Abbiamo intervistato Leonardo Sinigaglia di M48 sulle mobilitazioni NO Green Pass che da mesi si stanno svolgendo a Genova, come in molte altre città.
Perché come membro di M48 partecipi attivamente alle mobilitazioni contro il Green Pass?
In questo momento si tratta di una delle più alte espressioni di mobilitazione politica contro il governo Draghi, sicuramente una delle più diffuse e sentite in seno alla popolazione.
Si è visto come rapidamente quella che poteva sembrare una contestazione in un ambito assai limitato, cioè per un provvedimento che nei mesi scorsi sembrava molto specifico e dalla scarsa portata, si è poi evoluta come una protesta generale contro Draghi e tutto quello che rappresenta.
Non è un caso che si è passati da un Green Pass che appariva inizialmente come strumento per escludere “dai caffè al chiuso” le persone non vaccinate o non aventi contratto la malattia, a una misura di militarizzazione della società, di espulsione dal lavoro, di esclusione dagli studi.
Si può vedere che non tanto il Green Pass in sé ma quanto il processo in cui è inserito sia qualcosa da rigettare in toto e quindi le mobilitazioni contro il Green Pass sono utili a questo fine. Da una parte si deve cercare di far salire il livello della consapevolezza, e quindi anche dello scontro politico, delle masse che stanno protestando e dall’altra si assiste a una partecipazione costante alle mobilitazioni nella maggior parte delle città italiane ormai da più di due mesi, segno comunque di un interesse verso questo campo.
Tu sei uno studente universitario, che implicazioni ha avuto il Green Pass in questo ambito?
Sostanzialmente è cambiato molto poco rispetto all’anno scorso. A causa delle lezioni svolte solo a distanza, ad esempio, gli studenti universitari non sono più considerabili tali ormai da quasi due anni e con il Green Pass si va a incidere ulteriormente solo su una percentuale di studenti. Una piccola percentuale anche perché, ora che le lezioni sono tornate più o meno in presenza, le aule sono a capienza ridotta e permettono l’ingresso di pochissimi studenti per volta, quindi sostanzialmente si tratta di una falsa ripartenza, di una falsa riapertura dell’università.
Quindi com’è cambiata la situazione? È cambiata nei termini in cui si è creata una spaccatura enorme anche nel corpo universitario, che adesso è vittima della propaganda governativa che va identificare nello studente o nel professore senza Green Pass un elemento pericoloso da escludere dall’ambente universitario. Questo si vede bene nell’azione di rettori e professori che si stanno impegnando attivamente per cercare di fare un vero e proprio mobbing all’interno dell’università. Quindi, la situazione è cambiata sicuramente in peggio.
Di fronte a questo ci sono anche professori che invece si oppongono…
Certo, sfortunatamente si tratta di una minoranza che ha preso la decisione, molto difficile, di esporsi pubblicamente. Senza dubbio è qualcosa di positivo e che aiuta enormemente la causa, quindi va riconosciuto.
Si tratta però ancora di qualcosa di abbastanza marginale nell’ottica complessiva. Si spera che diventando più diffusa la protesta, sempre più professori possano trovare il coraggio di farlo.
Qua a Genova, per esempio, per ora sono 13 i firmatari della lettera dei professori universitari contro il Green Pass. Ne conosco almeno 6 che hanno partecipato alle manifestazioni, ma di questi soltanto 4 hanno trovato il coraggio di parlare pubblicamente in piazza.
I lavoratori GKN al grido di “Insorgiamo” stanno lottando per la difesa del loro posto di lavoro, ma stanno anche mettendo in discussione i rapporti di forza tra lavoratori, padroni e governo, allargando la mobilitazione ad altre aziende e altri settori delle masse popolari.
Vedi un legame fra la mobilitazione della classe operaia e la lotta contro il Green Pass?
