Lettera aperta ai comunisti ovunque collocati

Questa lettera è rivolta ai comunisti, ai militanti e sostenitori delle numerose formazioni comuniste del nostro paese, a tutti coloro che scelgono consapevolmente di non attestarsi al ruolo di semplici oppositori del cattivo presente, ma dedicano le proprie energie alla prospettiva: alla rinascita del movimento comunista, alla lotta per l’instaurazione del socialismo.

Compagni, molti di voi hanno preso parte alla campagna elettorale come candidati nelle diverse liste anti Larghe Intese: da Italia Sovrana e Popolare, al Partito Comunista Italiano a Unione Popolare.

Altri di voi, invece, hanno deliberatamente scelto di tenersi fuori da essa rinunciando così a usare anche le elezioni (strumento assolutamente accessorio rispetto alla mobilitazione e organizzazione delle masse popolari) per creare condizioni più favorevoli allo sviluppo della lotta di classe nel nostro paese.

Ne consegue che le elezioni politiche del 25 settembre hanno fatto emergere in maniera evidente le difficoltà implicite nel processo di rinascita del movimento comunista nel nostro paese e la sua ancora relativa debolezza e inadeguatezza a fronte del disastroso corso delle cose imposto dalla classe dominante. Difficoltà dovute al persistere di due tare storiche: da una parte l’elettoralismo (o cretinismo parlamentare, come lo definì Lenin in L’estremismo malattia infantile del comunismo) che in Italia affonda le sue radici nella tradizione del vecchio PCI revisionista (da Togliatti a Berlinguer e Occhetto); dall’altra l’economicismo che limita la lotta della classe operaia e delle masse popolari alle rivendicazioni. I fautori di questa deviazione coincidono, spesso, con i fautori dell’astensionismo di principio che ha origine dalla fase anarchica e pre-leninista del movimento comunista (che ha avuto come suo alfiere uno dei principali fondatori del primo PCd’I, Amadeo Bordiga).

Con le nostre indicazioni di voto abbiamo ripreso quanto detto dal (nuovo)PCI e cioè che occorreva rivoltare contro Mattarella e Draghi il loro tentativo di usare le elezioni del 25 settembre per estromettere le forze anti Larghe Intese dalla competizione elettorale e assicurarsi un parlamento più gestibile di quanto lo fosse diventato quello uscito dalle elezioni del 2018. Le nostre indicazioni di voto avevano l’obiettivo di mandare all’aria l’operazione imbastita e portare in parlamento il maggior numero di eletti anti Larghe Intese.

Obiettivo difficile? Certo, ma del tutto perseguibile con:

– la convergenza dei voti degli elettori di tutte le liste anti Larghe Intese sulla lista che aveva maggiori possibilità di eleggere i propri candidati, previo accordo politico di cui dovevano farsi promotori i capi di Unione Popolare;

– l’intervento sugli astenuti vecchi e nuovi (più di 30 milioni su 51 milioni di elettori) per indurli a votare Unione Popolare;

– la promozione di una campagna elettorale fatta di azioni radicali contro il carovita, lo smantellamento delle aziende, la partecipazione alla guerra USA-NATO, la devastazione dell’ambiente, lo sfascio e la privatizzazione della sanità pubblica e della scuola, le grandi opere inutili e dannose, gli sfratti, il maltrattamento degli immigrati, la repressione.

Il nostro appello ha suscitato molto dibattito tra i compagni, in alcuni casi scandalo e ostilità.

Negli elettoralisti più ostinati ha prevalso lo spirito di concorrenza e l’idea che l’elezione di un drappello di parlamentari fosse la via per una “sana opposizione di classe”. Nel campo degli astensionisti, invece (a parte coloro che assumono l’astensione come linea strategica, come per esempio fa il PMLI) abbiamo registrato posizioni di aperta sfiducia e malcontento verso le elezioni, la campagna elettorale, i candidati e le nostre stesse indicazioni. Molti compagni di Italia Sovrana e Popolare con cui ci siamo confrontati, hanno ritenuto la nostra indicazione di voto a Unione Popolare addirittura irricevibile, un compromesso inaccettabile!

Compagni, guardiamo all’esperienza storica del primo movimento comunista. Il caso della Russia sovietica o della Cina maoista cosa ci insegnano? Ci insegnano che un partito comunista munito di una giusta strategia per instaurare il socialismo nel proprio paese non teme di scendere a compromessi. Il compromesso non va valutato in relazione a principi astratti, ma ad aspetti pratici che attengono agli interessi di classe ed è del tutto giustificabile farne, se permettono al movimento popolare e comunista di avanzare!

E allora, bando all’attendismo e al disfattismo! Dopo la “sbornia elettorale” adesso lavoriamo alla costruzione di un fronte unitario per cacciare le Larghe Intese dal nostro paese. Lavoriamo per rafforzare il movimento di resistenza del proletariato al di là dei risultati elettorali.

Tradotto nel concreto significa che dobbiamo praticare l’unità d’azione sulle questioni più urgenti della fase. Questo implica che da adesso i militanti delle liste anti Larghe Intese, in particolare UP e ISP e i comunisti ovunque collocati devono imporre ai loro capi politici un confronto sulle questioni di fase centrali per elaborare iniziative e attività comuni contro la guerra, la devastazione dell’ambiente, il carovita, le delocalizzazioni, lo smantellamento della sanità e della scuola pubblica. È questo il modo per uscire dalle secche della miseria politica che si esprime nei personalismi, nella difesa degli orticelli e nella concorrenza elettorale e sindacale.

Compagni, l’avanzamento della crisi generale è un processo concreto, tangibile. Le condizioni di vita e di lavoro sono via via peggiorate per tutte le masse popolari, la pandemia ha fatto emergere tutta la barbarie del sistema capitalista. La classe dominante ci trascina nella guerra.

Per milioni di persone è diventato più evidente che per porre fine al corso disastroso delle cose è necessario cambiare il sistema. È in questo contesto che si moltiplicano gli sforzi per promuovere la rinascita del movimento comunista nel nostro paese e, al netto delle effettive difficoltà (che ci sono), questa rinascita avanza. Le condizioni oggettive la rendono necessaria, oltre che possibile. E allora, rendiamo questa necessità la condizione della nostra libertà: la libertà di fare quello che la storia impone ai comunisti di fare, finalmente liberi dai lacci e lacciuoli della miseria del senso comune.

Silvia Fruzzetti – Segretaria della Federazione Toscana del P.CARC

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