Caccia agli antisionisti

Intervista a Giuseppe Flavio Pagano

Questa intervista è stata raccolta PRIMA del corteo del 5 ottobre. Per questioni tecniche è stato possibile pubblicarla solo oggi, rimane un testimonianza valida e importante che contribuisce a inquadrare il clima (e le operazioni) che le autorità e le istituzioni italiane fomentano contro il movimento di solidarietà al popolo palestinese.

Abbiamo visto il video con cui comunicavi di aver subito una perquisizione da parte della Digos di Firenze e una denuncia per apologia del terrorismo. Ci è sembrato importante approfondire alcune questioni che tratti in quel video, prima di tutto però è utile riassumere i fatti: di cosa sei accusato, con quale pretesto sei stato accusato e, soprattutto, cosa c’entra Al Jazeera?

Le accuse che pendono su di me sono fondamentalmente due. Una è quella di istigazione all’odio razziale e xenofobo e l’altra è quella di istigazione a delinquere e istigazione al terrorismo. Tutta questa vicenda fondamentalmente nasce da luglio: dal 6 luglio per la precisione, quando un gruppo Telegram decide di confezionare un video diffamatorio che selezionava solo alcune righe di alcune mie stories che avevo pubblicato da novembre in poi, slegandole da un contesto di riflessioni più ampie e complesse. L’obiettivo era evidentemente quello di disegnarmi come un apologeta del terrorismo internazionale, istigatore di atti di violenza contro giornalisti e altro ancora.

Questo video è stato inviato alle varie redazioni che sono loro “amiche” e quindi: il Foglio, il Giornale, Libero etc. ed infine è arrivato anche nelle mani del Console di Israele Carrai che subito si è intestato il proposito di denunciarmi alla Procura e alla Digos per istigazione all’odio razziale e al terrorismo. Che dietro questa denuncia ci sia lui è evidente, perché Carrai stesso ha rivendicato in diverse interviste quest’azione nei miei confronti. Ciò, però, conferma anche che Carrai ha avuto contatti con questo gruppo Telegram che si chiama Israele senza filtri. Il gruppo riunisce parecchi sionisti italiani e cittadini italo-israeliani e la sua caratteristica principale è che all’interno svolge un tipo di propaganda con dei contenuti dal profilo penale piuttosto rilevante come può essere il fatto che dibattano su attivisti pro-Palestina da uccidere e sulle modalità con cui questi attivisti vadano eliminati, oltre che esultare per ogni ospedale bombardato e ogni civile di Gaza ucciso.

Tuttavia le inchieste a mio carico partono da più lontano, esattamente inizio 2024, quando l’ex Assessore alla cultura di Genova, Elisa Serafini, segnala alcune mie stories alla Digos di Genova. La Serafini, che si presenta come giornalista, non aveva gradito delle mie critiche su alcuni suoi articoli e post che diffondevano fake news, e ha così deciso di vendicarsi attraverso una segnalazione alla Polizia. Non solo, ha fatto pressioni sul Comune di Firenze perché rescindesse il mio contratto di collaborazione con le Biblioteche fiorentine. Non ultimo, quello stesso materiale che ha diffuso per le sue azioni occulte, si è trasformato in quel video diffamatorio all’origine di questa situazione surreale.

Dopo la pubblicazione di quel video a luglio decido di prendere le mie contromisure e quindi di avviare uno studio di chi fossero le persone che mi avevano dedicato questa campagna di odio. Decido quindi di realizzare un primo video che poi viene ripreso dalla rivista La luce. Successivamente i redattori di questa rivista sono entrati in contatto con Al Jazeera che, a sua volta, ripropone questa mia inchiesta.

A quel punto Carrai si ritrova citato dentro questo servizio di Al Jazeera associato a questo gruppo di fanatici sionisti che dibattono su omicidi mirati nei confronti di attivisti pro-Palestina.

