Di seguito, riportiamo l’intervista a Marcella Raiola per la nostra Agenzia Stampa, docente della città di Napoli che da sempre è in prima fila nelle battaglie in difesa della scuola pubblica. L’intervista, si lega strettamente con le mobilitazioni studentesche contro la Buona Scuola di Venerdì 7 Ottobre: emerge evidente la necessità di legare le battaglie dei docenti e insegnanti con quella degli studenti, della necessità di sviluppare questo processo su scala nazionale. Tutto ciò perchè, diciamo noi, non basta rivendicare la singola vertenza, ma lottare per applicare la componente più progressista della Costituzione. Questo vuol dire porsi come Nuove Autorità alternative al governo, come forze di governo che avanzano nella costruzione di un nuovo potere, partire dalle mobilitazioni in corso, dalle reti, dai coordinamenti, per costruire le forze che devono governare i territori e l’intero paese.
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1. Con il 2008 la crisi è entrata nella sua fase acuta e terminale, questa fase ha aggravato la tendenza a fare della scuola e delle università un campo di investimento privato e, quindi, di profitto. La riforma della scuola di Renzi e Giannini conferma e accelera tale tendenza: non ci devono più essere vincoli né formali né sostanziali a intralciare i profitti delle Imprese e l’alternanza scuola-lavoro è una misura ben rappresentativa di tale “principio”! A fronte di questa situazione alcuni professori, tra cui tu stessa, ha compreso la necessità di allargare le fila della proprio battaglia dando vita a un coordinamento di studenti e lavoratori della scuola. Il 30 agosto, a Napoli, avete dato vita alla prima assemblea di questo futuro coordinamento, cosa è emerso?
2. Come sta procedendo, nella tua realtà, la costruzione di questo coordinamento e quali sono le difficoltà (se ci sono) che state riscontrando?
(Rispondo alle prime due domande assieme):
L’approvazione della legge 107, avvenuta con l’imposizione della solita, inaccettabile fiducia e con altre forzature delle procedure democratiche, ha stravolto la funzione e la facies della Scuola pubblica italiana, introducendo meccanismi che ne snaturano il senso civile, ne sopprimono la valenza emancipante e ne distruggono l’autonomia pedagogica e didattica, in nome di un’autonomia declinata in senso meramente economico, che apre la strada, come tu hai rimarcato nella tua domanda, all’intervento massiccio dei privati, sia tramite lo school-bonus, un finanziamento incentivato dallo Stato con detassazione al 65%, sia con i test Invalsi, che non sono più solo un mezzo di standardizzazione dei saperi, ma assurgono al rango di dispositivo sistemico e totalizzante di controllo ideologico e professionale.
A Napoli, i docenti in lotta e gli studenti hanno sempre organizzato insieme le iniziative di protesta, anche perché molti studenti impegnati contro la Buona Scuola sono attivi nei numerosi centri liberati della “Napoli ribelle”, e comprendono molto meglio dei depoliticizzati e spesso inerti insegnanti, troppo dipendenti dai propri sindacati di riferimento, il programma nefasto di destrutturazione delle tutele costituzionali sotteso alle politiche degli ultimi governi di “nominati”, asserviti alle lobbies finanziarie e ai loro interessi. Dopo la repressione subita a Piazza Plebiscito il 4 agosto scorso dai docenti costretti a fare le valigie e a lasciare, dopo anni di precariato, la propria regione e la propria famiglia per andare a prestare un servizio “da tappabuchi” in scuole distanti anche 1400 km, secondo il folle e vergognoso piano di mobilità firmato da quasi tutti i sindacati “concertativi”, gli studenti, duramente repressi dai docenti per le loro occupazioni negli anni precedenti, hanno capito che forse era arrivato il momento di creare un fronte comune e hanno risposto in massa a un appello lanciato da noi, precari della