensibilissimo dolore di chi lo conosceva e ne conosceva le sofferenze e le inquietudini, ma anche lo sgomento di fronte a una morte che ci sembra atrocemente “dimenticata”. Vorremmo infatti sapere come è possibile che nel 2017 un ragazzo venga trovato morto tra i cassonetti della spazzatura nel pieno centro di una città popolosa come Napoli? Come è possibile che non si sia trovato nessuno che potesse raccontare gli ultimi momenti della vita di Simo e che potesse dire qualcosa di più sul modo in cui è finito? Come è morto davvero Simo? Per quale motivo non è più tra noi? Chi l’ha adagiato in una trapunta, lasciandolo morire tra i rifiuti?
C’è qualcosa di disumano in questa storia. Qualcosa di sinistro. E dalle pagine di Gaynews auspichiamo e chiediamo di sapere qualcosa di più sulla morte di Simo. Perché Simo, nella sua fragilità e nelle sue contraddizioni, ci somiglia più di quanto crediamo e il silenzio sulla sua morte incombe come una minaccia sulla nostra stessa vita, ancor prima che sulla sua vita ormai strappata.