L’ILVA di Taranto è il complesso industriale per la lavorazione dell’acciaio più grande d’Europa ed è responsabile dell’emissione di diossina nell’atmosfera pari all’8% di quelle che si registrano in Europa; considerandola nel suo complesso dà lavoro a più di 15.000 operai (e da mangiare a migliaia di famiglie). Con questi numeri è evidente quanto questo territorio viva in modo stridente la contraddizione fra la necessità di lavoro e l’impatto della produzione sulla salute e sull’ambiente, contraddizione che spinge gli operai e le masse popolari a organizzarsi per farla finita con l’inquinamento, le morti sul lavoro e i ricatti padronali.
Dall’1 al 7 marzo una squadra composta da cinque compagni della Campania, del Lazio e della Lombardia è intervenuta in Puglia nel quadro della seconda spedizione di propaganda e di organizzazione (vedi il Diario di bordo della prima su www.carc.it, Resistenza n. 1/2016) e ha sviluppato i contatti e le relazioni per conoscere meglio gli operai dell’ILVA, per entrare nel vivo delle contraddizioni che vivono e le forme con cui si organizzano, spingendo tutta la città a mobilitarsi.
Abbiamo conosciuto molti operai attivi nella denuncia dei crimini dei padroni dell’ILVA, impegnati quotidianamente nella ricerca della verità attraverso blog, pagine Facebook e che attraverso questo attivismo si organizzano con altri operai per sensibilizzare la cittadinanza e allargare il cerchio della solidarietà attorno alla battaglia per la riqualificazione della fabbrica e della zona. Fra di loro un operaio in particolare, l’autore del libro di denuncia Il Mostro, si divide fra i turni sull’altoforno e i viaggi in giro per l’Italia e l’Europa per presentare il suo libro, resistendo alle continue minacce e intimidazioni da parte dell’azienda. Lo fa perché “…dovrebbe essere normale, non la vedo come chissà che cosa, lo faccio perché tutti noi meritiamo più dei pugni in pieno volto che riceviamo ogni giorno, sempre. Meritiamo Taranto, il suo territorio, dovremmo poter respirare a pieni polmoni senza aver paura di ammalarci, insomma la normalità.”
Esistono anche le realtà organizzate come l’USB (che ha sede a Talsano, appena fuori Taranto), un formicaio brulicante di operai dell’ILVA e dell’indotto, di lavoratori, di attivisti e di cittadini comuni; in pratica è un centro che a ciclo continuo svolge un’attività febbrile fatta di vertenze, iniziative, informazione e sensibilizzazione dei lavoratori e dei cittadini di Taranto.
Abbiamo incontrato il coordinatore provinciale USB e operaio ILVA, Franco Rizzo, in vista di un’importante iniziativa di solidarietà al Venezuela bolivariano che si svolge a Taranto il 9 aprile. Abbiamo parlato di come l’esperienza del Venezuela ci mostra che attraverso la propria mobilitazione e organizzazione, la classe operaia è in grado di gestire e dirigere le aziende, di rappresentare un’autorità alternativa a quella dei padroni in fabbrica e delle autorità borghesi all’interno della società, fino a imporre un tipo di governo che sia espressione di questa “nuova” autorità e che sia alle sue dipendenze. Abbiamo detto a Rizzo che è giusto rivendicare la nazionalizzazione dell’ILVA, ma che per nazionalizzarla ci vuole un governo che lo faccia seriamente e non per trasformarla nell’ennesimo carrozzone della speculazione, del clientelismo e dei disastri ambientali. Il compagno ci ha parlato delle attività (sindacali e non) che svolgono come USB all’interno dello stabilimento, per esempio la raccolta di firme (oltre tremila) per promuovere la costituzione di una cassa di solidarietà per i familiari delle vittime di infortuni sul lavoro.
“Noi non siamo nelle stesse condizioni del Venezuela – dice – ma anche qui da noi abbiamo il dovere e l’esigenza di “ricostruire” la coscienza degli operai.. l’elemento che manca è quello storico: ci siamo dimenticati che tutto ciò che ancora oggi ci rimane (contratto di lavoro, ferie e malattie pagate ecc) è frutto di conquiste che i lavoratori sono riusciti ad ottenere in passato, come? Chiedendo al sindacato? No, partecipando attivamente, lottando e anche rinunciando al salario. Il lavoro che stiamo cercando di fare noi va nella direzione di ricostruire questa coscienza fra gli operai..chiaro che oggi non siamo in grado di dire che fra due anni saremo nella stessa situazione del Venezuela ma questa è la base di partenza per arrivarci. Quello che noi diciamo ai lavoratori è che non devono considerarsi come soggetti che “subiscono” le decisioni del Parlamento ma che devono essere parte integrante di quelle decisioni”.
L’USB di Taranto è un esempio positivo di un organismo sindacale che mette al centro della sua azione l’organizzazione dei lavoratori e la loro mobilitazione, che li valorizza formandoli alla lotta e alla coscienza di classe, che svolge una funzione di coordinamento fra operai e lavoratori di vari settori produttivi della città. Rispetto al problema ILVA hanno inquadrato la questione principale: non c’è piano di riqualificazione che tenga se non c’è un governo che si occupa di attuarlo!
È su questo piano che si gioca la battaglia cruciale che gli operai avanzati dell’ILVA, raccolti in USB in larga maggioranza, possono e devono combattere. Quale governo deve nazionalizzare l’ILVA?