Proteste e rivolte nelle carceri

Da un report dell’Osservatorio sicurezza del Centro alta formazione investigazione strategia criminologia (Cafisc), aggiornato al 30 giugno 2024, emerge che i detenuti nei 189 istituti penitenziari presenti nel nostro paese sono 61.468, a fronte di 47.067 posti disponibili. Per la prima volta anche gli istituti penali per minori sono sovraffollati: 555 ragazzi (erano 406 a giugno 2023) per 514 posti ufficiali.

Questo significa che vi è un indice di sovraffollamento del 130,59%; in 50 carceri si tocca addirittura un tasso del 150%. Il primato spetta al carcere di San Vittore, a Milano, dove l’indice di sovraffollamento arriva al 220%.

L’Italia è stata più volte condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo a risarcire detenuti per le condizioni della loro detenzione giudicate disumane e degradanti, riconducibili agli spazi detentivi che non rispettano gli standard previsti.

Per evitare condanne e risarcimenti, nel 2013 è stato adottato il sistema detentivo delle “celle aperte” e della “vigilanza dinamica” della polizia penitenziaria. Ai soggetti detenuti in media e bassa sicurezza (detenuti comuni) era concessa l’apertura delle celle per almeno 8 ore al giorno fino a un massimo di 14, la possibilità di muoversi all’interno della propria sezione e fuori di essa e di usufruire di spazi più ampi per le attività; contestualmente la polizia penitenziaria non era più chiamata ad attuare un controllo statico sulla popolazione detenuta, ma un controllo incentrato sulla conoscenza e l’osservazione della persona detenuta.

Nel luglio 2022 è stato ripristinato il regime a “celle chiuse” che ha peggiorato per tutti, personale compreso, la vita in galera. È stato un moltiplicatore di sofferenze e violenze.

Sono aumentati i suicidi tanto di detenuti quanto di appartenenti alla polizia penitenziaria. Sono 67 i suicidi tra i detenuti e 6 tra la polizia penitenziaria dall’inizio dell’anno; tra le vittime alcuni giovanissimi e con pene residue brevi, detenuti con presunte o accertate patologie psichiatriche e molti senza fissa dimora. I tentativi di togliersi la vita sono 1.348, mentre gli atti di autolesionismo 8.285.

Da un recente studio del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale emerge che circa una persona su due si è tolta la vita nei primi sei mesi di detenzione; di queste, sei entro i primi quindici giorni, tre delle quali addirittura entro i primi cinque dall’ingresso. Solo circa il 38% dei morti risulta condannato in via definitiva.

Tra le situazioni con più suicidi ci sono il carcere Poggioreale a Napoli, gli istituti di Pavia e Verona e le celle di Regina Coeli a Roma. L’ultimo caso di suicidio si è verificato a Parma il 15 agosto, giornata in cui vari politici italiani hanno visitato alcuni istituti penitenziari.

Dati in aumento rispetto allo scorso anno, che raccontano una situazione sempre più insostenibile delle condizioni carcerarie, manifestazione della guerra di sterminio che la borghesia imperialista conduce contro le masse popolari e al contempo anello debole della catena di repressione e ricatto poiché le stesse condizioni carcerarie sono alimento per l’organizzazione e la mobilitazione dei detenuti (vedi i numerosi casi di detenuti in rivolta), dei loro familiari e solidali e del personale penitenziario.

Il governo Meloni, oltre ad avere già introdotto ben diciotto nuove fattispecie di reato e predisposto il pacchetto sicurezza (che prevede pene anche per chi protesta pacificamente), il 7 agosto ha approvato il cosiddetto “Decreto carceri” che secondo esperti e osservatori non inciderà minimamente sull’emergenza sovraffollamento e suicidi in quanto la misura più concreta è l’assunzione di mille agenti penitenziari in due anni. Il decreto mette al centro ancora gli strumenti repressivi piuttosto che la prevenzione, la rieducazione e socializzazione, al punto che anche Forza Italia lo ritiene inutile e voleva modificarlo proponendo la liberazione di 10 mila carcerati.