Scuola, e dai Cobas Scuola. Il 7 agosto ci siamo ritrovati la sala piena di ragazzi di tutti i collettivi, che hanno chiesto di formare un coordinamento unitario e permanente docenti-studenti per condurre le lotte del prossimo autunno. Saranno lotte decisive, anche perché entro la fine di Ottobre sapremo se sarà possibile celebrare il Referendum contro la 107, per cui abbiamo raccolto 530.000 firme tra aprile e luglio, e avremo di certo la fissazione della data del Referendum relativo alla destabilizzante riforma costituzionale, che, operando secondo una logica parallela a quella sottesa alla 107, che crea il “preside-sceriffo”, concentra nelle mani di un esecutivo onnipotente tutti i poteri, esautorando il parlamento e azzerando la sovranità popolare. Purtroppo i docenti sono restii ad affrontare il degrado della loro vita lavorativa in termini politici e, soprattutto, sono divisi in mille gruppi, ciascuno con la propria rivendicazione contingente e specifica. Pochi sono i docenti capaci di ragionare in termini unitari e di vedere il “nemico” nelle politiche neoliberiste e non nei colleghi abilitati con diverse procedure. In questo, possiamo dire che i governi abbiano agito in modo molto astuto, frammentando gli insegnanti e terrorizzandoli con la minaccia del trasferimento o del demansionamento. Quello che i docenti non hanno capito, però, è che la legge non risparmia nessuno, perché mobilità coatta e dequalificazione professionale sono strutturalmente previsti dalla “Buona Scuola”, visto che i contratti saranno triennali e che il preside avrà la facoltà di utilizzare la forza-lavoro dei docenti a partire dal suo gradimento o dalle sue idiosincrasie! Per questo nell’assemblea cui facevi riferimento si è parlato di un nuovo “sindacalismo sociale” che deve nascere e far progredire la coscienza dei docenti, inducendoli a ripudiare la delega e a stagliare su uno sfondo ideologico (neoliberista, in questo caso) il deteriorarsi delle loro condizioni e prospettive lavorative ed esistenziali.
Il Coordinamento, di fatto, c’è. Non è stato ancora “battezzato”, sia per i motivi sopra esposti che per la piattaforma rivendicativa, sulla quale occorre ragionare, soprattutto in relazione al delicato punto del reclutamento, vista la situazione di caos e la conflittualità generata dai concorsi e dalla disapplicazione delle sentenze ottenute, con i ricorsi, dai docenti precari da anni, ma ci son iniziative comuni già programmate: la mobilitazione studentesca del 7 ottobre, un ciclo di lezioni pubbliche per il NO alla riforma costituzionale e un’assemblea ancora in preparazione che si terrà il prossimo 5 ottobre, nella quale verrà onorata la memoria di Abd Elsalam, orrendamente trucidato dal suo padrone a Piacenza pochi giorni fa, e che nella sua patria era un docente. Si raccoglieranno fondi per la sua famiglia, come gesto di concreta solidarietà, e si programmeranno altre azioni.
3. Alla vostra assemblea del 30 agosto era presente anche un gruppo di operai di Pomigliano licenziati per aver lottato contro il “Piano Marchionne”. La mobilitazione e l’organizzazione della classe operai è l’aspetto cruciale, l’unico che può fare veramente la differenza nel nostro paese per costruire una qualsivoglia prospettiva di governo a favore degli interessi delle masse popolari. Quindi, l’unità con la classe operaia è un elemento imprescindibile per chi si pone la prospettiva di cambiare l’attuale corso delle cose. Come Partito sosteniamo e incoraggiamo il coordinamento tra studenti e operai ma anche quello tra operai e altri lavoratori. Oltre alla, giustissima, solidarietà espressa sono emerse proposte di intervento davanti alle fabbriche per coinvolgere gli operai del territorio?
La lotta operaia è considerata, da molti docenti in lotta, come una fonte di pratiche da porre in essere e come un modello da seguire per contestare il potere padronale.
