La mobilitazione delle masse popolari nella lotta di classe si articola spontaneamente su quattro fronti, indicati nel dal (nuovo)PCI nel suo Piano Generale di Lavoro (2004):
1. la mobilitazione contro la repressione;
2. l’irruzione nel teatrino della politica borghese;
3. le lotte rivendicative;
4. la mobilitazione per costruire organismi autonomi dalla borghesia, utili a soddisfare direttamente i propri bisogni e a estendere la propria partecipazione al godimento e allo sviluppo del patrimonio culturale della società.
La nostra area politica, la Carovana del (nuovo)PCI, per oltre 30 anni è stata oggetto di una persecuzione giudiziaria e poliziesca, con il pretesto della “lotta al terrorismo”, finalizzata a smantellarla, a metterla fuori legge e a incarcerarne il gruppo dirigente, in particolare concentrandosi sul (nuovo)PCI. Questa persecuzione si è attenuata, temporaneamente, da quando nel 2008 abbiamo ottenuto una vittoria completa (nelle aule di Tribunale, ma anche con la mobilitazione nelle piazze) nell’Ottavo Procedimento Giudiziario orchestrato dal PM Giovagnoli della Procura di Bologna. Gli apparati repressivi hanno accusato il colpo e da allora le inchieste e i procedimenti contro i compagni della Carovana si sono attenuati. Ma ultimamente stano riprendendo: non con il paravento del terrorismo e dei reati associativi, non mirando direttamente a colpire il (nuovo)PCI, ma con accuse legate ai più svariati pretesti che colpiscono molti compagni del P.CARC: dalle mobilitazioni antifasciste alle multe e ai decreti penali di condanna per la violazione di prescrizioni durante le manifestazioni.
Nella trentennale lotta contro la repressione, la Carovana ha accumulato un vasto patrimonio di esperienze e di elaborazione che mettiamo al servizio di tutti coloro che ne hanno bisogno oggi. Riprendiamo qui alcuni stralci dell’articolo “La resistenza alla repressione e la lotta contro la repressione” (La Voce del (n)PCI, n. 25, Marzo 2007) che sintetizza alcuni principi fondamentali della lotta sul primo fronte, a partire dal fatto di concepirla non come “ordinaria conseguenza della lotta di classe”, ma come parte integrante della lotta di classe stessa.
“Il Partito è attore essenziale e dirigente della lotta sul primo fronte
(…) Senza la resistenza del partito comunista alla repressione, se il partito comunista non è costruito in modo da essere capace di resistere alla repressione, prima o poi la repressione e spesso anche solo la minaccia della repressione hanno successo e la borghesia imperialista impone alle masse la sua volontà. Ogni piano, progetto e aspirazione di resistere alla repressione e di lottare contro la repressione va a farsi benedire. Occorre a ciò aggiungere che, benché a lungo termine la condizione principale per la vittoria sia la sua linea, la condizione principale della resistenza del Partito alla repressione è la clandestinità.
Ma a loro volta la resistenza del Partito alla repressione e la stessa clandestinità del Partito sono legate alla lotta che le masse popolari conducono sul primo fronte. Non potrebbero svilupparsi né durare a lungo senza una lotta delle masse popolari sul primo fronte. L’obiettivo del Partito sul primo fronte è di far crescere la capacità delle masse popolari di resistere alla repressione e di contrastarla.
La conclusione quindi è che il Partito è l’attore dirigente di tutte le lotte sul primo fronte. (…) Ma il grosso delle forze che si battono sul primo fronte, man mano che la situazione rivoluzionaria e lo scontro tra classe operaia e borghesia imperialista avanzano, è costituito dagli organismi e dagli esponenti avanzati anzitutto della classe operaia e in secondo luogo delle altre classi delle masse popolari. La misura dell’efficacia e del successo dell’attività del Partito su questo fronte è data dall’ampiezza delle forze che vi si mobilitano e dalla qualità dell’attività che esse svolgono. (…)
L’attività del primo fronte presenta vari aspetti.
1. La resistenza alla repressione è, nella sua essenza, la capacità morale, intellettuale e organizzativa di continuare a svolgere la propria attività e assumere il proprio ruolo nonostante la repressione, quale che sia il livello e la brutalità della repressione.
2. La lotta contro la repressione. Comprende l’informazione sulle misure e sulle operazioni repressive, la denuncia, lo smascheramento dei pretesti e delle immagini con cui la borghesia maschera la repressione. (…)Occorre combattere il legalitarismo. (…) Occorre quindi condurre un’opera sistematica di educazione a infrangere le leggi pur di tutelare gli interessi delle masse popolari. Chi si lascia legare le mani dalle leggi che tutelano gli interessi e il potere della borghesia, non va lontano. (…)
3. La solidarietà morale, economica, di sentimenti e di azioni con le persone e le organizzazioni colpite dalla repressione e la mobilitazione della solidarietà delle masse popolari. La solidarietà, dai suoi aspetti minimi (l’aiuto, la protezione, il sostegno economico, ecc.) alle sue espressioni più alte (la partecipazione alla lotta contro la repressione), rafforza la resistenza dei perseguitati alla repressione ed educa chi la pratica alla lotta di classe e al comunismo.
È possibile strappare delle vittorie nella lotta contro la repressione?
Attualmente la borghesia dispone di forze di gran lunga superiori alle nostre. (…) Ma La forza della borghesia è sempre in relazione con la forza delle masse popolari. Sbaglia chi considera unilateralmente le forze repressive di cui la borghesia dispone. Inoltre la repressione è un’arma a doppio taglio. Può spaventare e ridurre al silenzio e alla sottomissione. Può anche suscitare una ribellione incontenibile e tenace, rendere più chiara e netta la linea di demarcazione tra oppressi e oppressori, isolare gli oppressori dalle masse popolari. Può dividere le masse che sono bersaglio della repressione se ognuno pensa alla sua salvezza. Ma può anche unirle in un esercito compatto contro l’oppressore, un esercito che per lottare trascura le contraddizioni che prima dividevano i gruppi e gli individui che ora lottano insieme. (…) Quale dei due esiti ha la repressione dipende da condizioni concrete, principalmente dalla lotta politica. La lotta che noi conduciamo sul primo fronte modifica e plasma queste condizioni, in legame dialettico con le lotte condotte sugli altri tre fronti.
Le condizioni della lotta contro la repressione
Le lotte condotte dalle masse popolari sul secondo, terzo e quarto fronte fanno maturare il passaggio dalla prima alla seconda fase della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata (GPRdiLD) [dalla difensiva strategica all’equilibrio strategico, vedi Manifesto Programma del (nuovo)PCI cap. 3.3 – ndr]. La lotta condotta sul primo fronte, oltre a contribuire a quella maturazione, crea le condizioni necessarie perché le masse popolari affrontino con successo il passaggio. La principale di queste condizioni è la resistenza del Partito alla repressione, la capacità del Partito di continuare a svolgere il suo ruolo dirigente durante tutta la GPRdiLD. La storia del movimento comunista ha mostrato che questa capacità non si inventa d’un colpo, non è frutto solo dell’eroismo dei singoli e neanche solo dell’eroismo delle masse popolari. È una capacità che si costruisce nel corso stesso dell’edificazione del partito e dello sviluppo delle organizzazioni delle masse popolari, adottando fin da oggi una linea giusta: una linea che nella lotta di oggi costruisce gli strumenti e le condizioni per lottare con successo domani”.