Il voltagabbana


Nuova pubblicazione delle Edizioni Rapporti Sociali

Estratti dalla Presentazione

Un libro giusto nel momento giusto

(…) L’80° anniversario della vittoria della Resistenza contro il nazifascismo cade in una situazione di grandi e crescenti sconvolgimenti del sistema di potere della borghesia imperialista nei singoli paesi e del suo “ordine mondiale”: il dominio del mondo che essa ha ripreso in mano dopo la dissoluzione dell’Urss e del campo socialista è sfociato nella Terza guerra mondiale in corso. Siamo in una situazione di guerra e rivoluzione per tanti versi analoga a quella in cui si svolgono le vicende narrate nel libro di Lajolo, ma aggravata dall’inquinamento della terra, delle acque e dell’aria e dalla crisi climatica che mettono a rischio la sopravvivenza del pianeta e della specie umana. In ogni paese imperialista si contrappongono più apertamente due vie: lo sviluppo accelerato della rivoluzione socialista o lo sviluppo della mobilitazione reazionaria e della guerra e l’avanzamento della rivoluzione socialista nel contesto da esse creato. Per cercare di “restare in sella” la borghesia imperialista non può che soffiare con maggiore energia sul fuoco della mobilitazione reazionaria e della guerra. Non le è sufficiente ricorrere alla repressione e ai suoi sistemi di intossicazione delle idee e dei sentimenti, deve “mettere in moto” le masse. Nel nostro e negli altri paesi europei il “o si fa l’Europa o si muore”, con la mistificazione della “Europa patria della democrazia e dei diritti per tutti” e con la realtà della corsa al riarmo, della creazione di un esercito europeo e dell’assunzione di un maggior ruolo nella prosecuzione della guerra per procura contro la Federazione Russa, sta diventando la bandiera della mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

In questo contesto Il voltagabbana è, anche e soprattutto, un libro giusto nel momento giusto. Per i comunisti così come per quei lavoratori avanzati e quei sinceri democratici decisi a farla finita con il vortice di guerra, miseria e devastazione dell’ambiente in cui siamo immersi. E per vari motivi: qui ne indico solo alcuni.

– La storia di Davide Lajolo aiuta a combattere chi proclama che tutti devono mettere da parte i loro “egoistici interessi” e le proprie “ristrette vedute” di fronte all’“interesse comune”, nazionale o europeo che sia. Da sempre le classi dominanti presentano, dipingono, travestono, consacrano i loro interessi come interessi generali, di tutta la società che esse dominano e sfruttano. Gli individui più arretrati e le parti più arretrate delle classi oppresse subiscono, assimilano questa mistificazione, la fanno propria (il nostro governo, il nostro padrone, il nostro presidente della Repubblica, ecc.) salvo in certi momenti e circostanze rivoltarsi furiosamente e ciecamente. Il compito del partito comunista è quello di aprire anche a loro gli occhi; di mettere in luce l’antagonismo tra i loro interessi e quelli dei signori e padroni; di mostrare loro che i “loro” signori e padroni non agiscono come agiscono per caso o per ignoranza ma per interesse e a ragion veduta; di organizzarli per far valere i propri interessi e imporre un sistema sociale senza padroni e signori.
Chi sorvola sull’antagonismo di interessi (sulla divisione in classi) non imbroglia i padroni e i signori: questi dei loro interessi hanno una coscienza ben più chiara di quella che le masse popolari hanno dei propri. Essi sono abituati a farli valere al punto che, con l’educazione, le abitudini e le condizioni in cui costringono le masse popolari a vivere, le hanno indotte a considerarli come naturali, come legge divina. Chi sorvola sull’antagonismo di interessi imbroglia gli oppressi, impedisce che si armino, aggrava lo sforzo che devono fare e che già hanno difficoltà a fare, contrappone la parte più arretrata delle masse popolari a quella più avanzata.

– Contro la rassegnazione e la sfiducia in noi stessi, nelle nostre forze e nelle masse popolari seminate dalla battuta d’arresto a cui il movimento comunista è andato incontro nella seconda metà del secolo scorso, insegna che un agente del campo nemico può “voltare gabbana”: diventare un rivoluzionario, tradire i suoi padroni carnefici delle masse popolari, diventare un infiltrato e agente del partito comunista e della rivoluzione socialista in campo nemico.
Ogni cosa si trasforma, milioni di persone sottomesse al padrone e arruolate dalla borghesia passano nel campo dei malcontenti e persino dei rivoluzionari, se il partito comunista fa quello che deve fare.
Da funzionario del Partito nazionale fascista Lajolo divenne un comandante di partigiani e non fu il solo. Durante la Guerra di Spagna (1936-1939) gli italiani del V Reggimento indussero a disertare soldati italiani che Mussolini aveva inviato a sostenere Franco. Ovunque, e in ogni tempo, la borghesia è costretta ad arruolare al suo servizio persone provenienti dalle masse popolari. E proprio lì c’è un campo di lavoro per il partito comunista, lì possiamo e dobbiamo portare la lotta di classe e promuovere la rivoluzione socialista.
Per quanto la borghesia cerchi di corrompere questi soggetti con denaro e di abbrutirli mettendoli contro le masse popolari, essa non riesce a prosciugare l’acqua dove noi peschiamo.
Oramai non c’è più posto sicuro per la borghesia, il capitalismo ha imboccato la fase della sua decadenza.

