“Riportare al vero i fatti distorti”
Parigi, 12.04.2020
Dopo 76 giorni di isolamento, l’8 aprile la città di Wuhan è stata finalmente riaperta alle comunicazioni verso l’esterno: gli abitanti della città si sono riversati nelle strade per festeggiare il ritorno alla vita normale. All’inizio della lotta contro l’epidemia, i leader cinesi hanno fieramente dichiarato che “la vittoria di Wuhan sarà la vittoria dello Hubei, la vittoria dello Hubei sarà la vittoria di tutto il Paese”. La fine dell’isolamento di Wuhan simboleggia dunque la vittoria cinese nella lotta contro l’epidemia di coronavirus.
Si tratta tuttavia di una vittoria parziale, non di una vittoria completa, poiché nel frattempo fuori dalla Repubblica Popolare Cinese (RPC) l’epidemia continua a crescere vertiginosamente: 1,66 milioni di persone in tutto il mondo sono al momento infette, in 5 paesi i contagi hanno superato i 100.000 casi, tra questi gli Stati Uniti dove i contagi hanno superato i 500.000 casi e in 4 paesi i decessi hanno superato i 10.000 casi. Proviamo preoccupazione ed empatia per quei paesi in cui il flagello dell’epidemia ha creato gravi danni alla vita e alla salute delle popolazione e devastazione della società e dell’economia. Il nostro desiderio è che tutti i paesi del mondo uniscano i loro sforzi per combattere insieme contro questo nemico comune e trionfare su di esso il prima possibile.
Eppure, in un momento in cui il mondo intero si sta mobilitando contro l’epidemia, nei paesi occidentali alcuni media che pretendono di essere obiettivi e imparziali, alcuni esperti e politici sembrano più impegnati a calunniare, stigmatizzare e attaccare la RPC che a ragionare su come contenere l’epidemia nel proprio paese e nel resto del mondo. Essi non riescono a tollerare l’idea che la RPC sia riuscita a combattere l’epidemia. Tramite le loro tesi inventate, secondo cui la RPC “è stata lenta a reagire” e “ha nascosto la verità”, la RPC viene presentata come la principale responsabile della pandemia e la sua vittoria sul coronavirus viene fatta passare come un crimine abominevole. Al contrario, il fatto che i paesi occidentali abbiano sottovalutato la gravità del virus o abbiano ritardato l’adozione di misure per il contenimento dell’epidemia, portando all’attuale fase di crescita incontrollata dell’epidemia, è perfettamente giustificato e non pone alcun problema di coscienza per loro. Alcuni media e analisti hanno ripetutamente sottolineato che la RPC nella fase iniziale avrebbe perso “tre settimane preziose”, sostenendo senza nessun fondamento che “se le autorità cinesi avessero preso misure tre settimane prima, la diffusione globale del virus si sarebbe potuta limitare significativamente e il 95% dei casi di contagio avrebbero potuto essere prevenuti”.
Tralasciando il fatto che gli scienziati hanno avuto bisogno di tempo per studiare e comprendere questo nuovo coronavirus ancora sconosciuto al momento dello scoppio dell’epidemia, vediamo un attimo cosa effettivamente la RPC ha fatto durante queste prime tre settimane.
Il 30 dicembre la RPC dichiarava pubblicamente dell’esistenza di un cluster di casi di polmonite di origine sconosciuta.
A partire dal 3 gennaio sia l’OMS e sia gli altri paesi hanno iniziato a essere informati in modo regolare relativamente alla progressione dell’epidemia.
In tempi record si è riusciti a identificare l’agente patogeno e l’11 gennaio è stato condiviso con l’OMS il sequenziamento completo del genoma del virus.
Il 23 gennaio, quando Wuhan è stata chiusa all’esterno, vi erano più di 800 persone infette nella RPC e solo 9 all’estero. L’epidemia in Europa e negli Stati Uniti è tuttavia iniziata solamente dopo un mese da questa data.
Se si afferma che tutte le cose fatte dalla RPC in queste prime tre settimane sarebbero una “reazione tarda”, cosa hanno fatto i governi europei e americano nei due mesi successivi al primo rapporto sull’epidemia da parte cinese e nel mese successivo alla chiusura di Wuhan? Durante questi mesi i loro leader dichiaravano che l’epidemia di Covid-19 era solo una “influenza”, che non vi era motivo di preoccuparsi, che il virus colpiva solo i “gialli” e che le probabilità di circolazione del virus nei loro paesi erano minime. I loro media e analisti da una parte dipingevano un quadro di cieca serenità per i propri paesi, dall’altra erano occupati a diffamare la RPC, a prenderla in giro con storielle e sperando in una sorta di “effetto Chernobyl”. Al contrario nessuno si è premurato di pensare a come adottare misure per combattere l’epidemia e a come preparare la forniture di attrezzature mediche essenziali, facendo sì che l’epidemia ha colpito i paesi occidentali completamente impreparati. Il direttore della rivista britannica The Lancet ha descritto le misure di prevenzione sanitaria britanniche come uno “scandalo nazionale”. Di recente, il presidente del European Reasearch Council (ERC), Mauro Ferrari, ha dichiarato “di aver perso la fiducia nel sistema europeo di gestione della pandemia” e sdegnato si è successivamente dimesso.
