Armi come pacchi postali. Il no alla guerra parte dai posti di lavoro

La guerra della Nato contro la Federazione Russa si intensifica e le conseguenze sono sotto i nostri occhi. Tra queste c’è anche l’intensificarsi del traffico ILLEGALE di armi nel nostro paese che passa da infrastrutture come porti e aeroporti civili e normali centri di smistamento merci. Questo per abbattere i costi di spedizione e bypassare le norme vigenti per il transito militare. Non si contano poi le segnalazioni di passaggi di treni con carri armati, blindati e altri mezzi militari nelle stazioni. È solo grazie ai lavoratori che questi traffici emergono, è grazie alle loro denunce e al rafforzamento del fronte delle masse popolari contro la guerra.

I compagni del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (Calp) sono stati i primi nel paese a scoprire e denunciare i passaggi di mezzi militari e armamenti destinati alla guerra in Yemen nel porto di Genova. La loro mobilitazione, che ormai va avanti da quattro anni, ha avuto il merito di far crescere il coordinamento delle associazioni, comitati, organizzazioni operaie e popolari contro il traffico di armi e in generale contro la guerra della Nato.

Non solo. Oltre a vigilare sul porto di Genova, i compagni del Calp hanno anche fatto uscire una segnalazione anonima che documentava, con tanto di foto, lo smercio di armamenti e documenti militari che, senza alcuna certificazione, passano dal deposito della FedEx di Ospedaletto a Pisa. Si spediscono armi come fossero pacchi Amazon!

Il sindacato Usb sta svolgendo un importante lavoro sul tema con la campagna “Giù le armi, su i salari”, portando alla luce anche l’utilizzo di voli civili per il trasporto di materiale bellico.

Nel marzo 2022 alcuni lavoratori dell’aeroporto Galilei di Pisa iscritti a Usb si sono rifiutati di caricare su degli aerei cargo casse piene di armi, munizioni ed esplosivi, spacciati per “aiuti umanitari alla popolazione ucraina”.

A distanza di un anno, è stata la volta dell’aeroporto di Montichiari (Brescia), dove Usb ha portato allo scoperto la continua movimentazione di armi ed esplosivi nei terminal all’insaputa dei lavoratori, promuovendo un presidio il 30 giugno proprio davanti all’area cargo.

Un fatto è certo: i lavoratori non vogliono essere complici delle sporche guerre degli imperialisti e della Nato, le masse popolari non vogliono la guerra! Per fermare il traffico di armi e impedire il coinvolgimento del nostro paese nel conflitto in Ucraina non possiamo affidarci a leggi e istituzioni della classe dominante. Solo la classe operaia e il resto delle masse popolari possono invertire la rotta e tutti – al di là dell’organismo o della sigla sindacale di appartenenza – sono chiamati a denunciare pubblicamente, a mobilitarsi e organizzarsi per questo obiettivo, facendo fronte comune per cacciare i governi delle Larghe Intese che trascinano il paese nel baratro.

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