Arriviamo quindi ai giorni nostri: evidentemente la Procura avrà ritenuto che io sia in contatto con profili di alto livello in Qatar e in Medio Oriente. E ha pure ritenuto che fosse necessario approfondire con una perquisizione e con un sequestro di materiale informatico per verificare se io, effettivamente, fossi in contatto con gruppi o singoli che hanno attività di natura terroristica. Un’ipotesi decisamente surreale.

Il tentativo di intimidazione che hai subito, la perquisizione, il sequestro di materiale, la denuncia, fanno emergere che le procure subiscono pressioni “dall’estero”. Puoi approfondire il discorso?

Su questo la valutazione che faccio è la seguente: se partono in pochi giorni diversi procedimenti con sequestro di materiale informatico, nella stessa città e con procuratori diversi a occuparsi di questa attività di indagine non escludo che possano esserci delle pressioni anche su ambienti giudiziari come le procure, così come ci sono pressioni , evidentemente, anche sul governo. Come questo accada io non saprei ricostruirlo però, di fatto, ci troviamo in una situazione in cui coloro che portano avanti un tipo di controinformazione oppure hanno posizioni antisioniste vengono assimilati a posizioni antisemite diventando, così, oggetto di contestazione del reato di odio razziale che è assolutamente inadeguato e fuori misura per quello che invece è un tipo di posizione politica contro un movimento politico (il sionismo, ndr).

Riprendiamo un altro concetto dal video. Dici che, nel tuo caso, intimidazioni e attacchi repressivi sono la spinta a una maggiore mobilitazione, anziché un deterrente, e che per difendere gli spazi di agibilità e i diritti democratici bisogna praticarli. Pensiamo che questo sia un concetto estremamente importante, anzitutto perché in un certo modo vanifica uno dei primi obiettivi delle forze repressive: scoraggiare e “disattivare” chi è colpito dalle misure repressive. Ci sono vari esempi di questo. I tentativi di criminalizzare il corteo del 5 ottobre a Roma, su cui aleggiano i divieti del governo, sono in verità i tentativi di scoraggiare la partecipazione di massa. Il ddl 1660 che introduce la persecuzione anche per chi promuove proteste pacifiche è, contemporaneamente, un grave attacco ai diritti e una grande operazione di terrorismo mediatico per scoraggiare le proteste e le rivendicazioni di ogni tipo. Ci sono tanti segnali, grandi e piccoli, che rendono così importante il concetto “difendere i diritti praticandoli”. Cosa ne pensi?

Abbiamo capito che esiste un sotto testo che collega azioni giudiziarie alle iniziative del Parlamento e ai disegni di legge che partono dall’esecutivo, infatti quando parliamo di un ddl come il 1660 vediamo che ha come primo firmatario il Ministro Piantedosi. Quindi esiste un quadro generale in cui si sta delineando la nascita di uno stato autoritario dove la conflittualità sociale viene assolutamente nascosta sotto il tappeto, dove per tappeto però si intende l’insieme di norme che vietano la possibilità a gruppi organizzati di esprimersi anche pacificamente oppure di informare. Quindi la direzione in cui si va è quella di reprimere il conflitto e nascondere anche i problemi perché nel momento in cui si decide di criminalizzare chi occupa una casa è evidente che non si sta rispondendo a quelle che sono le necessità di unità abitative per ceti popolari. Così come non va a risolvere le questioni dei dissesti idrogeologici dovuti ai cambiamenti climatici ma va invece a criminalizzare coloro che sollevano il problema dei carburanti fossili. E non risolve il problema delle condizioni carcerarie attualmente in Italia o l’oscenità dei CPR, uno strumento amministrativo assolutamente anticostituzionale, ma piuttosto cerca di reprime il dissenso. Tutto questo si lega a un orizzonte di politica più internazionale, e quindi all’attività dei gruppi pro Palestina che portano avanti una certa visione del mondo, che in fin dei conti chiedono un intervento da parte dei Paesi che fanno parte dell’ONU e dell’Unione Europea affinché mettano Israele nella condizione di non nuocere. Quindi, tutte queste spinte vengono criminalizzate usando degli strumenti retorici ormai abbastanza spuntati cioè quello dell’accusa di antisemitismo e di terrorismo internazionale: due strumenti che fondamentalmente scendono nel ridicolo! E quindi anche nei loro confronti (attivisti pro Palestina, ndr) si sta disegnando un certo tipo di condotta dove se queste persone scendono in piazza, si organizzano o parlano anche nelle piazze virtuali, vengono messe nelle condizioni di “non nuocere”. Penso che nel momento in cui le politiche repressive aumentano questo non può che chiamarci a una maggiore mobilitazione, per un motivo fondamentale: tutti quanti, in momenti anche diversi e con argomenti e interessi diversi, potremmo essere colpiti un giorno da questo tipo di repressione. Quindi nessuno è al sicuro: che tu sia una persona impegnata su diverse tematiche – casa, carcere, ambiente, lavoro, ecc – chiunque con queste “leggi fascistissime” rischia di essere toccato dalle mani della legge perché banalmente tutti potremmo trovarci colpiti ad esempio dalla criminalizzazione per un blocco stradale o un picchetto davanti a una fabbrica. Per questo motivo io penso che ci sarà una risposta forte da parte di tutti i corpi sani del paese che vanno dalle associazioni a parte della magistratura a cittadini comuni e partiti.