Purtroppo, i docenti hanno diversa ascendenza (si pensi ai tantissimi docenti di religione, selezionati dalla Curia) e diversissimo grado di consapevolezza politica, sicché, a differenza degli operai, è difficile per loro arrivare a percepirsi come una categoria con interessi e obiettivi comuni. Ero supplente annuale incaricata proprio al liceo classico di Pomigliano quando Marchionne propose il suo ricatto, che si compendiava nell’aut-aut: o la pagnotta o i diritti… Da allora, la Scuola ed altri settori sono stati parimenti “marchionnizzati”, ma chi lo ha denunciato è stato zittito e liquidato come “ideologizzato” da quegli stessi che oggi sperimentano l’impatto dei provvedimenti del governo Renzi sulla loro dignità, sui loro stipendi (il contratto dei docenti è congelato dal 2006) e sulle loro vite. Prima del passaggio della legge di riforma della Scuola, i docenti napoletani in lotta, precari e di ruolo, hanno stretto un’amicizia feconda e stupenda con gli operai di Carinaro, protagonisti di una difficile vertenza chiusasi al ribasso, con il prepensionamento di molti di loro, i quali sono stati prodighi di consigli e di materiali (ci prestarono le loro tende per un presidio!). Abbiamo spesso sostenuto, negli anni scorsi, con i ragazzi dei centri liberati, Mimmo Mignano e i suoi compagni nella loro lotta per la libertà di espressione e contro la violenza ghettizzante del padrone, che ha portato a suicidi veri e drammatici di operaie e operai “puniti” con la marginalizzazione e vittime di mobbing per la loro attività sindacale; il 30 agosto abbiamo sottoscritto il documento di solidarietà che ci è stato letto dai compagni intervenuti alla nostra assemblea, condividendo la rabbia che procede dalla constatazione che la vita dei lavoratori vale molto meno del presunto affronto fatto a un imprenditore. Oggi salutiamo con gioia infinita il pronunciamento della Corte d’appello di Napoli sulla vicenda di Mimmo e dei 5 operai di Pomigliano licenziati per aver contestato in modo plateale Marchionne ed essersi opposti alle umiliazioni “rieducanti” da lui inflitte a operai resi ricattabili da una crisi artatamente tenuta in vita allo scopo di flessibilizzare i lavoratori. Anche se la stessa classe operaia è oggi molto disincantata e confusa, speriamo di poter recuperare la fiducia nelle nostre capacità di riscatto e di percorrere assieme la strada verso il rovesciamento degli attuali rapporti di forza. La Scuola dialoga anche con gli operatori sanitari, perché i tagli più feroci sono stati fatti a istruzione e salute.
4. Le mobilitazioni di studenti, docenti e personale ATA, degli ultimi anni, non hanno impedito alcuna riforma e nemmeno intaccato i finanziamenti alle scuole private che proseguono da decenni. La relazione fra la grande generosità e partecipazione delle lotte in difesa della scuola e il loro riflusso sta nel fatto che sono state concepite, principalmente, come lotte rivendicative, di settore, che non hanno trovato la strada di diventare affluente nella generale lotta per la trasformazione del paese. Oggi, il corso delle cose spinge sempre di più non solo a unirsi (rompendo così il settorialismo) ma a chiedersi su cosa unirsi. Sei d’accordo con questa analisi e ne hai trovato riscontro da parte di colleghi e studenti) nella tua realtà?
La democrazia “partecipata” è ancora appannaggio di poche avanguardie… La popolazione è ancora – e non del tutto a torto – convinta che il voto liberamente espresso e dato a forze politiche in grado di eseguire fedelmente un mandato popolare (cosa diversa dalla “delega”, invalsa, purtroppo, con il Porcellum) sia l’essenza stessa della Democrazia praticata. Non è solo il settarismo o la mancata coordinazione degli sforzi dei singoli gruppi in lotta ad aver determinato il passaggio delle peggiori controriforme e leggi degli ultimi anni. E’ stata anche l’estromissione delle sinistre radicali dal parlamento, insieme allo schiacciamento della Cgil su posizioni filogovernative a determinare il fallimento sostanziale delle lotte e la vanificazione delle grandi mobilitazioni di piazza, come quella del 5 maggio scorso, giorno in cui 620.000 docenti e studenti hanno manifestato per ribadire il loro NO alla “Buona Scuola”…
C’è anche un problema di tempistica. Con l’esautoramento del parlamento e l’abuso della fiducia, i tempi di approvazione delle leggi sono diventati brevissimi, il che toglie ai lavoratori più consapevoli i margini necessari a fare informazione. Nelle scuole (forse la cosa meraviglierà, ma è così!), molti docenti non sanno ancora che è passata la L. 107 e che il sistema in cui lavorano e operano da anni è stato di fatto privatizzato, gerarchizzato e subordinato a istanze estranee a quelle postulate dalla pedagogia più avanzata e dalla Costituzione. Anche la depoliticizzazione indotta dal totale controllo dei media e la repressione della protesta, di cui si enfatizza la natura “criminale” ed “eversiva” (vedi gli arresti domiciliari comminati a Nicoletta Dosio dei NO TAV) contribuiscono a creare un clima poco favorevole all’unità dei lavoratori e alla resistenza attiva. Secondo me è importante far capire che le forme tradizionali di partecipazione democratica “borghese”, per così dire, sono superate in quanto manipolabili da parte di potentati che hanno occupato
le istituzioni e ne hanno fatto, mistificandone il senso e alterandone le funzioni, la garanzia formalistica della legittimità dei loro spregiudicati affari. E’ un processo lento. Napoli però, con la sua Giunta che ha inglobato pezzi di movimenti attivi sul territorio e il suo sbilanciamento a favore di una disobbedienza civile necessaria al fine di smontare l’insultante refrain della “legalità” governativa, è molto avanti su questo piano. E ne sono felicissima.
