Contributo alla Redazione

Il Governo di Blocco Popolare è una linea riformista?

Adattamento di un contributo inviato alla Redazione. Per un ragionamento esaustivo servirebbero approfondimenti che, per motivi di spazio, non possiamo sviluppare. Diamo pertanto, dove possibile, dei riferimenti.
Riteniamo, comunque, che il contributo offra uno spunto utile per inquadrare il tema e invitiamo i lettori a inviare osservazioni, domande o anche critiche: la lotta politica rivoluzionaria è una scienza sperimentale la cui efficacia non si verifica “a tavolino”, ma dai risultati. Pertanto tutto ciò che contribuisce a chiarire aspetti ideologici, politici e pratici è una risorsa per tutto il movimento rivoluzionario.

***

Sorvolo sui motivi particolari che mi hanno portato a scrivere queste riflessioni. Al di là del singolo caso, mi trovo sempre più frequentemente a discutere con compagni di altre organizzazioni del legame fra la linea del Governo di Blocco Popolare e la rivoluzione socialista e riscontro un’incomprensione di fondo: la linea del Governo di Blocco Popolare viene percepita come una via riformista, come una “terza via” alternativa all’obiettivo della rivoluzione socialista.
Che questo tipo di discussioni aumentino è incoraggiante: significa che “usciamo dalla nostra nicchia” e siamo spinti a essere più efficaci nelle nostre argomentazioni. Ed è quello che provo a fare, procedendo per punti sugli aspetti su cui credo sia utile rafforzarci.
A beneficio di chiarezza, fisso subito la tesi principale: la linea del Governo di Blocco Popolare non è una “terza via contro i mali del capitalismo”: è la linea tattica in cui si traduce, in questa fase, la costruzione della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata diretta dal (n)Pci.


1. Il patrimonio del movimento comunista è ricco di insegnamenti. Questo è certamente una risorsa per i comunisti di oggi, ma quel patrimonio va usato, perché se ci si limita a “celebrarlo” o a enunciarlo diventa un dogma e perde la sua funzione principale.
Ci sono due insegnamenti, in particolare, che vanno considerati per inquadrare i compiti dei comunisti in Italia.
O meglio, la prima è più una constatazione: durante la prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria, cioè nel periodo che va dal 1917 al 1976, i comunisti non sono riusciti a fare la rivoluzione socialista in nessun paese imperialista.
L’insegnamento vero e proprio è che, per essere efficace e arrivare all’obiettivo della conquista del potere, la politica rivoluzionaria deve essere perfettamente aderente alla situazione particolare e specifica del paese. Questo è successo in Russia, è successo in Cina e in ogni situazione in cui il movimento rivoluzionario ha raggiunto l’obiettivo.
La sintesi di questi primi due aspetti è che noi dobbiamo trovare la strada per compiere l’inedita impresa di portare alla vittoria la rivoluzione socialista in un paese imperialista, l’Italia, alle precise condizioni attuali.


2. Cosa si intende per precise condizioni attuali? Per sommi capi:
– la particolare natura del nostro paese, la Repubblica Pontificia italiana, e le specifiche forme del regime di controrivoluzione preventiva (vedi Il Manifesto programma del (n)Pci, ndr);
– la particolare forma di sottomissione del nostro paese agli imperialisti Usa (non vado oltre il richiamo al fatto che l’Italia, essendo un paese imperialista, non è una colonia degli Usa, ma presenta le caratteristiche di un protettorato Usa);
– la storia del movimento comunista e rivoluzionario in Italia: i due tentativi di ricostruire il partito comunista adeguato a condurre la rivoluzione dopo il 1945, con il Pci ormai in mano ai revisionisti moderni: il PCd’I-ML e le Brigate Rosse, ma anche tre tentativi di rivoluzione socialista che nel corso della storia del nostro paese sono falliti (Biennio Rosso, Resistenza e anni Settanta);
– i risultati del ruolo e dell’influenza dei revisionisti moderni, prima, e della sinistra borghese, poi, sulla classe operaia e sulle masse popolari (il “Partito Comunista più grande d’Occidente”).