Ci avviamo alle conclusioni. Dividere fra buoni e cattivi è una tipica manovra della classe dominante. È tollerato schierarsi a parole contro i massacri di civili palestinesi, ma è vietato esprimere solidarietà e sostegno alla resistenza palestinese e alle forze che la compongono. Se sostieni la resistenza, oltre ai processi mediatici, rischi anche una denuncia per istigazione al terrorismo o per antisemitismo. La classe dominante prospera anche attraverso la divisione fra buoni e cattivi. Tu ora sei cattivo, lo hanno detto la Digos e la procura di Firenze. Hai ricevuto solidarietà dopo la pubblicazione del tuo video? Solo attestati personali e individuali o anche pubblici?

Ho ricevuto un enorme abbraccio di solidarietà da parte di tutte le persone che in questo anno mi hanno seguito sui social e quindi hanno avuto modo di osservare cosa scrivevo giorno per giorno e quindi di valutare il mio tipo di narrazione cioè se era sediziosa o se chiamava le cose con il loro nome! Anche nell’ambiente di lavoro ho ricevuto tanta solidarietà così come dal gruppo consiliare Sinistra Progetto Comune con Dimitri Palagi che mi ha dato una mano nell’entrare in contatto con la stampa e poter raccontare questa vicenda che non riguarda solo me anche altre persone. Chiaramente la comunità palestinese, sia quella di Firenze ma anche altre sparse in Italia, mi sono state vicine. Quindi se il loro gioco era quello di indicarmi come nemico e quindi come oggetto di riprovazione sociale gli è andata male perché il feedback è stato positivo e anche inaspettato per alcuni versi! Questo mi ha dato ulteriore spinta per continuare a fare quello che faccio dal 7 ottobre ad oggi e continuare dritto per la mia strada. Ovviamente pretendo anche giustizia per quello che è accaduto, dato che sono stato oggetto di un’operazione di diffamazione che prima ha provato a farmi perdere il lavoro e poi i fastidi di una denuncia e di una indagine in corso che non sono pochi.

Siamo alle conclusioni. Vuoi aggiungere qualcosa?

Se ai sionisti sono rimaste solo le denunce o le aggressioni fisiche con i passamontagna, vuol dire che sul piano dialettico oggi difendere un genocidio è una strada pubblicamente non più praticabile. Forse stanno imparando a provare vergogna.

Rispondi

Iscriviti alla newsletter

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.

I più letti

Articoli simili
Correlati

Questioni di lotta di classe

Poco prima dello svolgimento del corteo del 30 novembre...

Sulla situazione in Corea del Sud

La legge marziale d'emergenza di Yoon è una manovra...

Trasformare la guerra tra poveri in ribellione contro il sistema

Che ogni quartiere popolare sia avamposto della lotta al governo Meloni

Manuale di Storia contemporanea

La conoscenza della storia è uno strumento della lotta...