È naturale che le rivendicazioni economiche e sindacali, anche di una portata minore rispetto alla lotta degli operai GKN, vadano a confluire nella mobilitazione politica contro il governo Draghi. Questo avverrà per forza di cose perché ci sono milioni di lavoratori sprovvisti di Green Pass e il loro numero è destinato ad aumentare, man mano che aumentano le imposizioni di terze e quarte dosi di vaccino, accompagnate da misure sempre più restrittive. Quindi per forza di cose si arriverà alla congiunzione fra la protesta sindacale, il mondo del lavoro in senso ampio, e la mobilitazione più politica contro il governo Draghi.
Questo può avvenire in due modi: un modo controllato, organizzato e più efficace se guidato da organizzazioni dei lavoratori, sindacati, ecc. che portano in blocco i lavoratori e le loro rivendicazioni nelle piazze. Oppure può succedere nella maniera meno efficace, cioè che i lavoratori superano quelle che sono le strutture sindacali e autonomamente scendono in piazza, e lì però si tratta di riorganizzarli sostanzialmente da capo.
Fortunatamente abbiamo visto che in questi giorni diversi sindacati di base hanno iniziato a partecipare sempre più attivamente alla lotta contro il Green Pass e quindi si spera in un’evoluzione e una convergenza di questo tipo.
Senza dubbio c’è bisogno di una grande capacità di analisi e di azione da parte di quelle che sono le strutture sindacali: devono capire che dopo anni in cui le mobilitazioni legate al mondo del lavoro e a difesa di determinati diritti sociali sono state qualcosa di strettamente politicizzato nel campo “di sinistra”, oggi si sta verificando quello che è un movimento di massa contro il Green Pass e quindi, necessariamente, non si devono vedere l’ambiguità, l’arretratezza, l’incertezza della piazza come un elemento negativo, ma come un elemento costitutivo e naturale in una fase del genere.
Il Green Pass non è uno strumento sanitario, ma politico, frutto di precise logiche di governo. Secondo te quale governo può materialmente abolire il Green Pass e le altre misure di oppressione delle masse popolari?
È naturale che soltanto un sistema socialista possa superare quello che è stato l’operato pandemico e più in generale socio-sanitario del governo Conte prima e dal governo Draghi ora. Noi possiamo vedere materialmente che quella che è la realtà di militarizzazione della pandemia di imposizione di quella che chiamano “nuova normalità” è qualcosa che caratterizza unicamente gli stati occidentali. Vediamo, non a caso, che l’Italia, l’Australia, la Francia, gli USA, Israele, ecc. sono tutti stati all’interno dell’orbita occidentale. Negli altri stati, quelli socialisti o comunque più vicini al campo antimperialista, si può vedere come questa questione, pur magari mantenendo una certa gravità dal punto di vista sanitario, non abbia avuto i risvolti socio-politici che sta avendo in Occidente. È palese quindi che lo strumento del Green Pass come processo di costruzione autoritario che stiamo vivendo sia qualcosa di connaturato alla crisi del capitalismo e soprattutto alla crisi del modello neoliberista che sta attraversando l’Occidente. Crisi che sembra ora più che mai terminale.
Vuoi fare alcune considerazioni finali?
Come ho detto la cosa importante è spingere sull’organizzazione: in questo momento bisogna puntare tutto sul creare qualcosa che duri. Più che magari a mobilitazioni da grandi numeri, la cosa importante è che si creino nelle città, nei quartieri (come stiamo facendo qua a Genova), nei posti di lavoro, nelle università, ecc. strutture organizzate. Qualcosa che possa durare nel tempo anche se il movimento contro il Green Pass venisse schiacciato. Questo è essenziale perché è tutto quello che possiamo fare per creare una base attraverso la quale cambiare paradigma di governo e cambiare veramente il sistema. Quindi bisogna a tutti i costi cercare di raggiungere l’intesa con tutti gli elementi che stanno manifestando e fare in modo che in ogni quartiere, scuola, posto di lavoro si crei una struttura organizzata, un incontro tra tutti i vari elementi che stanno manifestando o si sentono coinvolti nella lotta, per cercare di non solo dargli una migliore preparazione pratica ma anche per stimolare il dibattito, l’analisi e in generale la consapevolezza.