La Comunità Internazionale degli imperialisti sta usando ogni mezzo per aggravare il conflitto in Ucraina ed estendere la guerra ben oltre i suoi confini.
In questo articolo tralasciamo volutamente le manovre condotte fino al 2014 per destabilizzare l’Ucraina e le operazioni per trascinare la Federazione Russa in un conflitto aperto (fra cui 8 anni di bombardamenti delle popolazioni del Donbass con oltre 14 mila morti).
Ci concentriamo, schematicamente, sulle manovre e sulle operazioni terroristiche che la Comunità Internazionale ha condotto dal 24 febbraio scorso, data dell’inizio dell’“operazione speciale” russa.

Sanzioni economiche e tentativi di isolamento. La prima reazione della Comunità Internazionale è stata l’applicazione di una serie di sanzioni sempre più pesanti. È apparso subito chiaro che esse avrebbero avuto un effetto boomerang soprattutto per i paesi della UE, in particolare la Germania. Ma gli effetti sono ben peggiori delle previsioni: crisi energetica, commerciale e finanziaria, carenza di materie prime, con tutto ciò che ne consegue.
Il “tentativo di isolamento” ha sortito due risultati: l’aggravamento della situazione per i paesi della UE e l’avvicinamento della Federazione Russa a tutti gli altri Stati che sono fuori dal controllo diretto degli Usa (Cina, India, paesi del Sud America, ecc.).

Sostegno economico e militare all’esercito ucraino. Miliardi di dollari e di euro spesi in forniture di armamenti, in addestramento di reparti; di servizi di intelligence, invio di mercenari e PMC (compagnie militari private) dai paesi della Comunità Internazionale. Tutto sotto l’ombrello del sostegno “alla resistenza ucraina”.
È principalmente grazie a questo che l’esercito ucraino è ancora attivo e, anzi, ha potuto mettere a segno alcune eclatanti operazioni militari, come l’affondamento della nave ammiraglia Moskva nell’aprile 2022, e passare alla controffensiva nei mesi di settembre e ottobre.

Servizi di intelligence e terrorismo. Anche se i servizi segreti statunitensi hanno smentito (il che equivale a una diretta ammissione di responsabilità!), sono stati loro a guidare le mani degli autori degli attentati terroristici condotti dai servizi ucraini: tra i più eclatanti e gravi l’omicidio di Darya Dugina (il 20 agosto), la distruzione del gasdotto Nord Stream 1 (il 26 settembre) e il camion bomba sul ponte di Kerch, in Crimea (l’8 ottobre).

Propaganda di guerra e terrorismo mediatico. Dalla fine dell’estate, i media di regime hanno intensificato la martellante campagna di propaganda sull’imminente pericolo nucleare: per reazione alla perdita di territori e alle sconfitte militari, dicono, la Federazione Russa farà ricorso alla bomba atomica!
L’obiettivo del terrorismo mediatico è creare un terreno favorevole alle manovre di guerra, sempre più dispiegate, contro la Federazione Russa e altri paesi, Repubblica Popolare Cinese in testa. Ma non è tutto.

Gli USA operano a tutto campo, come autori, ispiratori e sostenitori di altre provocazioni e colpi di mano in funzione della guerra: il rocambolesco “cambio di governo” in Pakistan (ad aprile), oggi più allineato alle posizioni della NATO; le provocazioni alla Repubblica Popolare Cinese sullo status di Taiwan, tra cui la visita “non concordata” di Nancy Pelosi (ad agosto); il nuovo focolaio di guerra fra Azerbaijan e Armenia (a settembre); le nuove sanzioni all’Iran – in cui nel frattempo è iniziato un nuovo capitolo delle “rivoluzioni colorate” – per il sostegno militare accordato alla Federazione Russa (ad ottobre); le sanzioni alla Repubblica Popolare Cinese tra cui la limitazione all’ingresso in Cina dei chip (ad ottobre) con l’obiettivo di frenare i suoi progressi in campo tecnologico e militare.

