La lotta di classe negli anni ’60 e ’70 ci insegna che la rivoluzione socialista la stiamo costruendo qui e ora

Negli ultimi mesi del 2016, e proseguiremo nel 2017, il P.CARC sta promuovendo iniziative di confronto e dibattito sull’esperienza della lotta di classe degli anni ’70 del secolo scorso, a partire dalla presentazione di testi pubblicati o ripubblicati dalla Carovana del (nuovo)PCI sull’argomento. Non sono iniziative principalmente commemorative, ma ambiti di riflessione , conoscenza e formazione (per i compagni che le organizzano e per i compagni che vi partecipano) molto utili per trarre insegnamenti generali su cosa significa “fare la rivoluzione in un paese imperialista” e su cosa è e in cosa consiste “la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato in Italia”. La presentazione de “Il proletariato non si è pentito” fatta a Milano il 12 di dicembre, anniversario della strage di piazza Fontana, e la presentazione di “Cristoforo Colombo” di Pippo Assan a Firenze del 26 novembre nell’ambito della Festa di Riscossa Popolare, sono le principali frale iniziative svolte. Mi soffermo qui su quest’ultima che per alcuni dei partecipanti è stata per la scoperta e per altri la conferma, che nella storia della lotta di classe negli ultimi 40 anni, la Carovana del (n)PCI non sta “creando le condizioni migliori per la rivoluzione socialista”, né sta aspettando “che essa scoppi”, ma la sta costruendo, la sta facendo qui e ora.

colomboPippo Assan è lo pseudonimo di un protagonista della storia delle Brigate Rosse (BR) e il suo testo è utile per riprendere un pezzo di storia della lotta di classe del nostro paese, stiamo parlando di un opuscolo scritto nel 1988 nella clandestinità, diffuso clandestinamente e poi ripubblicato nel 2016.

Assan si sofferma sui risultati della lotta e della propaganda armata del periodo, dai suoi inizi fino al 1988. Parla di scoperte importanti, che rompono con la concezione della forma della rivoluzione socialista che aveva predominato tra i partiti comunisti dei paesi imperialisti nel periodo 1900-1945 (che riducevano la rivoluzione socialista a un’insurrezione scatenata dal partito oppure pensavano che sarebbe partita da una rivolta delle masse popolari determinata dall’aggravarsi delle loro condizioni materiali). Le BR opposero alla “via al socialismo attraverso le riforme di struttura” la via della ricostruzione del partito comunista attraverso la propaganda armata. In questo modo svelarono che la concezione dei revisionsiti moderni apparteneva (e appartiene) al campo della borghesia imperialista e quindi opposta agli interessi della classe operaia. Le BR hanno quindi contribuito ad accelerare il declino dei revisionisti moderni e della loro linea.

Altro risultato importante è stato quello di porsi come quel punto di riferimento che la classe operaia aveva perso, stante il fatto che i revisionisti moderni avevano preso la direzione del partito comunista. Con la loro iniziativa pratica, cioè, le BR hanno creato un centro della lotta del proletariato per il potere. Contribuirono inoltre ad acuire le contraddizioni nella classe nemica: in particolare l’attacco a Moro, con cui affossarono il compromesso storico.

La scoperta più importante fu quella di rompere con l’idea della rivoluzione che scoppia: nei fatti posero all’ordine del giorno che la rivoluzione si costruisce a cominciare da subito, a partire dalla costituzione di un partito che sia all’altezza della situazione.

L’esperienza delle BR si concluse e in ciò manifestò i suoi limiti. “Le Brigate Rosse avevano una concezione sbagliata della fase in cui era la società italiana (la rivoluzione alle porte), del rapporto BR-movimento delle masse (portare il movimento delle masse sul terreno della lotta armata) e della fase di lotta che si apriva dopo il successo della “propaganda armata” (costruzione del partito e non “guerra civile dispiegata”), scrive Pippo Assan. A causa della concezione del mondo non materialista dialettica, ma derivata dalla Scuola di Francoforte, spiega il (n)PCI nel suo Manifesto Programma1, le BR

