Terminata la gara delle tv nel dare per primi le notizie sulle inondazioni; affievolita l’emozione di tutti quelli che si sono affollati sui ponti dei fiumi in piena per avere la propria foto-ricordo; ora c’è la calca tra chi vuole dimostrare che tutto sommato è andata bene, che gli interventi sono stati efficaci e tempestivi, che l’uso e la tutela del territorio sono stati sostenuti coscienziosamente dagli amministratori locali: restano però i danni e il “balletto” su chi pagherà!
Dall’altra parte ci sono i comitati popolari che avevano preannunciato quanto accaduto in questi giorni in tutta la valle, ma in particolare a Cecina dove sono in corso i lavori per la costruzione di un mega porto alla foce di un fiume! Oltre allo snaturamento della foce, c’è lo sviluppo di un’urbanizzazione selvaggia proprio nei pressi del fiume e gli argini realizzati per poter costruire in zone soggette ad alluvione sono serviti solo in parte. Lo abbiamo visto anche in tante altre zone d’Italia, il fiume in piena cerca e trova la sua via … E dove trova la via semina “disastri annunciati”: barche di pescatori alla deriva, campi agricoli alluvionati, scantinati allagati, linee ferroviarie, strade e ponti bloccati, animali morti…
Benedetti ha tirato fuori il solito patto di stabilità che si può sbloccare solo a danni fatti, lamentandosi così che non è stato possibile costruire l’argine mancante e neppure pulire e bonificare il fiume (aggiungiamo noi).
Sindaco, giunta e tutti i lacchè che ambiscono alle poltrone della prossima legislatura si sbracciano a difendere l’urbanizzazione selvaggia (edifici, porto, intombamento di fossi) che hanno favorito, non si risparmiano nel tentativo di togliere la parola a chi denuncia la realizzazione di queste opere inutili e dannose: ma i fatti hanno la testa dura e parlano ancor meglio!
Sono mesi che, insieme ad altri, abbiamo chiesto che venisse convocato un consiglio comunale aperto e straordinario per rendere consapevole la cittadinanza del progetto porto, di tutto ciò che gli ruota attorno e che comporta soprattutto per quanto riguarda il rischio idrogeologico; ma la democrazia cecinese riproduce in pieno quella espressa dal governo centrale in questi giorni concentrato nell’eliminare le opposizioni che dissentono, che non stanno al loro gioco, che scoprono le loro carte e nell’etichettare come violento tutto quello che si muove per smascherarli. Violenti sono i picchiatori che siedono al governo!
Il Pd locale (appoggiato da PSI, IDV e con la falsa e opportunista critica di SEL) è lo specchio del nazionale che si accorda con un condannato e la sua banda su una legge anticostituzionale: è sempre più chiara la loro combutta e il loro coprirsi a vicenda nel trascinare le masse popolari del nostro paese alla fame, l’economia allo sfascio e l’ambiente alla devastazione.
Ribadiamo il nostro no alle opere inutili e dannose come il megaporto di Cecina!
Mandiamo a casa chi amministra mettendo al primo posto il profitto privato a scapito dell’interesse della collettività!
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La Legge di Stabilità e le altre “marchette e schifezze” del governo Letta-Napolitano limitano ulteriormente l’autonomia dei Comuni e intensificano il “prelievo forzoso” dalle casse comunali e dalle tasche dei cittadini. In questa situazione le alternative per i sindaci non sono molte: o diventano altrettanti “sceriffi di Nottingham” o diventano centri di mobilitazione, disobbedienza e ribellione al governo centrale in nome degli interessi e delle esigenze delle masse popolari e del territorio che amministrano. Non è una questione di buona o cattiva amministrazione, di onestà o disonestà, ma nell’interesse e per conto di chi si amministra una città: altro che la retorica del sindaco di tutti i cittadini, è tempo di essere partigiani! E i “buoni amministratori”? In un mondo di ladri, se non si fanno paladini delle organizzazioni operaie e popolari e delle loro iniziative per far fronte agli effetti più devastanti della crisi, i buoni amministratori prima o poi finiscono per diventare anch’essi ladri: ladri “onesti” nel senso che rubano per conto del governo centrale o “disonesti” perché rubano per sé e il proprio entourage, ma sempre ladri sono. La costruzione di amministrazioni comunali d’emergenza parte dal basso e può partire da subito, senza aspettare le elezioni.
E’ una tendenza che è nell’ordine delle cose, un esempio sono le liste che hanno dato vita a “Le Città in Comune” che hanno deciso di lanciare tre campagne che sin dai prossimi giorni troveranno concretizzazione dentro e fuori le aule consiliari.
La prima centrata sul dovere dei sindaci di fare fronte all’emergenza sociale e di tutelare la sicurezza idrogeologica del territorio e delle scuole, superiore al mandato di rispettare i vincoli di bilancio imposti dal Patto di stabilità.
La seconda sul federalismo demaniale e sul patrimonio immobiliare pubblico e privato da riutilizzare – a partire dalle caserme in dismissione – per creare lavoro, cultura, nuovo welfare e rispondere all’emergenza abitativa che cresce nelle città.
La terza riguarda la ripubblicizzazione e la trasparenza di gestione dei servizi essenziali – come acqua, trasporti e gestione dei rifiuti – attraverso mobilitazioni, interrogazioni, proposte di delibere e di modifiche degli Statuti comunali, per attuare in ogni città le intenzioni espresse nell’esito referendario del giugno 2011.
Le liste di cittadinanza riunite si sono date il nome di “Le Città in Comune”, per sottolineare una verità semplice oggi negata: le città sono di tutte e tutti coloro che le abitano, servizi essenziali e spazi pubblici sono proprietà collettive da amministrare per il bene delle e dei cittadini e non per quello delle banche e dei costruttori, anche prevedendo azioni di “forzatura” legislativa se necessarie. Autonomia della politica dall’economia di mercato, lotta culturale e politica ai vincoli di bilancio “imposti” alle amministrazioni locali, perché le città siano teatro di un’alternativa alle politiche di austerità e alle larghe intese.
Disobbedienza al Patto di Stabilità, rigenerazione e valorizzazione sociale del patrimonio immobiliare in disuso, difesa dei beni comuni e dei servizi pubblici: campagne e obiettivi di rottura con le prassi, le consuetudini e anche le leggi che abitualmente regolano la vita dei comuni e con le compatibilità del sistema attuale.