Gran Bretagna: storico sciopero dei trasporti

Nei giorni 21-23-25 giugno, nel Regno Unito si è svolto quello che è stato definito “il più grande sciopero delle ferrovie dal 1989”. Circa l’80% dei treni è rimasto fermo, 40.000 lavoratori delle ferrovie hanno incrociato le braccia e con loro anche 11.000 lavoratori della metropolitana di Londra.

Lo sciopero è stato indetto dal sindacato Rail Maritime and Transport Workers (Rmt), il più importante del settore, dopo che non si è arrivati a un accordo con i vertici delle compagnie ferroviarie e il Network Rail (gestore pubblico della rete). L’Rmt chiede un aumento dei salari di almeno il 7% a fronte dell’inflazione che attualmente è al 9,1% ma che toccherà l’11% in autunno. Altre richieste sono l’arresto dei licenziamenti con riassunzione a salario ridotto, degli attacchi al regime pensionistico dei ferrovieri e dei blocchi salariali. La controproposta del Network Rail è stato un aumento dello stipendio dei lavoratori del 2%, ma compensato da tagli ai posti di lavoro…

Tutto ciò fa il paio con i tagli ai servizi pubblici decisi dal governo inglese. “Va ribadito che la fonte di queste controversie è la decisione del governo Tory di tagliare 4 miliardi di sterline di finanziamenti dai nostri sistemi di trasporto – 2 miliardi di sterline dalle ferrovie nazionali e 2 miliardi di sterline da Transport for London”, si legge nel comunicato della Rmt.

Questo sciopero, per certi versi storico, mostra come l’ingovernabilità dal basso a fronte della crisi generale del sistema capitalista monti in tutti i paesi imperialisti.

Mostra anche che la mobilitazione di un settore delle masse popolari può essere “la scintilla che dà fuoco alla prateria”.

Infatti, sempre in Gran Bretagna, a seguito degli scioperi delle ferrovie, hanno intenzione di scioperare anche i dipendenti della British Airways iscritti ai sindacati Gmb (General, Municipal, Boilermakers) e Unite in servizio nell’aeroporto di Heathrow, il principale scalo di Londra. La protesta è prevista nel pieno delle vacanze estive, a fronte del fatto che l’azienda ha negato il bonus del 10% sugli stipendi a compensazione dei tagli salariali subiti durante l’emergenza Covid.

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