La situazione nelle carceri è l’ennesima dimostrazione della guerra di stermino non dichiarata che la classe dominante conduce contro le masse popolari. È anche manifestazione di come la legalità borghese venga usata a uso e consumo della classe dominante contro le masse popolari. Ed evidenzia, infine, che nella barbarie del capitalismo non c’è posto né possibilità per nessuna “riforma” che elimini la sopraffazione, la sottomissione, l’arbitrio dei ricchi sui poveri.

In questo contesto, le proteste e le rivolte nelle carceri sono però la più chiara dimostrazione che la ribellione contro la classe dominante non può essere soffocata. Anche nel luogo deputato a rinchiudere, controllare e sottomettere nascono e si sviluppano organizzazione e ribellione.

***

I detenuti di diversi istituti, dal Piemonte alla Sicilia, a luglio e agosto, hanno protestato per il caldo insopportabile, il sovraffollamento delle celle, le scarse condizioni igieniche, la mancanza di acqua potabile e di acqua calda, i suicidi dei loro compagni, spesso molto giovani, alimentando rivolte, maxi risse e tentativi di evasione.

01.07 nella casa circondariale di Vibo Valentia i detenuti hanno protestato perché per giorni non c’è stata l’acqua potabile.

04.07 nel carcere di Sollicciano a Firenze circa 80 detenuti hanno appiccato incendi e sventolato striscioni dalle finestre per le scarse condizioni igieniche, la mancanza di acqua calda e il suicidio di un detenuto di vent’anni.

09.07 nel carcere di Viterbo è scoppiata una sommossa in seguito al ritrovamento del corpo senza vita di un detenuto di trentadue anni nella sua cella. Circa 60 prigionieri si sono barricati in una sezione del carcere, incendiando materassi e mobili.

11.07 nel carcere di Trieste un centinaio di detenuti si è ribellato contro le condizioni di prigionia, lanciando oggetti sulla strada e incendiando coperte e altre suppellettili.

26.07 nella casa circondariale Dogaia di Prato una ventina di reclusi al termine delle attività quotidiane ha opposto resistenza non facendo rientro nelle celle e iniziando a distruggere l’intera ala del carcere. Solo dopo ore di tensioni e devastazioni, la rivolta è stata sedata dagli agenti.

26.07 a Caltagirone alcuni detenuti sono saliti sui tetti dopo la morte di un compagno per cause naturali.

26.07 a Rieti circa 400 detenuti si sono autogestiti non facendo rientro nelle celle per due giorni e due notti. Il 30 luglio un giovane detenuto si è impiccato nella cella di isolamento dove era stato condotto a seguito della rivolta.

28.07 a Terni 55 detenuti hanno organizzato una protesta contro il sovraffollamento non rientrando in cella.

28.07 a Biella alcuni detenuti si sono rifiutati di rientrare in cella; il 6.08 un detenuto di cinquantacinque anni si è impiccato.

28.07 a Velletri alcuni detenuti si sono rifiutati di rientrare nelle celle nel pomeriggio, incendiando materassi e distruggendo telecamere di sorveglianza.

14.08 a Pescara 5 detenuti si sono barricati in cella distruggendola e appiccando il fuoco.

15.08 nella Casa circondariale Lorusso e Cotugno a Torino una decina di detenuti ha dato origine a una rissa per poi rifiutarsi di rientrare nelle celle e scatenando proteste anche in altre aree del carcere. A inizio agosto c’erano state altre due grosse proteste sia nel carcere Lorusso e Cutugno che al Ferrante Aporti, l’istituto penale minorile di Torino.

17.08 a Bari 70 detenuti hanno sequestrato un infermiere e picchiato un poliziotto.

17.08 a Roma, al Regina Coeli, alcuni detenuti si sono rifiutati di entrare nelle celle invivibili a causa delle temperature eccessive, hanno bruciato dei materassi e rotto alcuni tavoli. Circa 30 detenuti sono stati poi trasferiti in altri istituti penitenziari.

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