3. Quando parliamo di linea politica rivoluzionaria, bisogna necessariamente considerare la differenza fra linea strategica e linea tattica. Riguardo alla linea strategica, essa è stata elaborata e verificata nel corso del tempo alla luce dell’esperienza e il maoismo l’ha sintetizzata nella Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata (GPRdLD).
La linea strategica è ferma, non cambia e non può cambiare quale che sia la giustificazione che viene addotta per cambiarla: se cambia la strategia viene meno il carattere rivoluzionario della linea politica.
La linea tattica invece cambia e deve cambiare in base alle condizioni concrete: non solo da paese a paese, ma anche di fase in fase.
Tuttavia, quando si ragiona di linea politica (e della combinazione fra strategia e tattica) bisogna necessariamente considerare il soggetto che la elabora, la dirige e la attua, bisogna considerare la natura e il ruolo del partito comunista.

Nelle nostre pubblicazioni, l’aggettivo “rivoluzionario” indica che la guerra delle masse popolari contro la borghesia imperialista promossa dai comunisti è la forma della rivoluzione socialista, un processo volto al rovesciamento del regime borghese e all’instaurazione del socialismo, il cui primo pilastro è la dittatura del proletariato.
È giusto parlare della GPRdiLD come strategia universale della rivoluzione socialista, ma attenzione: una cosa è derivare leggi universali, applicabili in ogni contesto in cui opera un partito comunista, altra cosa è applicare dogmaticamente le leggi particolari della GPRdiLD dei paesi oppressi (Nepal, Filippine, Perù, Turchia, India) ai paesi imperialisti, come propongono alcuni compagni in Italia, Francia e altri paesi. Così facendo, commettono un errore dialettico. Seguire questa concezione porta in realtà queste forze a impantanarsi nell’attendismo (aspettando che le cose accadano prima o poi senza l’intervento dei comunisti, per caso o per volontà di un dio) e nel disfattismo (poiché l’accerchiamento delle città da parte delle campagne nei nostri contesti non è possibile, allora ci si rassegna allo scoppio di qualche insurrezione popolare di cui il partito comunista approfitterebbe per guidarla).
Questo è contrario al materialismo dialettico, alla comprensione e alla trasformazione delle condizioni oggettive del contesto concreto e particolare in cui agiamo.
Le organizzazioni che aderiscono a tale concezione, volendo rimanere fedeli ai principi rivoluzionari, non fanno altro che riprodurre un approccio alla GPRdiLD simile a quello portato avanti dai credenti, agendo con fede in dio. Essi vedono la lotta armata, che i dogmatici maoisti identificano con la guerra popolare, non come una delle sue tappe: se non può essere praticata immediatamente, allora significa che la guerra popolare non si sta realizzando.
Bandire il pessimismo e il disfattismoIntervista a Umberto Corti del Comitato centrale del (nuovo)Partito comunista italiano, aprile 2021

4. Se i comunisti di oggi si mettono in testa di costruire un partito comunista come era il vecchio Pci e di seguirne la linea, inevitabilmente prendono una strada senza sbocchi. Attenzione però, non è sufficiente neppure “voler ricostruire un partito come il vecchio Pci, senza l’impronta dei revisionisti moderni”, attingendo dall’esempio della sinistra del vecchio Pci (Secchia, Alberganti, Vaia, ecc.) perché neppure la sinistra del vecchio Pci, alla prova dei fatti, è mai riuscita a liberarsi dalle tare ideologiche dell’elettoralismo e dell’economicismo.
Allo stesso modo, se i comunisti si mettono in testa di costruire un partito comunista seguendo i passi del movimento comunista degli anni Settanta, con le deviazioni militariste delle Brigate Rosse, imboccano un vicolo cieco.
Bisogna che i comunisti si mettano a capire i motivi di quei fallimenti, a correggere gli errori e a superare i limiti.
Mettendo a fuoco la relazione fra la strategia, la tattica e il partito funzionale a elaborarle e attuarle ci avviciniamo alla relazione fra la linea del Governo di Blocco Popolare e la rivoluzione socialista. E si inizia a intravedere la risposta alla domanda iniziale.

5. Il P.Carc ha come obiettivo la costituzione del Governo di Blocco Popolare per sviluppare la Guerra Popolare Rivoluzionaria in Italia. Il Governo di Blocco Popolare è la linea tattica che il (n)Pci ha elaborato nel 2008, cioè quando la seconda crisi generale del capitalismo ha “fatto un balzo” entrando nella sua fase acuta e terminale.
Il balzo del 2008 ha creato condizioni più favorevoli per la rivoluzione socialista, ma l’ha posta anche come alternativa urgente, in un contesto di debolezza del movimento comunista cosciente e organizzato.
Detto in altri termini: occorreva – e occorre – trovare il modo per combinare l’esigenza della rinascita del movimento comunista con la necessità di porre un argine alla classe dominante e agli effetti della crisi. La linea tattica del Governo di Blocco Popolare è la soluzione. Una soluzione sperimentale, una strada possibile, ma il cui esito non è certo, perché dipende interamente da quanto e come il movimento comunista italiano è capace di alimentare la via della mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari.

