Il 20 maggio l’Alta Corte di Londra ha decretato che Julian Assange ha diritto a un nuovo processo di appello rispetto alla richiesta di estradizione avanzata dagli Stati Uniti e già approvata dal governo britannico. Negli Usa è accusato, in base all’Espionage Act, di “aver cospirato e incitato la militare americana Chelsea Manning a rubare numerosi file segreti dell’esercito e della diplomazia statunitensi”. “File segreti” che provavano gli orribili crimini di guerra perpetrati dagli imperialisti Usa e che Assange, tramite Wikileaks, ha pubblicato e rivelato al mondo.
A livello legale i giudici hanno accolto il ricorso perché hanno ritenuto che gli Stati Uniti non offrano garanzie sufficienti per un equo processo e Assange potrebbe vedere violato il suo diritto alla libertà di parola e di stampa, oltre che rischiare una condanna alla pena di morte.
Niente male per la “più grande democrazia del mondo”, soprattutto se scritto nero su bianco da giudici dell’Alta Corte di Londra, che non sono certo dei rivoluzionari.
Questa vittoria è sicuramente frutto della vasta mobilitazione in solidarietà ad Assange che si è sviluppata in tutto il mondo, con centinaia di manifestazioni negli anni, decine di città che gli hanno concesso la cittadinanza onoraria, la presa di posizione in suo favore di giornali di rilevanza internazionale, come The Guardian, New York Times, Der Spiegel e altri. A dimostrazione che la solidarietà è un’arma potente: manifestazioni come quelle per Assange, magari non oceaniche ma capillari, capaci di dare continuità e svilupparsi negli anni, possono arrestare la repressione e addirittura rovinare i piani al governo della prima potenza mondiale.
Questa vittoria è ancora più significativa se inquadrata nel contesto attuale. In tutto il mondo i popoli si ribellano all’imperialismo, che risponde moltiplicando i conflitti, le aggressioni, gli attentati, le stragi, i più feroci crimini, mentre ci trascina verso una nuova guerra mondiale. Per tenere buone le masse popolari, per distogliere l’attenzione dai suoi crimini e alimentare la confusione, per pacificare il fronte interno, la borghesia ricorre alla disinformazione, alla diversione e all’intossicazione delle coscienze. In questo senso, la difesa della libertà di stampa (e dei giornalisti che la praticano) diviene ambito particolare della mobilitazione contro la guerra. E questa vittoria di Assange ha tratto giovamento anche dalla grande mobilitazione contro la guerra di questi mesi. Avanti, quindi! Una battaglia è vinta, la lotta continua.