Sicurezza sul lavoro: organizziamola!

30 agosto 2023, a Brandizzo (TO) 5 operai Sigifer muoiono travolti da un treno durante i lavori di manutenzione della rete ferroviaria;

14 settembre 2023, Bologna, un operaio muore schiacciato da un mezzo della sua ditta mentre stava lavorando al rifacimento del manto stradale di una pista all’aeroporto Marconi; 

15 settembre 2023, a Chivasso (TO) muore schiacciato da un carroponte un operaio che stava lavorando alla manutenzione di un impianto elettrico, nella stessa data muore anche un lavoratore edile precipitato con l’escavatore nel torrente Troggia in provincia di Lecco;

18 settembre 2023, a Camaiore (LU) un trattorista muore sbattendo la testa in seguito alla caduta dal pianale di un escavatore nel tentativo di liberare il mezzo da un ramo rimasto incastrato;

20 settembre, Montecreto (MO) muore schiacciato da un palo un operaio durante la manutenzione dei cavi della linea telefonica.

Continua ad allungarsi la lista delle morti sul lavoro e, per quanto la propaganda borghese si impegni a farli passare come eventi fortuiti, gli incidenti sul lavoro portano con se le responsabilità dei padroni che non applicano le norme previste in materia di sicurezza sul lavoro che in Italia già esistono; accorgimenti che se attuati ridurrebbero gli infortuni e le morti sul lavoro quasi allo zero. Ai padroni del nostro paese, come degli altri paesi capitalisti conviene di più giocare d’azzardo con la vita dei lavoratori eludendo i costi di messa in sicurezza degli impianti per aumentare i loro profitti. Ma la questione non può essere ridotta solo alla normativa: lavorare 8/9 ore a ritmi sempre più serrati può portare anche i lavoratori più esperti a commettere errori o leggerezze, è la produttività a dettare i tempi di lavoro! È questa la foglia di fico dietro cui i padroni spesso si nascondono per auto-assolversi e far ricadere tutte le responsabilità sugli operai. 
Non basta più limitarsi alla denuncia del cattivo presente e aspettare che siano le ASL o altri enti ridotti al lumicino ad intervenire. 

Serve che in ogni azienda siano i lavoratori, quelli degli appalti insieme ai diretti, ad organizzarsi creando gruppi che si occupano di controllare la sicurezza dei cantieri, impedendo la manomissione di macchine per aumentare la produttività, monitorando la presenza e la qualità dei DPI necessari per la produzione e imponendo l’applicazione dei loro protocolli di sicurezza, spingendo anche l’RLS a intervenire.

All’organizzazione interna ai posti di lavoro si deve sommare anche quella dei parenti delle vittime a cui nessuno restituirà mariti, mogli, fratelli, sorelle, genitori e figli, ma la cui rabbia deve trasformarsi in mobilitazione. È quello che ha fatto Emma Marrazzo, la mamma di Luana D’Orazio, morta in una fabbrica tessile di Prato nel maggio del 2021, presente davanti ai cancelli della Piaggio di Pontedera e di altre aziende insieme ai compagni dell’USB a promuovere la raccolta firme per la legge di iniziativa popolare per l’introduzione del reato di omicidio e lesioni gravi e gravissime sul lavoro. Iniziative come questa devono moltiplicarsi e rafforzare la lotta della classe operaia per cacciare il governo Meloni e costruirne uno che imponga ai padroni che arrecano un danno ai lavoratori pene severe e immediate come il sequestro di ogni bene personale a scopo cautelativo per i risarcimenti e il divieto di tornare a “fare impresa” una volta pagato quanto dovuto.

Il problema della sicurezza sul lavoro è generale e non troverà soluzione finché la società sarà in mano ai padroni e agli affaristi per cui il profitto è più importante della vita e della dignità degli uomini e delle donne che sfruttano. 

Facciamo appello a partecipare e a promuovere la più ampia partecipazione allo sciopero generale del 20 ottobre proclamato dal sindacalismo di base contro guerra, carovita e precarietà. FERMIAMO IL GOVERNO MELONI perché è una tappa della lotta contro il governo Meloni, il cui ministro del Lavoro tra le altre cose, nella bozza della nuova formazione sulla sicurezza sul lavoro (che dovrebbe armonizzare i sei accordi esistenti tra Stato e Regioni) prevede un totale disinvestimento, continuando a tagliare su diritti e sulla sicurezza dei lavoratori.

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