La mobilitazione, la partecipazione, il protagonismo delle masse popolari sono il fattore decisivo per far fronte almeno in qualche misura, da subito, agli effetti più gravi della crisi e soprattutto per avanzare verso l’obiettivo di salvaguardare e ricostruire il nostro paese.
Tale mobilitazione esiste di suo, è inevitabile che esista: concretamente e in mille forme le masse popolari si attivano spontaneamente per fare fronte agli effetti della crisi. Che tale mobilitazione sia efficace (sia qualitativamente e quantitativamente adeguata) è questione che devono porsi tutti quelli che riflettono su come farla finita con questo sistema che alimenta sfruttamento, precarietà, devastazione ambientale, guerra fra poveri e guerra fra Stati.
Chi pensa che sia sufficiente una grande e dispiegata mobilitazione popolare per invertire il corso delle cose sbaglia, esattamente in modo speculare a come sbagliano coloro che non riconoscono nelle mobilitazioni che già oggi esistono le qualità positive e le potenzialità di sviluppo che portano con sé, l’esempio che offrono, l’entusiasmo che seminano, la spinta all’emulazione che alimentano.
Presentiamo l’intervista, pubblicata su Resistenza di Maggio, ad un dirigente della lotta operaia nella bergamasca di inizio anni ’70. Non è’ un esempio per ricordare i bei tempi che furono, perché non abbiamo nostalgie del passato, ma che spiega cosa significa costruire nuove autorità popolari, a partire da quella storia che nel nostro paese la classe operaia e le masse popolari hanno già scritto e possono scrivere ancora, devono scriverla.
Incontro-dibattito
Presso il circolo ARCI Sputnik 525
A Bergamo/grumello al piano, via Gorizia 17
28 Maggio 2014
alle ore 20.30