5. L’esigenza di un “governo nuovo” per il paese si sta esprimendo anche nella mobilitazione contro il referendum costituzionale concepita, sempre più come una lotta per cacciare il Governo Renzi (tralasciando gli aspetti strumentali di alcune parti politiche…che a noi non interessano in questo frangente). Il nostro Partito ha aderito alla campagna con la parola d’ordine di applicare la parte più progressista della Costituzione perché il “NO alla riforma” così come il “cacciare Renzi” non sono sufficienti.Il modo migliore per difendere la Costituzione è iniziare ad applicarla dal basso. Concordi? In che maniera potrebbe “vivere” l’applicazione dal basso, ad esempio, dell’art. 33 secondo te?
6. Applicare l’art. 33, dunque, potrebbe significare dare vita a un coordinamento di studenti e lavoratori che si metta nell’ottica non solo di avere più “forza” per scendere in piazza ma anche di occuparsi, direttamente, della propria scuola elaborando creativamente e sperimentando misure concrete per fare fronte ai diktat dei Presidi e alle problematiche della scuola. Al contempo, “uscendo” dalla propria scuola cioè coordinandosi con altri settori delle masse popolari (operai, lavoratori autonomi, disoccupati, immigrati, ecc.), attinga la forza, il sostegno e l’autorevolezza per essere una Nuova Autorità dentro la scuola stessa?
Sono d’accordo e lo sono anche gli studenti universitari e medi, dai quali è venuta la più profonda analisi della campagna per il NO alla Riforma costituzionale che stiamo andando ad imbastire. Non è sostituire Renzi con un altro fantoccio che si atteggi a paladino della democrazia “vera” il fine della battaglia, anche se la mancanza di accreditate formazioni di sinistra riconoscibili dalla massa dei votanti e da indicare come concreta e transitoria alternativa è un oggettivo problema politico. Abbiamo un problema e, insieme, un’occasione: quella di pretendere davvero il rispetto e l’applicazione dei dettami negletti della nostra Costituzione, che non è un feticcio da adorare, ma una carta di principi che rappresenta un ottimo punto di mediazione tra le diverse istanze di classi e gruppi tenuti insieme dall’antifascismo.
Stiamo da un po’ di tempo pensando ad una “scuola popolare”, in verità, e abbiamo invitato compagni e compagne con esperienze fattuali di “pedagogia libertaria” a illustrarci le loro pratiche… Al momento non ci sono le condizioni materiali e neppure la maturità e le disponibilità necessarie a realizzare un simile progetto, ma io penso che i diversi diritti diversamente recuperati (e parlo di diritti recuperati, non di “servizi offerti”!) nei centri liberati di Napoli (ambulatori, doposcuola, sport per i ragazzi, aule-studio etc.) possano rappresentare un ottimo inizio per la diffusione di una mentalità nuova, che liberi piano piano la popolazione dai paradigmi presunti della trasmissione dei saperi e dall’assillo della “prestazione”, per approdare a una visione solidaristica e mutualistica. Il discorso relativo alla “nuova autorità” di cui parli è complesso, anche perché il presupposto di ogni proposta di autogestione è la formazione politica. Sarebbe già tanto se la Scuola tornasse ad essere collegiale e partecipativa. Ma questo dipende in larga misura dai docenti e dalla loro reazione a un regime che è stato imposto anche perché gli organi collegiali sono stati svuotati di senso e valore. Perché la Costituzione continui a irrorare di democrazia il paese, occorrono cuori che non smettano mai di palpitare.