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Altro che riarmo europeo…
Serve una nuova liberazione
Per quanto i caporioni dei gruppi imperialisti Usa e Ue siano divisi e in reciproca concorrenza, sono perfettamente allineati sul fatto che il prezzo della crisi e dei suoi effetti debba ricadere sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari.
Quando Ursula Von der Leyen parla del piano da 800 miliardi per il riarmo europeo sta prima di tutto dichiarando guerra ai lavoratori e alle masse popolari dei paesi della Ue.
Quando Elly Schlein e Fratoianni affermano di essere contrari al piano da 800 miliardi per il riarmo, ma che è necessario un piano per la difesa comune europea, stanno solo cercando di camuffare la dichiarazione di guerra dei vertici Ue contro le masse popolari, ma la dichiarazione di guerra resta.
Quando Giorgia Meloni dice di essere contraria al piano di riarmo europeo perché “il nome non è adatto” sta apponendo la sua firma in calce alla dichiarazione di guerra contro le masse popolari, ma cerca di spacciarlo per qualcosa di diverso.
Le “grandi manovre” per intruppare i lavoratori e le masse popolari italiane nella mobilitazione reazionaria e guerrafondaia sotto le bandiere Ue hanno incassato il sostegno di tutti gli attori, protagonisti, comprimari e comparse, del sistema della Larghe Intese. Compresi i vertici della Cgil e dell’Anpi che fanno orecchie da mercante di fronte alle proteste e alle dissociazioni delle rispettive basi.
Proprio il posizionamento dei vertici della Cgil e dell’Anpi ripropone ai partiti e alle organizzazioni del movimento comunista, ai sindacati alternativi e di base, ai movimenti, agli organismi operai e popolari la questione – la necessità e l’urgenza – di compiere un salto, un’assunzione di responsabilità e una presa in carico: costruire un fronte unitario per dare uno sbocco politico alle mobilitazioni, alle rivendicazioni e alle proteste.
In Piazza Barberini, la piazza alternativa e antagonista a quella promossa dai servi italiani della Ue e del riarmo europeo e della guerra, ci sono tante anime diverse, tante sigle, tante organizzazioni, tanti partiti e movimenti.
Siamo divisi su tante cose: aspetti di analisi, questioni ideologiche e politiche. Siamo divisi anche su questioni tattiche, sui metodi e sugli strumenti da usare. Ma siamo uniti dalla riconosciuta necessità di alzare di tono le mobilitazioni e le iniziative di lotta, dalla comune consapevolezza che l’alternativa “è di classe o non è” (nessun ammiccamento geopolitico o nazionalista) e, soprattutto, dall’oggettiva necessità di dare uno sbocco politico al movimento operaio e popolare.
Possiamo partire da quello che ci divide, continuando ad alimentare settarismo e spirito di concorrenza in nome delle più o meno legittime riserve reciproche. Ma bisogna in tal caso anche farsi carico, assumersi la responsabilità, delle dirette conseguenze di questa condotta (per capirsi: non è possibile riversare la responsabilità sulle masse popolari che “non si muovono”, “sono passive”, “non capiscono”). Oppure possiamo partire da ciò che la situazione oggettiva ci pone di fronte, dalle necessità e dalle possibilità di unire il fronte politico, sindacale e sociale alternativo ai governi della guerra e della miseria.
La necessità attiene al fatto di far salire di tono, coordinare e concatenare tutte le mobilitazioni operai e popolari per farle confluire nella lotta per cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare.
Avvalendosi delle difficoltà delle Larghe Intese, le possibilità sono sotto i nostri occhi.
Il 28 marzo ci sarà lo sciopero nazionale dei metalmeccanici per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro e si svolgeranno manifestazioni in tutte le provincie ed è uno snodo fondamentale per costruire il fronte dei lavoratori contro la guerra e l’economia di guerra.
Il 5 aprile ci sarà la manifestazione nazionale a Roma promossa da Usb con la parola d’ordine “Alzare i salari, abbassare le armi” e nelle giornate del 4, 5, 6 aprile si svolgeranno le iniziative territoriali del Coordinamento Nazionale No Nato che ha lanciato l’appello “Dichiariamo il 4 aprile Giornata contro la NATO e la guerra!”.
Il 12 aprile c’è da costruire la manifestazione nazionale a Milano in solidarietà al popolo palestinese e contro la guerra indetta da Udap e Gpi.
Poi c’è il 25 Aprile. E poi ci sono le mille altre iniziative e mobilitazioni di livello locale, grandi e piccole: dalle mobilitazioni per il clima promosse da Fridays for future, Extinction Rebellion e Ultima generazione che molto hanno fatto (e fanno!) nell’applicare il giusto principio che è legittimo tutto ciò va negli interessi delle masse popolari anche se è illegale, fino allo sviluppo di quanto hanno seminato le mobilitazioni dell’8 Marzo e della parola d’ordine Lotto, boicotto, sciopero! con cui migliaia di donne delle masse popolari sono scese in piazza.
La borghesia imperialista chiama le masse popolari a fare da carne da macello e da cannone per le sue guerre. Serve costituire un centro autorevole di mobilitazione che, come fece il vecchio CLN, organizzi – qui e ora – la resistenza per una nuova liberazione.