Inoltriamo ai compagni che fanno parte del Patto d’Azione le proposte e riflessioni del Partito dei CARC riguardo all’ordine del giorno dell’Assemblea del Patto d’Azione Anticapitalista per il Fronte Unico di Classe (PAA – FUC) del prossimo 3 gennaio, in particolare riguardo: 1) la parola d’ordine dello sciopero generale del prossimo 29 gennaio; 2) il ruolo delle ALC e la dialettica con il PAA – FUC; 3) la struttura organizzativa del PAA – FUC; 4) questioni di metodo e discriminanti di adesione al PAA – FUC.
1. Sullo sciopero del 29 gennaio
Dopo un’accesa discussione all’Assemblea nazionale dei lavoratori combattivi del 29 novembre è passata la giusta indicazione dei compagni del Si Cobas di indire lo sciopero generale per il 29 gennaio. La questione essenziale a questo punto non è tanto se questo sciopero sarà “veramente” generale o meno, quanto il percorso che il PAA – FUC in dialettica con le Assemblee dei lavoratori combattivi territoriali (ALC) metterà in campo per costruirlo, quanto le organizzazioni sindacali e politiche aderenti al PAA-FUC si mettono all’opera per allargare l’adesione e la partecipazione di strutture sindacali di base, di RSU e delegati di aziende private e pubbliche (a partire dai lavoratori della sanità, scuola, ecc.). Bisogna uscire dalla dinamica del grande evento e ragionare del lavoro da fare prima e dopo le giornate di lotta del 29-30 gennaio, cioè usare lo sciopero per promuovere unità d’azione in modo da sviluppare un lavoro ordinario e continuato. Questo significa diffondere la piattaforma dello sciopero del 29 gennaio davanti ai cancelli di aziende, scuole e ospedali con diffusioni congiunte; significa promuovere prima del 29 fuori e dentro le aziende assemblee e presidi di lavoratori per discutere dello sciopero e dei suoi contenuti a prescindere dall’appartenenza sindacale; significa fissare incontri con esponenti sindacali, a partire dai sindacati di base (senza escludere nessuno sia USB, CUB, SAC, SGB, USI, ADL ecc.), dalle RSU (o loro esponenti) di aziende in lotta, per spingerli ad aderire e partecipare allo sciopero generale. Questo è il lavoro da avviare per allargare la partecipazione allo sciopero e per rafforzare il fronte delle forze che lottano contro governo e padroni. Se i coordinatori dei sindacati di base non vogliono fare questo lavoro per opportunismo, devono farlo direttamente gli operai (o non ci sarà più alcun Patto).
In sostanza, si tratta di fare dello sciopero un’occasione per promuovere l’organizzazione operaia a partire dai suoi centri locali (le ALC) che già esistono e allargare il raggio di azione. Se operiamo così diamo fiducia e forza agli operai combattivi, ai delegati che mettono al centro gli interessi di classe e costringiamo anche le organizzazioni sindacali che oggi oscillano, a seguire più o meno direttamente l’orientamento più avanzato. Senza questa attività di base e territoriale il Patto esiste solo come entità astratta e come intergruppo di esponenti politici e forze soggettive.
2. Sulla dialettica ALC / FAA – FUC
La questione dei nodi territoriali è, infatti, principalmente la questione delle ALC che devono strutturarsi a livello locale, darsi un’attività ordinaria (riunioni periodiche, azione di propaganda e mobilitazioni). Se le ALC assumeranno il ruolo di coordinamento e promozione delle lotte di classe sui territori favorendo il protagonismo operaio, proiettandosi fuori dagli steccati della concorrenza sindacale e dei personalismi vari, allora tutto questo percorso camminerà su gambe solide e passo dopo passo proseguiremo nella costruzione di un percorso di lotta comune. Queste assemblee (dove sono state costituite) in parte già funzionano come efficienti organismi di coordinamento, promozione ed estensione delle lotte e possono diventare veri e proprie fucine politiche del movimento di classe, dove si individuano le misure necessarie alle masse e, attraverso la mobilitazione, si promuove l’applicazione diretta di quelle misure che è possibile applicare fin da subito (come ad esempio legarsi e sostenere le brigate di solidarietà mediche e alimentari che già operano nelle diverse città, sostenere i lavoratori della sanità in lotta, promuovere l’applicazione delle misure di sicurezza sui luoghi di lavoro, ecc.).
Questo non è quello che il P. CARC “vuole vedere” nelle ALC; questo è quello che le ALC possono e devono diventare per non esaurirsi nella mera dinamica dell’intergruppo senza prospettiva dove sono i soliti due o tre a decidere sulle spalle degli altri, dove prevale lo scontro tra fazioni ognuna protesa a difendere il suo piccolo e spesso misero orticello. Dinamiche che, alla fine, portano alla disgregazione di quanto con fatica viene costruito.