6. Il P.Carc e il (n)Pci sono partiti fratelli (vedi “P.Carc e (n)Pci si rafforzano l’un l’altro nella lotta comune!” su La Voce del (n)Pci n. 50). Questo deriva dal lungo processo storico di nascita e sviluppo della Carovana del (n)Pci, ma anche dal fatto che entrambi condividono l’obiettivo dell’instaurazione del socialismo mediante la rivoluzione socialista.
Il (n)Pci dirige il processo rivoluzionario sul piano strategico. Incarna quanto oggi esiste di Stato Maggiore della rivoluzione socialista perché si è costituito per assolvere a questo compito e in funzione di questo compito risponde a criteri, principi e caratteristiche a esso funzionali. Ad esempio è un partito clandestino (vedi Bandire il pessimismo e il disfattismoIntervista a Umberto Corti del Comitato centrale del (nuovo)Partito comunista italiano, aprile 2021).
Il P.Carc, che invece è un partito pubblico, opera nel processo rivoluzionario sul piano tattico, perseguendo l’obiettivo del Governo di Blocco Popolare.
Considerando, molto in generale, la relazione fra strategia e tattica: il (n)Pci può dirigere la guerra popolare rivoluzionaria anche senza l’esistenza del P.Carc (certo lo farebbe in condizioni assai meno favorevoli), il P.Carc non può contribuire alla politica rivoluzionaria senza l’esistenza del (n)Pci.
Senza il (n)Pci, la linea del Governo di Blocco Popolare sarebbe una linea riformista e velleitaria e il P.Carc sarebbe solo un altro fra i vari partiti comunisti già esistenti. Forse più “di sinistra”, forse più “radicale”, ma ugualmente velleitario e slegato dalla strategia della rivoluzione socialista in Italia.
L’esistenza del (n)Pci, il suo ruolo e la sua azione sono l’unica – non la principale, ma precisamente l’unica – condizione che inquadra la linea del Governo di Blocco Popolare e il P.Carc nel campo della politica rivoluzionaria.

7. Un aspetto che è sempre molto dibattuto riguarda il fatto che il Governo Blocco Popolare è promosso dai comunisti – e per costituirlo l’azione dei comunisti è necessaria e determinante – ma non è il governo dei comunisti e non corrisponde affatto all’instaurazione del socialismo. Può essere utile, a volte lo è, paragonarlo a quel “governo democratico e rivoluzionario” di cui parla Lenin in La catastrofe incombente e come lottare contro di essa (ottobre 1917).
In quel testo Lenin parla di cosa dovrebbe e potrebbe fare un governo autenticamente democratico (democratico borghese) e rivoluzionario criticando l’inerzia del governo Kerensky (borghese sì, ma democratico e rivoluzionario solo sulla carta).
Il discorso è che se i comunisti italiani avessero oggi la forza di imporre un loro governo la linea del Governo di Blocco Popolare sarebbe disfattista o attendista rispetto all’obiettivo della rivoluzione socialista. Se i comunisti avessero la forza di imporre un loro governo, l’avrebbero anche per portare la classe operaia a prendere il potere e instaurare la dittatura del proletariato. Ed è quello che dovrebbero fare, altro che governo democratico e rivoluzionario… Ma i comunisti oggi non hanno quella forza.
Devono rafforzarsi, in un contesto generale in cui è urgente contendere il governo del paese alla borghesia imperialista in modo da poter adottare le misure d’emergenza per fare fronte agli effetti più gravi della crisi che stanno tormentando le masse popolari e distruggendo il paese e il pianeta.
Misure politiche possibili pur rimanendo, il paese e la società, nel contesto di relazioni economiche e sociali capitaliste.
Oltre a non averne la forza, i comunisti oggi non hanno neppure autorevolezza fra le masse popolari, non sono riconosciuti – nemmeno dai settori più avanzati delle masse – come i migliori interpreti e promotori dei loro interessi. Le masse popolari oggi sono influenzate – ancora e finché il movimento comunista non si rafforza – da elementi della società civile, da dirigenti sindacali, intellettuali, ecc. Ecco, sono loro che devono comporre il Governo di Blocco Popolare, che devono esserne i ministri: quelli di loro verso cui le masse popolari nutrono maggiore fiducia o in cui ripongono maggiori aspettative.