– Da Il voltagabbana emerge bene che il fascismo non è stato la sostituzione ordinaria di un governo più reazionario a un altro governo borghese, ma l’imposizione del governo della parte più reazionaria della borghesia che si è affermato mobilitando a proprio favore una parte importante delle masse popolari contro i normali governi borghesi, con la promessa di eliminare alcuni effetti delle misure antipopolari attuate da questi ultimi e anche di impedire l’invadenza dei gruppi imperialisti degli altri paesi.
Ed emerge anche che centinaia di migliaia di operai e contadini si sono rivoltati contro chi li aveva nutriti di promesse e di prediche anticomuniste, li aveva allontanati da casa, armati e mandati a combattere – persino contro il primo paese in cui gli operai e i contadini avevano preso in mano il potere – ma non permetteva loro di “riempirsi lo stomaco”.
Quindi o i comunisti prevengono la mobilitazione reazionaria – oggi l’allargamento della Terza guerra mondiale – oppure fanno avanzare la rivoluzione socialista facendo fronte alla guerra, trasformando la mobilitazione reazionaria in mobilitazione rivoluzionaria.

– Dalle carceri dell’Italia liberata dal nazifascismo, Lajolo si chiede se la guerra di liberazione fosse davvero finita… e in effetti no, non era finita. Sono passati ottant’anni dal glorioso 25 Aprile del 1945 e oggi, se ci guardiamo attorno, è difficile immaginare le speranze che allora sembrava possibile realizzare. Il marasma, la disperazione e l’abbrutimento che ci circondano, rendono a molti persino incomprensibile il clima di allora.
Proprio per far fronte alla situazione attuale e trasformarla, per capire che possiamo risalire la china e come farlo, è importante comprendere perché da quell’epoca di speranza e fiducia siamo arrivati al triste presente.
Imparare dalle sconfitte è quello che a lungo andare trasforma un esercito inesperto in un esercito vittorioso. Chi non capisce le ragioni dell’arretramento cade facilmente preda dei disfattisti, succubi delle classi dominanti e da esse ispirati: si lamentano che purtroppo il mondo è fatto così, che non c’è rimedio, che il nostro progetto è un’illusione, che il male prevale sul bene… Da qui rassegnazione e disperazione, viltà ed evasione dalla triste realtà.
Perché dopo la vittoria della Resistenza siamo andati indietro? Perché non eravamo preparati ad andare avanti.
Per liberare definitivamente il nostro paese, il Pci avrebbe dovuto guidare le masse popolari a farla finita non solo con i fascisti e i nazisti, ma anche con il potere dei grandi industriali, degli agrari e degli alti prelati che si erano affidati al fascismo per scongiurare la rivoluzione; avrebbe dovuto guidarle a instaurare il socialismo.
Ma il Pci non era preparato a farlo.

Nel libro di Lajolo – e in quelli di altri eroici dirigenti comunisti della Resistenza – si trovano tante cose, ma non un piano per instaurare il socialismo in Italia. Dopo la Liberazione, nel 1945, perfino nelle fabbriche in cui i Cln comandavano, ci si preoccupava di riprendere la produzione della fabbrica, anziché accogliere tutti i disoccupati disposti a lavorare; a fare della fabbrica, oltre che l’organismo per la produzione di quanto già si faceva anche sotto il fascismo, anche un centro di organizzazione e formazione della massa dei lavoratori della zona, un centro di organizzazione in tutto il territorio circostante di tutti i lavori necessari alla ricostruzione, un centro di promozione per ogni altro aspetto della vita sociale.
Nella storia del Pci si trovano le lotte per resistere ai soprusi e alle angherie dei padroni e per strappare condizioni migliori di lavoro e di vita (le conquiste di civiltà e benessere), ma non il progetto e la condotta di una guerra per avanzare dalla sconfitta del fascismo fino a instaurare il socialismo. Ma la lotta contro le difficoltà e ristrettezze del presente, per attenuarle, non era e non è di per sé lotta che pone fine al sistema.

Noi oggi possiamo sbarrare la strada alla mobilitazione reazionaria. L’opposizione alla guerra e all’economia di guerra è condivisa da larga parte delle masse popolari nel nostro come negli altri paesi europei, aderenti o meno alla Nato, e si esprime già su vasta scala nell’astensione dalle elezioni, con annesso calo di voti ai partiti ed esponenti guerrafondai; nelle mobilitazioni in solidarietà con il popolo palestinese contro il genocidio perpetrato dai sionisti; contro la prosecuzione della guerra che gli imperialisti Usa-Nato hanno lanciato in Ucraina; contro la corsa agli armamenti. Questa opposizione si rafforzerà e crescerà fino a mettere fine alla Terza guerra mondiale se si trasforma in avanzamento della rivoluzione socialista: dipende, quindi, dalla capacità e attività di chi la anima, orienta e promuove. Dipende, in primo luogo, dai comunisti.
Per cambiare il corso delle cose bisogna che il governo del paese sia in mano a chi vuole cambiarlo. Non basta impedire al governo Meloni e ai padroni di fare, non basta opporsi alla borghesia che cerca di uscire dalla crisi alla sua maniera: con la guerra all’esterno e con la sopraffazione sui lavoratori e sugli immigrati, in una parola con la mobilitazione reazionaria delle masse.
Opporsi è necessario, ma serve solo a ritardare l’opera della borghesia. Se ci si oppone e basta, prima o poi le cose vanno nel verso in cui la borghesia spinge.
L’opposizione deve avere una prospettiva, occorre indicare e promuovere, preparare e organizzare una via d’uscita favorevole alle masse popolari, dare uno sbocco politico comune a ogni lotta. Questo sbocco è cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza che opera al servizio delle masse popolari organizzate e di lì avanzare fino a instaurare il socialismo.

compagno Ivan, segretario generale del (n)Pci

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