I nodi territoriali del PAA – FUC distinti dalle ALC hanno senso nella misura in cui promuovono a livello territoriale questo lavoro. C’è bisogno di un lavoro coordinato per consolidare il lavoro delle ALC, allargarle laddove già operano con buona efficienza (es. Roma, Torino, Milano, Viterbo ecc.) e costruirle laddove incontrano difficoltà o non esistono proprio (es. Toscana). Come P. CARC contribuiamo, là dove siamo presenti, nel sostenere lo sviluppo di questi percorsi di organizzazione e lotta e chiamiamo gli altri aderenti di zona a lavorare insieme.
3. Sulle conseguenti questioni organizzative
Qualsiasi forma organizzativa deve essere funzionale al lavoro di radicamento territoriale, all’attività del PAA – FUC. È evidente, dunque, che l’Esecutivo nazionale debba essere formato principalmente da delegati dei nodi territoriali (eletti dai nodi territoriali). In questo modo promuoviamo anche la formazione di questi ultimi e, in più, garantiamo la democrazia proletaria e contrastiamo il politicantismo tipico della sinistra borghese che tanti danni ha prodotto in questi anni.
4. Questioni di metodo e sulla nostra esclusione
La lotta ideologica per sviluppare una effettiva unità di azione per lo sviluppo della lotta di classe che abbiamo innescato ha prodotto un livello più elevato di discussione all’interno del Patto (su natura e ruolo del Patto legato al che fare oggi), in particolar modo riguardo all’atteggiamento che le forze proletarie debbano avere riguardo alle masse popolari non proletarie; alla questione della patrimoniale e delle nazionalizzazioni. Questa è una dinamica sana; è quello che dicevamo quando indicavamo nel dibatto franco e aperto un pilastro della politica da fronte e un modo di avanzamento collettivo attraverso il quale, nella pratica, ognuno sperimenta le sue posizioni. Quindi è positivo si entri nel merito dell’analisi della situazione, sulla linea politica delle forze politiche e sindacali che aderiscono al Patto. Studieremo le considerazioni e critiche che ci vengono fatte nel documento delle Tendenza internazionalista a firma Roberto Luzzi pervenuto quest’oggi.
Spingiamo tutti i compagni che vogliono dibattere apertamente delle questioni che legittimamente sono state sollevate sulla nostra linea politica a rispondere nel merito al comunicato che la Segreteria Federale Lombardia del P. CARC ha emesso in conseguenza dei fatti di Milano. Chi non entra nel merito spingendo comunque per una nostra cacciata dimostra di calpestare la democrazia proletaria, dimostra di non avere a cuore lo sviluppo e il radicamento del PAA ma solo il proprio tornaconto di (piccola) bottega.
Il Partito dei CARC pone alla discussione delle forze aderenti tre chiare discriminanti, metodi di lavoro e obiettivi:
1. costruzione di un fronte più ampio possibile di forze a tutti i livelli (dal locale al nazionale) ponendo chiaramente e rigorosamente due discriminanti: antirazzismo e antifascismo (lotta alla mobilitazione reazionaria promossa dalla borghesia imperialista e dai suoi partiti delle Larghe Intese);
2. lavoro per campagne comuni (successive o contemporanee), che ogni organizzazione sviluppa in modi e in forme specifiche e conformi con le proprie caratteristiche, così da sostenere e potenziare quanto già fanno le organizzazioni aderenti e valorizzare le iniziative di lotta e gli insegnamenti di altri organismi e movimenti, mettendole in connessione, rafforzando in ognuna la coscienza della propria importanza, delle proprie possibilità e della propria forza, dando modo a ogni organizzazione di imparare e insegnare alle altre, di sostenersi a vicenda, di mettere in comune conoscenze, esperienze e strumenti di lotta;
3. promozione della nascita di nuovi organismi di lavoratori nelle aziende, territoriali e tematici e il loro coordinamento: quanto più i proletari sono organizzati, tanto più possono far valere la forza del loro numero.
È l’assemblea che deve discutere di discriminanti e decidere chi deve fare parte del Patto e chi no e darne pubblicamente conto. Chi non ritiene che queste discriminanti siano una base valida per costruire l’unità di azione possibile, che anzi sono un ostacolo e che le forze che le portano avanti come il P. CARC vanno espulse (cioè sono d’accordo con le posizioni della Tendenza internazionalista), lo deve dichiarare apertamente e il P. CARC ne prenderà atto e definirà il tipo di relazione che terrà con questo aggregato e le iniziative che promuoverà.
Partito dei CARC