8. È nella lotta per attuare il programma del Governo di Blocco Popolare e in quella per difenderlo dai sabotaggi e dai boicottaggi di cui sarà oggetto a opera della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti, che le masse popolari organizzate faranno una scuola pratica e un’esperienza del passaggio da classe oppressa a nuova classe dirigente.
D’altra parte, è proprio attraverso quel processo pratico di direzione del paese che le masse popolari organizzate toccheranno con mano la necessità di superare le relazioni economiche e sociali del capitalismo, che in effetti si presenteranno per quello che sono: l’unico freno allo sviluppo e al progresso.
È quindi attraverso la lotta per il Governo di Blocco Popolare, per difenderlo e per “farlo funzionare” – che è lotta politica rivoluzionaria – che il movimento comunista si rafforza più velocemente e diventa capace di dirigere le masse popolari organizzate nella lotta per instaurare la dittatura del proletariato.

AM

Noi comunisti stiamo costruendo una nuova direzione delle masse popolari.
(…) Se attueremo nel concreto il nostro piano tattico in modo che i nostri sforzi siano coronati dal successo e le organizzazioni operaie e popolari costituiscano il Governo di Blocco Popolare, la rinascita del movimento comunista sarà fortemente accelerata e lottando per la prosecuzione dell’opera iniziata, formeremo la nuova direzione di cui c’è bisogno per instaurare il socialismo.
Se i nostri sforzi non saranno coronati dal successo e non riusciremo a portare le organizzazioni operaie e popolari a costituire il Governo di Blocco Popolare, dovremo diventare la direzione autorevole di cui c’è bisogno facendo fronte, con le forze che abbiamo raccolto, alla mobilitazione reazionaria che avrà il sopravvento.
(…) Bisogna rompere con la tendenza a limitarsi a resistere agli attacchi dei nemici e passare sempre più spesso all’attacco: individuare il punto e il momento giusti, concentrare le forze, attaccare e strappare dei risultati, vincere. Dobbiamo quindi imparare a capire dove, quando e come attaccare per vincere: questo è usare la scienza comunista.
La lotta contro lo smantellamento dell’apparato produttivo riguarda interi settori produttivi (ex Ilva, ex Alitalia, Stellantis e comparto auto, telecomunicazioni e altri) e coinvolge direttamente decine di migliaia di lavoratori: ogni vertenza particolare è risolvibile con rattoppi temporanei o con ammortizzatori sociali, sussidi e prestiti, ma ogni soluzione particolare per durare e dare frutti ha bisogno della trasformazione generale politica, economica e sociale del paese. La crisi climatica e il disastro ambientale crescono assieme alla crisi economica, l’economia in mano ai gruppi imperialisti è una economia in crisi che devasta il mondo e lo inquina: la risoluzione della crisi economica è anche risoluzione della crisi ecologica, il contrasto tra economia e ambiente, tra lavoro e salute è prodotto dal capitalismo.
Non dobbiamo cedere né agli avventurieri né agli spontaneisti, ma soprattutto dobbiamo combattere gli stati d’animo di sfiducia che inevitabilmente (stante la tradizione, la paura di fronte al nuovo, le incognite che effettivamente ogni nuova impresa presenta, le arretratezze nella comprensione del corso delle cose) serpeggiano tra gli elementi più deboli, anche nelle nostre file. È successo in ogni partito comunista, alla vigilia di ogni scontro. Anche alla vigilia della Rivoluzione d’Ottobre che nel novembre del 1917 ha lanciato l’assalto al cielo e ha sconvolto il mondo, Kamenev e Zinoviev, i due dirigenti del Partito bolscevico che cercarono di sabotare l’insurrezione rendendo pubblici i piani di battaglia del Comitato Centrale del Partito, erano solo le punte estreme di una corrente di dubbiosi ed esitanti.
(…) Se il presente ci sembra buio e il futuro incerto, significa che con i sentimenti e le idee siamo ancora chiusi nell’orizzonte che la borghesia imperialista e il suo clero impongono: dobbiamo liberarcene. Osare sognare, osare pensare, osare vedere oltre l’orizzonte della società borghese! Il nostro futuro lo costruiamo noi!Avere il coraggio di portare la rivoluzione socialista alla vittoria! L’augurio del (n)PCI per il nuovo anno

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