  • quanto ai rapporti tra le masse popolari e la borghesia imperialista, scambiarono la fase culminante della lotta delle masse per strappare conquiste nell’ambito della società borghese con l’inizio della rivoluzione. Quanto ai rapporti tra gruppi e Stati imperialisti, scambiarono l’attenuazione delle contraddizioni connessa al periodo 1945-1975 di ripresa e sviluppo del capitalismo con la scomparsa definitiva dell’antagonismo. Ignorarono l’alternarsi delle crisi generali del capitalismo con periodi di ripresa dell’accumulazione del capitale: gli anni ‘70 erano giusto il periodo di passaggio dal periodo di ripresa e sviluppo seguito alla Seconda Guerra Mondiale alla nuova crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale. Ha inizio cioè quella crisi che nel 2008 è precipitata nella sua fase acuta e terminale e che tuttora sconvolge l’umanità e così sarà fino a quando la classe operaia, alla testa delle masse popolari, non imporrà un nuovo e superiore ordinamento sociale, fino a quando non instaureranno il socialismo;
  • non riuscirono ad appropriarsi consapevolmente del metodo della linea di massa onde restare all’avanguardia del movimento delle masse anche nella nuova fase prodotta dall’inizio, alla metà degli anni ‘70, della nuova crisi generale. Il movimento delle masse popolari assumeva la forma di lotte di difesa, di resistenza contro l’attacco alla borghesia. L’appoggio a questa resistenza, a queste lotte di difesa e la trasformazione di questa difesa in attacco doveva essere la linea da adottare;
  • non fecero un bilancio giusto del movimento comunista: combinarono illusioni nei revisionisti moderni, nei paesi socialisti e nei partiti comunisti da essi diretti, con l’abbandono dell’esperienza storica del movimento comunista a causa del successo che i revisionisti moderni erano riusciti a raggiungere in esso.

In conseguenza di questi errori, il legame delle BR con le masse smise di crescere e cominciò anzi ad affievolirsi, le Brigate Rosse si diedero ad imprecare contro l’arretratezza delle masse e annegarono nel militarismo” (non la linea politica, ma le armi e lo scontro militare come fattori decisivi dell’esito della lotta di classe). Si posero come sostituti delle masse popolari e subordinarono la politica all’attività militare.

Assan parla quindi delle linee di sviluppo, del salto che le BR avrebbero dovuto fare a fine anni ’80: “rafforzare la nostra capacità di analisi ed orientamento politico, rafforzare la nostra direzione nel movimento delle masse, creare nostri canali e strumenti per formare e reclutare nuove leve in vista del declinare del movimento delle masse”, cioè, in sintesi, “fare il “salto a partito”, anche a costo di distogliere dall’attività combattente quadri dirigenti e militanti sperimentati”.

L’esperienza delle BR negli anni ’70 ha lasciato una segno profondo nella lotta che oggi dobbiamo condurre per porre fine al catastrofico corso delle cose che la borghesia imperialista e il suo clero ci impongono.

Senza la concezione comunista del mondo è impossibile condurre con successo la rivoluzione socialista, quindi le BR sono state sconfitte e i grandi risultati della loro lotta si sono dispersi. Tutto questo l’opuscolo di Assan lo spiega in dettaglio. La Carovana del (nuovo)PCI ha imparato la lezione, ha dovuto imparare la lezione e ricominciare da capo. Capire il bilancio che Assan espone nell’opuscolo Cristoforo Colombo oggi è importante perché la cultura corrente porta la sconfitta delle BR come dimostrazione che è impossibile fare la rivoluzione e instaurare il socialismo. Gli stessi protagonisti della lotta che non hanno fatto un giusto bilancio della loro sconfitta dicono e credono che sono stati sconfitti dalla forza e ferocia della borghesia (la prigione, le torture, lo stato d’assedio, ecc.) con la complicità di membri del PCI indotti dai dirigenti a collaborare con la polizia e i carabinieri. La borghesia, il clero, la sinistra borghese avvalorano questo bilancio e aggiungono la denigrazione dei compagni. Questo bilancio è sbagliato: è utile alla borghesia perché esalta la sua forza ed è disfattista; ne deriva la conclusione che la lotta rivoluzionaria è impossibile, che la borghesia è troppo forte, che la clandestinità è impossibile, che la rivoluzione socialista o è qualcosa che scoppia o non c’è.

La situazione oggettiva è favorevole alla rinascita del movimento comunista. La rivoluzione socialista è necessaria, è l’unica via per porre fine al corso catastrofico delle cose. È una guerra che si conduce giorno dopo giorno costruendo il nuovo potere finché sfocerà nella sua vittoria, l’instaurazione del socialismo. Il (n)PCI la conduce giorno dopo giorno non solo arruolando nuovi membri nel partito e formandoli ad essere e ad agire da comunisti nella lotta di classe, ma anhe mobilitando gli elementi avanzati delle masse popolari, anzitutto i lavoratori avanzati delle aziende capitaliste, a organizzarsi, a mobilitare anche il resto delle masse popolari a far fronte alle autorità e ai capitalisti, a costruire già nellasocietà borghese quel nuovo potere che soppianterà il potere della borghesia imperialista.

Per il Centro di Formazione del P.CARC,

Ermanno Marini

1 Seguono citazioni dalle pp. 146-7 del Manifesto Programma del (nuovo)PCI.

 

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