Parlano di pace, ma fanno la guerra
Non è una questione di opinioni, simpatie o “tifoserie”: la Comunità Internazionale degli imperialisti USA, UE e sionisti è l’unica promotrice della “guerra senza se e senza ma”.
Non è possibile nessun ragionamento realistico e concreto sulla pace che tralasci la necessità di sottrarre il nostro paese dal controllo della NATO.
Data la gravità della situazione, la sinistra borghese, che neppure riesce ad ammettere chi è che, realmente, fomenta la guerra, prova a cavalcare le prese di posizione del Papa e promuove manifestazioni e marce per la pace.

Invitiamo i lettori a riprendere gli articoli che abbiamo pubblicato su Resistenza nei mesi scorsi (“Guerra e rivoluzione” nel n. 3 e “Una strada c’è” nel n. 5) perché approfondiscono i motivi per cui, nonostante la gravità della situazione, nel nostro paese non si è ancora sviluppato un movimento di massa contro la guerra.
Qui, ci limitiamo a riproporre, in estrema sintesi, la tesi principale: le manifestazioni per la pace, che si basano sulla “richiesta ai potenti” di non fare la guerra, non servono a niente.
Le masse popolari italiane lo sanno bene. Nel 2003, all’apice della mobilitazione contro la guerra in Iraq, proprio in Italia si svolse un’imponente manifestazione (1 milione di persone in piazza) che non scongiurò la devastazione dell’Iraq, le centinaia di migliaia di morti, i crimini di guerra, ma servì, al contrario, a sedimentare rassegnazione e sfiducia nelle masse popolari.

Il movimento contro la guerra
Ci sono molti motivi per diffidare dell’efficacia di queste mobilitazioni. Ce ne sono molti anche per diffidare delle reali intenzioni dei loro promotori: in diversi casi sono gli stessi che fino a tre mesi fa votavano in parlamento l’invio di armi all’Ucraina. Tuttavia, ci sono motivi più che validi per intervenire in quelle piazze.

Anzitutto, sono manifestazioni che esprimono le aspirazioni e i sentimenti della maggioranza delle masse popolari, indipendentemente dalle briglie con cui i promotori cercano di cavalcarli.
In secondo luogo, sono le mobilitazioni “che accolgono” l’installazione del governo Meloni, che ha giurato incondizionata fedeltà alla NATO, alla faccia della propaganda patriottarda e nazionalista di Fratelli d’Italia. Ma quali Fratelli d’Italia? Sono servi della Casa Bianca!
In terzo luogo, si sommano alle mobilitazioni contro gli effetti della crisi e il peggioramento delle condizioni di vita, di cui parte delle masse popolari è già protagonista. Queste mobilitazioni, indipendentemente dalle intenzioni dei promotori, concorrono a rendere ingovernabile il paese.
In ultimo, sono terreno di incontro, confronto e coordinamento tra gli organismi operai e popolari e indicano loro la strada dell’organizzazione per fare fronte al corso disastroso delle cose.

Per questi motivi bisogna superare le diffidenze e le critiche – del tutto legittime e meritate – verso gli organizzatori e i promotori e bisogna partecipare alle manifestazioni “per la pace” per incanalarle nella mobilitazione per portare l’Italia fuori dalla NATO.

Rispondi

Iscriviti alla newsletter

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.

I più letti

Articoli simili
Correlati

Questioni di lotta di classe

Poco prima dello svolgimento del corteo del 30 novembre...

Sulla situazione in Corea del Sud

La legge marziale d'emergenza di Yoon è una manovra...

Trasformare la guerra tra poveri in ribellione contro il sistema

Che ogni quartiere popolare sia avamposto della lotta al governo Meloni

4 novembre in piazza: appello del Calp di Genova

Unire le lotte e le mobilitazioni contro la guerra...