Milano. Domenica 20 novembre, presso la Casa del Popolo di via Padova e durante la Festa di Riscossa Popolare, si è svolto il tavolo tematico: “Campagne e Città , scelte consapevoli e strategie comuni” .

Un incontro a cui hanno partecipato la Chindemi Azienda agricola di Montagna, alcuni partecipanti dei GAS tra cui una del GAS Martesana (Milano) ed uno di Brescia, un rappresentante degli orti urbani della Bicocca, un’operatrice del commercio equosolidale, alcuni autoproduttori, vari compagni e il P.CARC.

L’incontro nasceva dalla necessità di confronto per riuscire ad uscire dalla cosiddetta “nicchia” e dal desiderio di essere più incisivi nella trasformazione della società.

L’obiettivo della discussione non era quello di creare un’altra rete parallela alle tante già esistenti, ma di capire come si possa essere più incisivi in queste reti e portare quindi un contributo, una direzione, un orientamento per contribuire a dare  loro un peso maggiore sulla realtà del quotidiano e una prospettiva.

Il dibattito è stato molto partecipato e unanime è stata l’analisi che ci troviamo di fronte alla crisi irreversibile di questo sistema economico e che l’unico modo per uscirne è cambiare dal basso la struttura e la sovrastruttura della società. Sono state molto significative le riflessioni di chi veniva dal mondo del commercio equo e del consumo consapevole che hanno evidenziato come, seppur con buoni principi, rimangono comunque inseriti nell’ambito dell’economia mercantile e nel commercio, ambiti cioè in cui è impossibile recidere nettamente le relazioni con l’economia capitalista. E’ emersa anche la difficoltà dei GAS di organizzarsi, i GAS hanno bisogno di persone che possano dedicare tempo, ma alla fine non è mai solo una questione di tempo; non basta infatti organizzarsi per far funzionare il gruppo senza promuovere prese di posizione e schieramento verso il regime economico che comunque ci è imposto “sopra le nostre teste”  (vedi CETA e TTIP). Infine, interessanti e importanti gli spunti alla discussione portati dagli autoproduttori, sia artigianali che agricoli (orti urbani), in particolare perché hanno permesso di ragionare sulla relazione fra l’autoproduzione, il recupero e il riciclo (di spazi e oggetti), la lotta contro il degrado e le possibilità di promuovere organizzazione fra le masse popolari.

In termini politici, c’è stato un interessante confronto sul se e sul come il protezionismo possa essere una strada da percorrere per favorire produzioni locali (e nazionali), creazione di posti di lavoro  e una maggior qualità delle materie prime: la destra reazionaria impugna il protezionismo come soluzione, ma è una soluzione che alimenta solo la guerra fra poveri e la concorrenza fra stati, in definitiva, è uno strumento in mano alla classe dominante. Il “protezionismo” di cui le masse popolari hanno bisogno può esistere solo nel contesto di una svolta politica alla cui base c’è un governo di emergenza popolare: un piano nazionale per il lavoro (a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso), un piano nazionale per lo sviluppo di quegli interventi che i vertici della Repubblica Pontificia non compiono più (recupero del territorio, manutenzione, ripopolamento di campagne e montagne, bonifica delle zone con problemi idrogeologici, ecc.), combinati con  un piano energetico ecocompatibile e una politica estera di collaborazione reciproca con i paesi che hanno un ruolo positivo nella lotta contro la comunità internazionale. Questa discussione è stata la base materiale con cui tutto l’argomento è stato tolto dal campo delle prospettive di “nicchia” ed è stato inserito in quello della lotta di classe. Che poi, inevitabilmente, ha portato a discutere di rivoluzione socialista. Perché tutti i partecipanti (benché non tutti fossero comunisti o si definissero tali) hanno nei loro ragionamenti richiamato il concetto che “ci vuole una rivoluzione”, ma senza dire quale rivoluzione ci vuole, l’affermazione apre le porte all’idealismo e alla rassegnazione.

Dai GAS alla rivoluzione socialista, passando dalla certificazione popolare dei prodotti e dai ragionamenti su cosa significa valorizzare le reti del commercio equo e solidale per impugnare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti” fino al Governo di Blocco Popolare: insomma, una discussione ricca e partecipata dalla quale si è arrivati a definire alcune linee di sviluppo, per quanto generali. Tre le principali:

  • rivedersi, continuare a discutere, allargare la partecipazione, avendo chiaro che l’obiettivo non è fare “la nicchia delle nicchie”, ma raccogliere esperienze e sperimentare, mettere in collegamento e attuare, per quanto ne saremo capaci, le spinte positive che già esistono e sono diffuse;
  • raccogliere idee e “ispirazioni” anche da quello che viene fatto in altri paesi per elaborare proposte adeguate alle condizioni del nostro paese, zona per zona;
  • operare tenendo ben presente che se il nuovo vuole essere autorevole e riconosciuto fra le masse popolari, deve assumere un metodo e una concezione scientifica (ad esempio riguardo alle proposte di certificazione popolare dei prodotti occorre formazione e non ci si può improvvisare: valorizzare quindi le conoscenze che già esistono fra chi si è riunito e svilupparle ulteriormente).

MC

Aggiungiamo a margine che l’iniziativa promossa dal P.CARC è stata realizzata grazie al contributo decisivo della Chindemi Azienda agricola di Montagna che, oltre a esserne in un certo senso “ispiratrice”, ha collaborato per l’impostazione del tavolo. Questa precisazione per un motivo: l’argomento, i referenti, i temi particolari che sono stati trattati sono un filone di cui il nostro Partito non ha conoscenza approfondita, grazie ai compagni dell’Azienda Chindemi abbiamo potuto conoscerlo e ragionare sul suo legame con la lotta per costituire il Governo di Blocco Popolare.

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