Quei media ed esperti che hanno accusato la RPC di nascondere i veri numeri della pandemia, affermano che con 1,4 miliardi di abitanti è impossibile credere che vi siano stati solo 80.000 infetti e poco più di 3.000 morti. Da questo hanno dedotto che la RPC deve aver sicuramente mentito. Eppure non è né mentendo né nascondendo la verità che la RPC ha ottenuto questo risultato, ma grazie al fatto che il governo cinese ha adottato organiche, profonde e rigorose misure di prevenzione e controllo: “rilevare, segnalare, isolare e trattare i malati con la massima reattività”, mettendo la sicurezza e la salute delle masse popolari al primo posto. La RPC non ha avuto paura di danneggiare la crescita del suo PIL di migliaia di miliardi di yuan, iniettando centinaia di miliardi di yuan di risorse, mobilitando oltre 40.000 uomini tra il personale medico da tutto il paese per sostenere Wuhan e lo Hubei e, infine, sconfiggere l’epidemia in soli due mesi.
Allo stesso tempo, abbiamo visto i politici dei paesi occidentali attaccarsi l’un l’altro al fine di accaparrare qualche voto in più; li abbiamo visti sostenere le cosiddette politiche di “immunizzazione di gregge”, mandando così i cittadini comuni al massacro senza nessun supporto per resistere all’epidemia; li abbiamo visti sottrarsi l’un l’altro le forniture mediche destinate ad altri paesi; li abbiamo visti rivendere a strutture private le attrezzature acquistate con denaro pubblico per arricchirsi personalmente; li abbiamo visti costringere i residenti delle case di riposo a firmare i certificati di “esonero per le cure di emergenza”; abbiamo visto il personale infermieristico delle case di cura per anziani abbandonare le proprie postazioni, lasciando i residenti a morire di fame e malattie; abbiamo visto il comandante di una portaerei chiedere ai suoi superiori il permesso di attraccare per consentire ai marinai infetti di essere curati a terra ed essere per questo licenziato… e via discorrendo. Eppure non si sono visti molti report o indagini approfondite da parte dei principali media occidentali al fine di rivelare la verità di questi fatti. Questi media e questi analisti, così appassionati all’obiettività e all’imparzialità, hanno forse una coscienza? Hanno forse un’etica?
Non avendo avuto successo nell’opera di denigrazione della RPC, alcuni politici e media occidentali hanno spostato il focus della campagna di denigrazione contro l’OMS, accusandola di essere troppo pro-cinese. Alcuni hanno persino chiesto di tagliarne i fondi di finanziamento. Dall’inizio dell’epidemia, la RPC ha collaborato strettamente con l’OMS, l’ha informata senza indugio e ha invitato i suoi esperti a effettuare missioni in loco. L’OMS ha elogiato le misure prese della RPC e i suoi risultati nella lotta contro l’epidemia. Ha anche affermato che l’approccio cinese alla lotta all’epidemia rappresenta un nuovo punto di riferimento per il mondo. Questa è stata una valutazione obiettiva e imparziale. Tuttavia, l’OMS è stata oggetto di un vero assedio da parte dei paesi occidentali; alcuni hanno addirittura lanciato attacchi personalizzati contro il suo direttore generale, il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus. Le autorità taiwanesi, supportate da più di 80 parlamentari francesi in una dichiarazione co-firmata, hanno persino usato la parola “negro” per attaccarlo. È veramente difficile riuscire a capire cosa possa essere passato per la testa di questi parlamentari.
I media occidentali anti-cinesi utilizzano sempre gli stessi due metodi per attaccare la RPC: il primo è inventare una menzogna, il secondo è ripeterla senza sosta. Hanno essi forse paura di essere contraddetti? Niente affatto, poiché una menzogna “appena lanciata, si spande velocemente”. Anche se alla fine si rivelerà che quello che è stato detto è in realtà una falsità, nel frattempo questa menzogna si sarà diffusa ormai in tutto il mondo come un virus. Al fine di rendere una menzogna più credibile, la si ripete all’infinito come un disco rotto. “Una bugia ripetuta mille volte diventa una verità”: questo è il loro credo e il loro modus operandi. Nelle loro ripetute menzogne, la RPC, che è riuscita a superare l’epidemia mettendo gli interessi del popolo al centro delle misure, passa per “paese canaglia”. Tuttavia quei politici, giornalisti di stanza in Cina, “esperti di politica cinese” occidentali che non hanno saputo fare altro che commettere ripetuti errori, tenere in così poca considerazione la vita dei propri compatrioti e scaricare il barile sugli altri appena possibile, ora si ergono a “giudici”. Questo modo di fare non potrà che danneggiare loro stessi e gli altri.
Uno scrittore ha una volta detto qualcosa di molto profondo: “quando la seppia è in pericolo, sputa il suo inchiostro per annerire l’acqua e ne approfitta per fuggire. È una tattica ben nota ad alcune élite politiche e culturali occidentali”. Essi hanno voluto addossare alla RPC la responsabilità per mascherare la loro incapacità di far fronte all’epidemia e alle numerose tragedie che ne sono derivate e “uscirne puliti”.